La rivoluzione conservatrice di Adriano Romualdi [7]

    

La rivoluzione conservatrice di Adriano Romualdi [7]

Tra i neo-conservatori tedeschi spicca Oswald Spengler con il suo Tramonto dell’Occidente e con Prussianesimo e Socialismo nel quale coniò la celebre formula del “socialismo prussiano”. Il suo volume più celebre venne edito nel 1918, con la guerra mondiale ancora in corso, e nonostante la mole e la difficoltà del testo – oltre alle ovvie conseguenze che una disfatta ormai imminente doveva provocare negli animi e nei portafogli tedeschi – vendette subito 100.000 copie.

In Tramonto dell’Occidente, Spengler rifiuta la declinazione della storia come progresso; ogni civiltà, infatti, conosce crescita e decadenza della sua Gestalt in ciclo chiuso i cui estremi sono la Kultur e la Zivilisation. Qualità, arte, religione, strutture sociali esauriscono le loro capacità creative e subentrano quantità, tecnica, città, masse amorfe, capitalismo, partitocrazia; finché subentrano “figure cesaree” che instaurano dittature. Per Spengler si era vicini all’inizio della Grande Politica di cui parlava Nietzsche, cioè la politica che crea la storia, la lotta per il dominio della terra, l’epoca dei capi e delle loro legioni. Come scrive: «Non riusciremo più, noi tedeschi, a produrre un Goethe, ma un Cesare sì»; questo perché i tedeschi, o meglio i prussiani, sono ancora un popolo giovane e con la guerra destinato a realizzare un protettorato su tutta l’Europa fino agli Urali. Lo pensava ancora nel maggio 1918, scrivendo a un amico questo stesso concetto. La repubblica di Weimar non può che disgustarlo, ma pensa che si tratti di una transizione verso il “socialismo prussiano”, ovvero l’alleanza tra la parte sana della classe operaia con il corpo degli ufficiali e impiegati prussiani nel segno del carattere tedesco: la disciplina e il servizio allo Stato. Allora sarà possibile la lotta tra tedeschi e inglesi, l’unico altro popolo rimasto saldo, per decidere del destino del mondo: imperialismo contro liberalismo colonialista; solidarismo e comunitarismo contro individualismo.

Il marxismo è per lui sono un concorrente interno del capitalismo non un suo nemico; anzi, marxismo e capitalismo sono accomunati dalla stessa mentalità materialistica e utilitaristica solo in un caso organizzata in classi e l’altra concepita in senso individuale. Solo il prussianesimo è antiborghese perché antindividualista, perché subordina al tutto il singolo attraverso l’ethos del servizio e della disciplina. La Germania gli sembrava, però, ancora impreparata alla lotta, con una scuola meschina e superficiale, senza colonie dove i giovani potessero mettersi alla prova, con una cultura di stampo romantico che impediva di vedere la realtà. Il nazionalsocialismo gli sembrava proprio tutto questo, con i suoi riti, le sue bandiere e la sua religione pagana di massa.

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