La forma dell’anarca nella visione di Ernst Jünger [2]

 

La forma dell’anarca nella visione di Ernst Jünger [2]

Il Ribelle, nella lettura jüngeriana, antagonista della società contemporanea, repressiva e politicamente corretta, finisce per essere funzionale al sistema che può vantare un’opposizione che resta tuttavia del tutto impotente. Allo stesso modo, anche l’anarchico finisce per essere facilmente contrassegnato ed emarginato; d’altronde, mentre l’Anarca può vivere in solitudine, l’anarchico è un tipo sociale che ha bisogno dei suoi simili, sia perché li ritiene, come Rousseau, naturalmente buoni, sia perché ne ha bisogno al fine di costituire un gruppo di contestazione del potere costituito.

Proprio per questo, però, proprio per questa loro visibilità sono segnati nei registri e prima che  giungano ad essere davvero eversivi e pericolosi  vengono arrestati oppure gli si guida il colpo che vogliono portare; perché, scrive Jünger, non vi è mezzo più efficace contro un’opposizione di un attentato che possa esserle ascritto. Inoltre, in quanto antagonista, l’anarchico è subordinato al potere perché è caratterizzato dalla contrapposizione, dall’essere anarchico in virtù della sua volontà di annientare il potere.

«Opposizione è collaborazione» e per questo l’anarchico nuoce meno all’ordine di quanto non lo confermi. L’anarchico Dalin, nel romanzo dello scrittore tedesco, non può non fallire e la sua morte è inutile quanto beffarda e persino in qualche modo ridicola. L’Anarca, invece, conosce le regole del gioco e vi si inserisce , il che comporta il minor numero di complicazioni. Così, scrive Jünger, «il parallelo positivo dell’anarchista è l’anarca», il quale, infatti, non si contrappone al monarca, al potere, ma ne costituisce il pendant; anche l’Anarca è sovrano, ma di quell’unico suddito che davvero gli interessi: se stesso.

“Rendi felice te stesso” è il suo principio cardine; per questo può anche servire il potere, ma come uno spettatore che si gode lo spettacolo e si compiace del compito portato a termine per se stesso e non in vista di un fine. Non a caso, sostiene l’Anarca, quanto più la partecipazione al mondo si riduce, tanto più è possibile comprenderlo con maggiore nitidezza. Addirittura l’Anarca ha bisogno dell’autorità – sebbene non creda in essa, né quando si manifesta come tirannide, né quando si traveste da sistema democratico – poiché entrambe le forme poggiano sull’uguaglianza cui recano in sacrificio la libertà.

L’Anarca è piuttosto vicino all’Unico di Stirner, più volte infatti citato e discusso nel romanzo, mentre è abissalmente lontano dall’individualismo borghese, indifferente anch’esso al mondo, ma solo per egoismo e meschino tornaconto. Ma l’Anarca non è nemmeno il superuomo, il quale partecipa alle gare competitive di tipo sociale, mentre l’Anarca si accontenta dello spettacolo: «Il potere può capitare nelle mani dell’anarca per circostanze esteriori, ma sarà per lui un fastidio».

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