La scuola: un male italiano, un male europeo

    

La scuola: un male italiano, un male europeo

In Occidente, ma anche nei paesi asiatici specie quelli in rampante espansione, il ruolo e la considerazione sociale dell’educazione e dell’istruzione sono posti su livelli ben più alti di quelli che occorre lamentare in Italia. Tralasciando la scuola cinese e quella giapponese, in cui il livello di selettività è altissimo e non certo estraneo al grado di sviluppo di quei Paesi, in Europa, in genere, l’istituzione scolastica è pressoché ovunque un momento costitutivo della vita comunitaria, come è possibile osservare dalla sua centralità nel dibattito politico, dagli investimenti in rapporto al PIL, dallo stipendio dei docenti e dalla stessa funzionalità delle strutture.

Non è infatti peregrino il rapporto tra architettura scolastica e considerazione dell’istruzione. Quando in Italia il momento educativo era considerato altamente funzionale alla formazione dell’italiano “nuovo”, gli edifici erano imponenti, con grandi corridoi e aule ampie. Il tutto sarà stato magari retorico e in certi casi persino capace di mettere in soggezione il bambino, ma era orientato a far capire fin da subito che l’ingresso a scuola era l’analogo laico dell’ingresso in un tempio religioso che più è vasto e ricco più testimonia dell’intensità della fede: come è dimostrato, a contrario, dalla bruttezza e meschinità degli edifici di culto nuovi. Infatti, anche gli edifici scolastici “nuovi”, in realtà già vecchi di decenni oltre che scarsamente e raramente mantenuti, dimostrano, con il loro grigiore e la sciatteria estetica, della scarsa considerazione di cui gode la Scuola oggi. È vero che il senso estetico, come l’intelligenza, nell’età contemporanea sono in inesorabile declino, ma verso gli edifici scolastici sembra esserci una sorta di accanimento estetico, frutto forse dell’attuale comune sentire quelli scolastici come momenti di passaggio o peggio come momenti di reclusione, dai quali evadere prima possibile. Stante questo parallelo, chiunque abbia visitato omologhe strutture tedesche, francesi, ma persino greche e portoghesi, non può che riflettere dolorosamente sul declino dell’istruzione nel nostro Paese.

In tale contesto, non può sorprendere che ogni permanenza aggiuntiva coatta – leggi non ammissione – venga avvertita come una tragedia, un collasso morale e sociale dello studente traumatizzato, un fallimento di tutta la classe docente. Di qui la necessità di avvertire preventivamente le famiglie, con un incontro che assume tutte le caratteristiche dello psicodramma dell’annuncio di un lutto, quando non si risolve più prosaicamente in aggressioni o danneggiamenti del proprio autoveicolo. Le conseguenze di tutto ciò non possono che essere, come si vedrà, disastrose.

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