Le Sale cinematografiche, almeno quelle sopravvissute all’invasione delle piattaforme a pagamento, hanno riaperto i battenti. La speranza è che restino aperte per un tempo sufficientemente lungo affinché in Italia sia possibile vedere un film che è stato presentato a Cannes il mese scorso e che, probabilmente e nonostante la compartecipazione nella produzione di Rai Cinema, occorrerà affrettarsi a comprarne il biglietto in quei rari cinema che lo metteranno in visione. Si tratta di “Onoda 10.000 notti nella giungla” che ripercorre una nota vicenda oggi, più che mai, politicamente scorretta; narra infatti di una storia di fedeltà al proprio Paese, ma forse in primis al proprio onore, che in questa società liquida stona decisamente.
La fedeltà, l’onore, il patriottismo sono infatti virtù solide, solidissime e per questo, alle anime infiacchite dal politicamente corretto, appaiono pericolose. Hiroo Onoda è il famoso soldato giapponese che continuò a combattere nelle Filippine dove era stato inviato con i corpi speciali per attuare la guerriglia contro le forze americane, ben oltre la resa del Giappone nell’agosto del 1945: circostanza di cui lui, insieme ai suoi tre compagni superstiti, rimasero all’oscuro. Tra il 1949 e il 1972, tra uccisi e prigionieri, Onoda resta solo; continua ad ascoltare gli altoparlanti che comunicano la resa del Giappone, ma li considera propaganda nemica per indurlo a esporsi per essere catturato. Combattendo da solo, Onoda infligge dure perdite alla polizia e alle forze armate filippine, oltre a inconsapevoli civili; per indurlo a desistere dal combattimento, il 20 febbraio 1974 il suo vecchio comandante, il maggiore Taniguchi viene trovato, ormai molto anziano, dalle autorità filippine e convinto a recarsi di persona nella giungla per comunicare a Onoda la realtà della resa.
Onoda consegna infine la spada, che gli verrà riconsegnata dal presidente filippino Marcos in persona, ammirato da tanta forza e da tanto coraggio. Tornato in Giappone viene accolto come un eroe dalla popolazione, ma non riconosce più in quella terra la Patria che aveva lasciato nel 1944 e decide di emigrare in Brasile. Tornato nel 1984, fonda una scuola di educazione al patriottismo, al coraggio e alla tenacia: le virtù giapponesi e di tutte le civiltà ancora vive. Negli anni Novanta, insieme alla moglie dona il denaro necessario a costruire una scuola nelle Filippine, dove aveva combattuto e certo ucciso, ma sempre come soldato. Onoda è morto a 92 anni nel 2014. La speranza, sempre più tenue, è che le virtù di cui è stato campione non siano morte con lui.