1º ottobre 1950, nasce a Milano Marco Tullio Giordana, regista, sceneggiatore e scrittore italiano fuori dagli schemi, che seppur proveniente da quell’ “intellighenzia” sinistra che ha dominato il mondo della cultura italiana sin dalla fine della seconda guerra mondiale, nelle sue opere dimostrerà un inusitato coraggio ad affrontare temi controversi, e a portare sullo schermo, autori altrettanto controversi, rappresentando forse più di tutti gli altri registi contemporanei, un reale spaccato della vita, dell’arte e soprattutto della politica del nostro Paese. Capacità di analisi dovuta presumibilmente dalla sua formazione accademica. (facoltà di lettere, indirizzo antropologico). Trasferitosi da Milano a Roma per motivi di studio, già da studente universitario collabora alla realizzazione del film di montaggio di Roberto Faenza “Forza Italia” , un film documentario del 1977 sulla situazione politica dell’Italia nel dopoguerra realizzato utilizzando spezzoni di documentari dell’istituto luce ed altri filmati relativi alla storia italiana dal 1945 fino alla metà degli anni settanta. Il titolo coincide (fortuitamente ?) con il nome dell’omonimo partito politico fondato da Silvio Berlusconi diciassette anni dopo. Nel 2011 Faenza sarà autore del docufilm Silvio Forever.
Giordana dirigerà nella sua carriera una ventina di progetti, fra corti, film e serie tv, fra cui:
La caduta degli angeli ribelli del (1981) nel quale tratta, le conseguenze provocate dal terrorismo politico nella vita pubblica e privata della sua generazione, fotografando la profonda crisi d’identità determinata dall’impossibilità delle grandi ideologie di rapportarsi con la quotidianità. (Il titolo prende il nome dall’omonimo dipinto di Pieter Bruegel.)
Nel 1984, adatta per la televisione il romanzo di Carlo Castellaneta “Notti e nebbie”, incentrate sulla figura di un poliziotto fascista che si trova a vivere a Milano durante il crollo della Repubblica Sociale.
Nel 1995 affronta un capitolo oscuro della storia italiana con “Pasolini, un delitto italiano” dedicato alla figura che forse più lo ha influenzato e che riaffiorerà anche nelle opere successive.
Nel 2000 è la volta di “I cento passi”, film sulla vita e l’assassinio da parte della mafia di Peppino Impastato, dove non ha paura di denunciare le relazioni fra stato e mafia.
Nel 2012 realizza il film “Romanzo di una strage”, dedicato alla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
Nel 2021, realizzerà per Netflix il film “Yara” sul tragico caso della tredicenne assassinata nel 2010, uno dei maggiori successi ottenuti da un film italiano sulla piattaforma.
Ma i film più coraggiosi e significativi sono stati “Sanguepazzo” del 2008 (sull’ assassinio da parte partigiana, su ordine del futuro presidente “più amato dagli italiani” Sandro Pertini, dei divi del cinema degli anni trenta Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, assassinati dopo brutali sevizie, il 30 aprile del 1945, dopo esser stati depredati di gioielli e denaro che portavano con loro.)
E La meglio gioventù, del 2003 il racconto, di 37 anni di storia italiana, dal 1966 fino al 2003, che parte da una Firenze colpita dalla tragica alluvione del 4 novembre 1966, che riguardò non solo il centro storico di Firenze, ma l’intero bacino idrografico dell’Arno. Furono sommersi dalle acque quartieri come Brozzi, e Peretola, svariati centri del Casentino, del Valdarno e del Mugello, dove straripò anche il fiume Sieve, nonché alcuni comuni limitrofi, come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, e Signa, dove strariparono pure i fiumi Bisenzio, ed Ombrone. Ufficialmente l’alluvione causerà 47 vittime. Un immenso patrimonio artistico e culturale finì sommerso dal fango, ma nella città d’arte per antonomasia giunsero migliaia di giovani e giovanissimi da ogni parte d’Italia (e non solo), per aiutare la città a rialzarsi. “La Meglio Gioventù”, appunto, quella raccontata da Giordana, con la sua opera ispirata all’ omonima raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini. Il 10 novembre 1966, il giornalista fiorentino Giovanni Grazzini in un articolo sul Corriere della Sera diede un nome a questi giovani, ‘Angeli del fango’, locuzione in uso ancora oggi per identificare quei ragazzi, che volontariamente si mettono a disposizione gratuitamente per aiutare dopo catastrofi naturali, A Firenze gli “Angeli”, si misero all’opera per aiutare la popolazione colpita e per recuperare, salvandole dal fango, dipinti, statue e i libri che altrimenti sarebbero andati perduti. Fra quei ragazzi, giovani che successivamente hanno acquisito notorietà come personaggi pubblici, artisti, giornalisti, scrittori, sportivi, poeti e politici. Tra questi: Joan Baez, Francesco De Gregori, Miguel Otero Silva, Joschka Fischer, Giuliano Pisapia, Antonello Venditti, Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e molti altri. Inizialmente i volontari trovarono riparo su alcuni treni messi a disposizione delle ferrovie dello stato, quindi in strutture di accoglienza provvisorie organizzate da varie istituzioni, come gli “Scout” fiorentini coordinati da Marco Cellai. Anche molte famiglie della città accolsero i giovani nella cosiddetta ‘prima ondata’, quella che si concluse la notte di capodanno con una fiaccolata che dalla Basilica di San Miniato arrivò in Piazza Santa Croce. In quella tragedia, giovani di ogni estrazione sociale, e di ogni fede politica si ritrovarono per la prima volta dal dopoguerra a condividere lavoro, pasti, camerate, animati dalla volontà di salvare oltre a vite umane la millenaria cultura del ns. Paese.
