La forma dell’anarca nella visione di Ernst Jünger [4]

 

La forma dell’anarca nella visione di Ernst Jünger [4]

Nonostante la concezione della divinità dell’Anarca – non Persona ma Uno ineffabile – avvicini lo scrittore tedesco alle fonti della Tradizione, ci sembra che egli non riesca a soddisfare il desiderio di trascendenza dell’Anarca se non con la morte. Eumeswil termina infatti con una caccia che in realtà nasconde una spedizione di guerra alla quale il protagonista può scegliere se partecipare o meno. Venator sceglie di partecipare, un po’, celiando, per onorare il nome che porta, ma soprattutto perché è riuscito, la notte prima della partenza, a raggiungere ciò che aveva sempre sognato: «il completo distacco dall’esistenza fisica. Mi scorgevo allo specchio come aspirante alla conoscenza sovrasensibile – me stesso, in confronto, come suo fugace riflesso». Da questa spedizione non torna nessuno.

Così Jünger conclude il suo percorso nella stessa direzione che pure aveva inteso evitare: quella che porta verso il nulla. Nel concentrare in sé stesso il mondo, inevitabilmente l’Anarca riduce a nulla il mondo e perciò anche sé stesso. Se si sogna, come l’Anarca, una libertà totale da ogni vincolo, da ogni dimensione etica, da ogni principio e valore, il risveglio non può essere che svanimento; proprio quello svanimento che lo scrittore aveva denunciato come risultato del nichilismo trionfante in Oltre la linea. Cosicché la forma dell’Anarca, che pure nel rifiuto di una vita borghese spesa unicamente nella ricerca dell’utile, sentiamo vicina, subito si allontana per non aver saputo rintracciare l’eterno che effettivamente si dà, incarnandosi nel divenire storico in forme sempre diverse.

L’Anarca di Jünger, se ha compreso il fallimento del mondo moderno e vuole difendersene, ne fa tuttavia ancora parte perché lo ritiene inevitabile e di conseguenza considera vana ogni forma di contrasto. Vivere come se si stesse recitando a teatro è proprio l’opposto di ciò che la Tradizione raccomanda, invitandoci a essere costantemente vigili e padroni di ogni nostro atto, pensiero e sentimento. La libertà dell’Anarca, alla fine, è quella dell’indifferenza; come dice lo scrittore tedesco: non prendere sul serio il mondo è il tratto saliente dell’Anarca. Non questo mondo per conformarlo al nostro ideale, ma ogni dimensione possibile del reale per essere interiormente liberi. Una libertà, come si vede, essenzialmente da e non per qualcosa che invece, come ha insegnato Nietzsche, è l’unica libertà che conti. Una libertà, però, che ha il pregio di essere libertà dal potere e dalla tecnica che, come Jünger ben sa, hanno lo stesso volto. 

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