La Spagna, Brasillach, Drieu

 

La Spagna, Brasillach, Drieu

Il 18 luglio del 1936 il generale Franco dà il via all’insurrezione contro il governo di Madrid: è l’inizio della rivoluzione nazionale. Con la vittoria nelle elezioni nel mese di febbraio del Fronte popolare, dove dominano forze radicali e comuniste, la tensione in Spagna segue un processo di accelerazione da porre gli schieramenti opposti nella ineluttabilità dello scontro armato. Ultimo atto: Il 12 luglio il deputato Calvo Sotelo, monarchico, dopo aver denunciato il clima di violenza legalizzata con assassini nelle strade incendio di chiese aggressioni a sacerdoti e avversari politici, viene prelevato dalla sua abitazione e ucciso con il colpo alla nuca da agenti della ‘guardia de asalto’, una sorta di pretoriani fedeli al governo. Per oltre due anni fino al maggio del 1939 la Spagna sarà percorsa da un popolo l’un contro l’altro armato, oltre 600 mila morti di cui la metà in combattimento e in esecuzioni sommarie e torture e per malattie e denutrizione e in conflitti all’interno del medesimo schieramento (i comunisti ligi agli ordini di Mosca a sterminare anarchici e trotskisti. Basterà rileggersi Omaggio alla Catalogna di George Orwell).

La Francia si appassiona immediatamente a quanto sta accadendo oltre i Pirenei. Gran parte dei francesi si trovano coinvolti per vicinanza geografica, per amore da secoli rivolto a quanto proviene da quel paese, per la somiglianza della situazione politica in quanto anche a Parigi s’è formato un Fronte popolare al governo. E gli intellettuali si fanno interpreti delle lacerazioni in atto delle scelte di campo. Così Georges Bernanos, pur avendo i figli volontari fra le forze nazionali, scrive un atto d’accusa contro Franco e i generali ribelli, I grandi cimiteri sotto la luna; così Andrè Malraux con La speranza, storia di uomini e donne in armi a difesa della repubblica, e organizzando una personale squadriglia aerea. Sul fronte opposto si colloca un giovane – nel ’36 ha ventisette anni – redattore del periodico Je suis partout, Robert Brasillach che, insieme ad Henri Massis, pubblica I cadetti dell’Alcazar (riedito con il titolo L’assedio dell’Alcazar) e, successivamente – siamo ormai alle fasi conclusive del conflitto – con l’amico e cognato Maurice Bardèche una Storia della guerra di Spagna.

Nel 1939 Robert Brasillach pubblica il romanzo I sette colori, il più noto fra i suoi libri (in Italia uscirà per le Edizioni del Borghese solo nel 1966). Fra i protagonisti spicca François Courtet, che parte volontario nelle file nazionaliste durante la guerra civile spagnola. E con lui si crea un microcosmo di combattenti provenienti da tante parti d’Europa e del mondo. Sono la controparte alle brigate internazionali meno familiari ma di sicuro medesima l’intensità di ideali l’entusiasmo e la voglia di menar le mani. Annota come ‘…appartiene a quel tipo nuovo del soldato di mestiere che si era certi sarebbe scomparso. L’uomo che corre là dove è la guerra. L’uomo che sente il richiamo della guerra. E che si arruola dalla parte che preferisce. Mercenario delle  guerre di religione… ci si arruola sia per il fascismo, sia per l’antifascismo universale’. Dunque la Spagna preludio della Seconda Guerra Mondiale e, in nome del Fascismo ‘immenso e rosso’ (sua la definizione) migliaia di giovani indosseranno la divisa della Wehrmacht e, con la costituzione delle Waffen-SS, rappresenteranno un coacervo di nazionalità protese alla costituzione di un Nuovo Ordine Europeo.

Nello stesso anno, 1939, appare (con tagli imposti dalla censura; il testo integrale nel ’41) il romanzo Gilles, significativi sono i richiami autobiografici (del resto Nietzsche aveva confidato come in ogni sua opera vi era qualcosa di sé), di Drieu la Rochelle. E il protagonista, che presta il suo nome quale titolo del libro, va ad arruolarsi e nelle file dei nazionali, imbracciando il fucile come si legge a conclusione. ‘Dunque sarò sempre eresiarca. Gli dei che muoiono e che rinascono: Dioniso, Cristo. Niente si fa senza sangue. Bisogna morire incessantemente per rinascere incessantemente. Il Cristo delle cattedrali. Il grande dio bianco e virile. Un re, figlio di re. Trovò un fucile, andò a una feritoia e si mise a sparare, mirando’… Ancora la Spagna e non soltanto quale pretesto letterario. Gli ideali che ci rendono liberi; i sogni che ci mantengono giovani; forse frammenti tragici di illusioni; qualche inganno di troppo; sangue, però, generosamente versato e, sempre citando Nietzsche, scoprire come esso sia il luogo ove si genera lo spirito.

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