Giovedì 9 maggio abbiamo presentato a Roma il libro scritto da Adriano Tilgher sulla sua storia dal 1968 al 1975; si tratta della storia di Avanguardia Nazionale, un gruppo il cui nome è noto ai più ma la cui vera storia non conosce quasi nessuno.
Precisazione necessaria, Adriano Tilgher non è uno storico ma un politico, e quindi questo libro non vuole solo ristabilire alcune verità ma vuole soprattutto indicare una strada per il domani. Infatti, non solo Avanguardia ha anticipato in quegli anni tematiche politiche che oggi risultano vincenti, ma ha costruito un esempio di comunità che dovrebbe diventare riferimento per le future generazioni.
I temi politici dell’epoca sono i temi politici dell’oggi: Avanguardia Nazionale ha tentato, e per un breve periodo è pure riuscita a realizzarla, un’unità generazionale contro il sistema di potere partitocratico dell’epoca; ha realizzato un’autentica unità di popolo, anche se in una sola città d’Italia (Reggio Calabria), contro le logiche spartitorie, prevaricatrici e liberticide proprie del sistema di potere imposto dalle potenze straniere dopo la sconfitta del 1945; ha denunciato la deriva lassista, tesa alla dissoluzione di qualsiasi valore etico e sociale, e ha tentato con tutte le forze di porvi un freno; ha tentato di instillare in tutti un profondo senso della comunità, per bloccare tutte le istanze tese alla dissoluzione della nostra identità e del nostro patrimonio storico e culturale, realizzando degli esempi visibili nel nostro mondo.
Infatti oggi la tematica del superamento della distinzione destra e sinistra è stata caratterizzante per i due partiti al governo; altro tema vincente è stato difendere gli interessi popolari contro gli interessi dei poteri forti e delle congreghe partitiche; è davanti agli occhi di tutti l’infimo livello cui sono giunti i valori umani, sia etici che sociali e ancora di più la perdita pressoché totale del senso di appartenenza e dello spirito comunitario.
L’inversione dei valori e la loro mistificazione sono all’ordine del giorno. Basti pensare come tutti si riempiano la bocca della parola “solidarietà” salvo poi utilizzarla per i loro fini molto spesso non chiari. Ci chiedono soldi per tutte operazioni che dovrebbero essere nobili, ma non sappiamo mai dove questi soldi vadano a finire oltre che in auto lussuose, telefonini, uffici e segretarie oppure, ci prelevano forzatamente, tramite quello che molto impropriamente chiamano stato, ingenti somme per la cosiddetta “accoglienza” e poi non siamo neanche disposti a scambiare il saluto, figuriamoci a dare aiuto, con il vicino di casa.
L’eliminazione per via giuridica delle organizzazioni di ispirazione nazionale ha accelerato il processo di dissoluzione dell’Italia, sia perché la mancanza di riferimenti organizzativi ha favorito lo sviluppo della lotta armata, che ha bruciato un’intera generazione di uomini capaci, sia perché si è reso giuridicamente difficile realizzare modelli di società alternativi al modello liberista imperante.
È stata una sconfitta? Sì. Viene scritto nel libro a pag.230 “Abbiamo perso una battaglia dura… e se oggi l’Italia è in questa fase di drammatica dissoluzione è anche frutto di quella sconfitta. Noi ci abbiamo provato in tutti i modi e ne abbiamo ottenuto criminalizzazione da parte del sistema, non comprensione da parte dei nostri concittadini ed emarginazione da parte di chi, a parole, si diceva dalla nostra stessa parte. Tutto questo ci ha resi ancora più forti e sempre più consapevoli della nostra solitudine, ma anche della nostra ricchezza interiore.”