La Costituzione più bella del mondo

 

La Costituzione più bella del mondo

Tra pochi giorni saremo tutti chiamati alle urne per una scelta referendaria. Sul referendum si è detto e scritto già troppo, il motivo del contendere, apparentemente verte sulla riduzione dei parlamentari, scelta che in caso di vittoria del si, ci farebbe risparmiare la stratosferica cifra di 80 centesimi di euro all’anno pro capite. I fautori del si, pur se con vari cambi di casacca, sono gli stessi che nel 2012 tramite i vertici Rai, staccarono un assegno da 1,8 milioni di euro a Roberto Benigni per leggere la Costituzione più bella del mondo”, e che 4 anni dopo tentarono di metterla in soffitta con un referendum costituzionale. La consultazione popolare vide un’affluenza alle urne di oltre il 65% degli elettori, e una netta preponderanza dei pareri contrari alla riforma. La proposta era stata approvata dal parlamento con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti di ciascuna camera: di conseguenza, come prescritto dall’articolo 138 della Costituzione, il provvedimento non era stato direttamente promulgato proprio per dare la possibilità di richiedere un referendum confermativo. Adesso ci riprovano, ed oggi come allora siamo in prima fila per la difesa della costituzione. Personalmente ho ricevuto alcune critiche su questa scelta, in quanto il mio (nostro) percorso storico politico, male si sposerebbe con la difesa di una costituzione nata in occupazione straniera, e fondata sui valori della resistenza. Critiche più che fondate, non sono fra i fan di questa costituzione, ma gli riconosco il merito di aver saputo preservare un forte senso di Nazione, di Sociale e di spirituale, tutti temi in antitesi con i fini ultimi del nuovo ordine mondiale.. Ma cosa pensavano i padri costituenti? a seguire alcuni estratti direttamente dalle parole di chi ha contribuito alla scrittura della costituzione del 1948.

 “(..) L’antifascismo ha avuto una nobilissima missione finché c’era il fascismo, (..) Ma se l’antifascismo volesse continuare a sopravvivere al fascismo, diventerebbe semplicemente un fascismo alla rovescia.(..) Quindi la Costituzione dovrà essere non antifascista (..) dovrà essere afascista.(..) E solo afascista può essere lo Stato democratico perché la democrazia (..) non ammette aggettivazioni. La democrazia è una, la democrazia è un piano sul quale ciascuno di noi combatte la propria battaglia e nel quale ciascuno di noi trova le sue garanzie. La democrazia non può essere né nostra, né vostra, né loro; la democrazia è di tutti, come la libertà, che, se non è di tutti, non è di nessuno. (…) “ Roberto Lucifero d’Aprigliano (4 Marzo 1947)

(..) La Costituzione nasce in un momento di agitazioni e di emozione. Quando vi sono scontri di interessi e di intuizioni, nei momenti duri e tragici, nascono le Costituzioni, e portano di questa lotta dalla quale emergono il segno caratteristico. Non possiamo, ripeto, se non vogliamo fare della Costituzione uno strumento inefficiente, prescindere da questa comune, costante rivendicazione di libertà e di giustizia. Aldo Moro (13 marzo 1947).

Intuirete che l’antifascismo costituzionale è semplicemente un “anti-totalitarismo”, lampante la definizione di Togliatti: “che non possa più essere distrutto l’ordinamento giuridico e costituzionale democratico, di cui gettiamo qui le fondamenta“. Intenzione più o meno esplicita di chi oggi, per esempio, chiede “più europa” o si prostra agli U.S.A. come salvatori.

Leggendo Calamandrei appare chiaro che il “partito fascista” bisognava bandirlo per l’interpretazione del “contenuto”, infatti l’articolo 18 della Costituzione recita:

«I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.»

Il divieto di riorganizzazione sta nelle disposizioni transitorie, perché i costituenti sapevano che il nome “fascismo” era transitorio! Non è la costituzione più bella del mondo, ma è stata scritta da uomini culturalmente provenienti dalle fila dei G.U.F. o dalla dottrina Sociale della chiesa, e se dovrà essere cambiata, (e lo dovrà) non dovranno certo farlo Foffo DJ, il fratello di Montalbano, o il bibitaro del San Paolo. La costituzione più bella del mondo non è stata quella nata dall’ 8 settembre, o almeno non di quell’8 settembre. Cento anni fa, a Fiume fu promulgata la Carta del Carnaro, non fu scritta da insigni costituzionalisti, fu scritta da un grande sindacalista, Alceste de Ambris e rivista da un grande poeta, Gabriele d’Annunzio. Fu animata dal confluire di tre grandi energie, l’amore per la patria, lo spirito poetico e lo slancio sindacalista/rivoluzionario. All’articolo 2 della parte generale, sono condensate tutte le parole chiave: democrazia diretta, sociale, organica, lavoro produttivo e “sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, razza, lingua, classe o religione”. È d’Annunzio a parlare nella sua stesura di “perpetua volontà popolare”, fu lui ad indicare nella bellezza della vita, del lavoro e della virtus, “le credenze religiose collocate sopra tutte le altre”, che avrebbero guidato uno Stato Sociale. Nella Carta erano garantite tutte le libertà dei cittadini, il voto universale, la parità dei diritti tra uomo e donna, la funzione sociale della proprietà privata, ed era disegnato l’assetto delle Corporazioni. Punti fermi erano l’autodecisione dei popoli, la possibilità di indire referendum, la tutela dei sacri confini nazionali e della civiltà italiana, l’istruzione e l’educazione del popolo come il più alto dei doveri della repubblica, la musica riconosciuta nella Costituzione “come un’istituzione religiosa e sociale”. Oggi diremmo che sovranismo, amor patrio e populismo furono i cardini ideali della Carta del Carnaro, fusione tra poesia, trincee e sindacalismo. Quando saremo in grado di riproporre una costituzione del genere voterò si, per ora meglio la costituzione “Afascista” del 1948, ai pastrocchi liberisti di Conte &.C.

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