La promozione di cittadinanza

    

La promozione di cittadinanza

In tempo di guerra sono certo necessari provvedimenti di urgenza, oltre che una classe politica degna di questo nome e quindi attenta alle necessità collettive della nazione. I primi vengono prodotti con frequenza alluvionale, mentre sulla seconda è meglio tacere per carità di patria. Un esempio di inadeguatezza proviene dal mondo della scuola dove, a parte il tentativo di spacciare la didattica a distanza come un omologo della lezione in classe, a cui assomiglia come una bambola gonfiabile a Belen Rodriguez, si è assistito all’improvvida dichiarazione di promozione generalizzata ed estesa a tutti gli studenti, tranne a quelli dell’ultimo anno che non possono evitare l’esame conclusivo del ciclo di studi che sarà, presumibilmente, ridotto a una farsa, si spera breve.

Il movimento populista per antonomasia, dopo aver prodotto il reddito di cittadinanza, ha partorito la promozione di cittadinanza. Non che si volesse far pagare la crisi anche agli studenti, e infatti verosimilmente la promozione sarebbe stata assicurata anche senza decreto; ma ci si interroga sulla necessità di assicurarla con così largo anticipo quando chiunque conosca la scuola, e un po’ il genere umano, sa che senza un obiettivo è difficile per molti, per quasi tutti, mantenere egualmente alta la concentrazione nello studio. Soprattutto non si comprende perché non si sia almeno aspettato di varcare la linea del 18 maggio, anche se è un segreto di Pulcinella che la scuola non riprenderà: e non si comprende perché non si siano sospese le valutazioni fino a settembre, potendo dedicare quel mese a verifiche e scrutini, lasciando iniziare l’anno scolastico 2020-2021 il primo ottobre, come avveniva fino a qualche tempo fa.

Era evidente che doveva trionfare la linea populista, anche perché, non va dimenticato, gli studenti già in larga parte votano e comunque a breve voteranno. Sarebbe però ingeneroso attribuire al populismo del partito ancora maggioranza in Parlamento, un atteggiamento superficiale e distruttivo in merito alla scuola. La storia è infatti lunga e merita di essere raccontata, anche per non dimenticare che istruzione e sanità sono i due pilastri di una vita civile e un governo che avesse a cuore le esigenze della propria comunità combatterebbe in Europa, non per ottenere un misero sforamento del deficit, ma perché le spese che riguardano quei due settori siano tolte dal calcolo del debito. Raccontare questa storia è quanto ci proponiamo di fare a partire dal prossimo numero.

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