Gli Angeli del fango sono tornati dopo l’ alluvione di Genova del 1970, e in altri eventi tipicamente alluvionali almeno sino al 1992, anno in cui con la legge n. 225 nasce il servizio nazionale della Protezione Civile, a cui spetta il compito di organizzare corpi dello Stato e delle regioni in modo professionale, e dove gli interventi di persone non organizzate e addestrate preventivamente sono scoraggiati, se non vietati. In questi giorni purtroppo una calamità simile per gravità all’alluvione di Firenze s’è ripetuta in Emilia Romagna, dove sono esondati 22 fiumi, causando allagamenti gravissimi in 37 Comuni, e dove intere città sono completamente escluse dalla viabilità a causa di frane e smottamenti. Ad Oggi le vittime certificate ammontano a 14, con oltre 15 mila evacuati. I danni più ingenti ci sono stati in province di Ravenna e Bologna. Ma il cuore dell’emergenza è stata Faenza, la città famosa in tutto il mondo per la produzione ceramica, che è stata travolta dall’esondazione contemporanea dei fiumi Lamone e Marzeno.
Per affrontare le prime necessità la protezione civile a messo a disposizione oltre 3.000 uomini, tra Vigili del fuoco, forze dell’ordine, Croce Rossa e personale tecnico delle infrastrutture viarie, ferroviarie, gas, elettricità e telefonia, oltre a un migliaio di volontari. Miracolosamente migliaia di giovani e giovanissimi (dai 13 anni in su) si sono riversati come fecero i loro genitori a firenze, nelle zone alluvionate ad aitare le popolazioni. Sono i nuovi “angeli”, che oltre ad un aiuto materiale sono portatori di sorrisi. Una parte della tanto bistrattata gioventù ha abbandonato la dimensione “Social” per calarsi nel sociale. Immersi nel fango, stanchi, ma sorridenti si cono sentiti “comunità”, e frà le sirene, ed il rumore delle idrovore si sentono questi ragazzi cantare la canzone che diverrà il simbolo di questa tragedia, quella “Romagna mia” scritta nel 1954 da Secondo Casadei, niente Trap, niente “Ultima Generazione” ad imbrattare monumenti. Questi ragazzi stanno dimostrando a noi “Boomer”, che le nuove generazioni, non sono poi così imbelli come pensiamo.
Due anni dopo l’alluvione di Firenze, molti di quegli “Angeli”, furono considerati “Demoni” dalla società borghese perché in prima fila nella rivolta giovanile del 68, schierandosi a sinistra ma anche a Destra. Marco Cellai, uno dei coordinatori della prima ondata degli arrivi a Firenze, nel 1970 diverrà Consigliere comunale del Movimento Sociale Italiano, divenendo deputato per il MSI-DN dalla XI° legislatura (1992-1994). Resta la speranza che da questi ragazzi, ricoperti di fango possa nascere un nuovo movimento giovanile interessato alla politica, e non mi riferisco alle battaglie dettate dall’agenda internazionale, (immigrazione, diritti lgbt, transizione ecologica, e minchiate varie), ma una politica con la P maiuscola, fatta di appartenenza, di “Blut und Boden”, «sangue e suolo», perché inutile negarlo le rivoluzioni le hanno sempre fatte i giovani, e il principale motivo del fallimento del cosiddetto fronte del dissenso, creatosi sulla scia delle limitazioni delle libertà, dovute alle norme anticovid, è stata la mancanza all’interno delle varie anime movimentiste di giovani e giovanissimi.
A noi spetta il dovere di essere supporto. A Valle Giulia, furono i “Vecchi” ad impedire il nascere di un vero movimento antagonista giovanile al di là della destra e della sinistra, adesso che i vecchi siamo noi, diciamo a “La Meglio Gioventu”, che è l’ora do smettere di cantare “Bella Ciao” o “Faccetta Nera”, riscopriamo le canzoni regionali, “Romagna Mia”, “La porti un bacione a Firenze”, “O mia bela Madunina”, “Maruzzella”, “Trieste mia” etc….o ancor meglio l’inno di Mameli. Forse e dico forse, c’è ancora speranza…
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