La rivoluzione conservatrice di Adriano Romualdi [3]

     

La rivoluzione conservatrice di Adriano Romualdi [3]

Adriano Romualdi, scrittore politico e storico militante, guarda alla Rivoluzione Conservatrice alla luce degli elementi di modernità che, per lui, possono risultare spendibili nella crisi valoriale del mondo contemporaneo. Questi elementi di modernità sono individuati nella reazione all’incomprensione delle forze spirituali agenti nella storia, tipica delle società democratiche e marxiste: forze organizzate nelle categorie della religione e della guerra, rifiutate in quanto non corrispondenti alla dimensione unica e appiattente dell’ultimo uomo di nietzscheana memoria.

La crisi attuale della gioventù – irreversibile all’interno di questo modello sociale – è figlia di questa incomprensione, rafforzata da “ideali” sociali che tendono a eliminare le difficoltà che i giovani possono, e anzi devono incontrare nella vita. Così, la scuola deve diventare sempre più facile e tutte le riforme, esame finale di Stato compreso, sono tutte pensate in modo da non offrire più quel necessario ostacolo che occorre imparare a superare; il servizio militare viene sospeso in nome di una concezione della vita individualistica in cui, evidentemente, non può entrare alcun elemento comunitario. Abel Bonnard ha scritto che il rivoluzionario è un uomo che resta fedele alle leggi della vita in una società che volge loro le spalle; prova evidente della necessità di una Rivoluzione Conservatrice in un mondo che non si limita a dare le spalle alle leggi della vita, ma addirittura sistematicamente le perverte.

Per Romualdi, non poteva essere che la Germania la patria d’elezione di un fenomeno di tal genere, per il suo equilibrio unico: una monarchia forte e un’aristocrazia dominante pur in un sistema rappresentativo in cui la socialdemocrazia era il primo partito; per il grande e ordinato sviluppo dell’economia. Dopo la Grande guerra la Germania si troverà a scegliere tra due modelli alternativi: quello democratico-illuministico-progressista e quello romantico-nazionale-conservatore. La preferenza della seconda strada, quasi inevitabile nella patria del Romanticismo, che darà alla Germania coscienza della sua unità e particolarità, è quella che Vermeil ha definito revolution allemande e Mohler Konservative Revolution.

Persisteva tuttavia un angolo di antiGermania, rappresentato da quello che Thomas Mann nelle Considerazioni di un impolitico del 1918 chiamava il Zivilisationliterat, ovvero l’intellettuale democratico, liberale, razionale, che si augurava la sconfitta e l’umiliazione tedesca per sconfiggerne e umiliarne lo spirito. Un tipo che vediamo attuale anche nelle nostre società, ancora minoranza benché rumorosa, rappresentato da quanti alimentano il proprio cupio dissolvi auspicando una società liquida, in cui il principio di identità e non contraddizione venga dimenticato come retaggio antico. Dimenticando o fingendo di dimenticare, a loro volta, che da quel retaggio è nata la civiltà da cui essi per primi traggono beneficio.

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