Scrivendo la settimana scorsa del mito di Edipo e della chiave interpretativa nell’età moderna – leggasi Nietzsche e Freud -, citavo La morte della Pizia (Piccola Biblioteca, ed. Adelphi, 1988) dello scrittore svizzero Friedrich Durrenmatt. Agile racconto – una settantina di pagine intorno all’oracolo di Delfi e alla profetessa quale simbolo della parola puro inganno a cui fanno capo i protagonisti del ‘mito di Edipo’ – dove, però, la forza mistificatoria e canzonatoria e fantasmagorica diviene soltanto l’espressione verbale, l’ironico stile dello scrittore, in quanto il contenuto sta proprio nell’enigma che, apparentemente dissolto, al contrario s’incarna nella condizione umana, in quel brancolare ‘disperatamente nel buio’. L’enigma è il domandare sui sensi possibili, la cui chiave di lettura non si legittima in uno o altro significato, ma nell’annichilimento dei significati stessi. ‘… per tutta l’eternità quelli che reputano il mondo un sistema ordinato dovranno confrontarsi con coloro che lo ritengono un mostruoso caos. Gli uni penseranno che il mondo è criticabile, gli altri lo prenderanno così com’è. Gli uni riterranno che il mondo è plasmabile come una pietra cui si può con uno scalpello far assumere una forma qualsivoglia, gli altri indurranno alla considerazione che, nella sua impenetrabilità, il mondo si modifica soltanto come un mostro che prende facce sempre nuove, e che esso può essere criticato non più di quanto il velo impalpabile dell’umano intelletto possa influenzare le forze tettoniche dell’istinto umano’. Se si vuole aggiungere ancora un’altra fondamenta o più ci si accomodi pure sempre ben inteso consapevoli che ogni edificazione reggesi su terreno franoso. Perché il gioco degli specchi, qui prendendo le mosse dall’oracolo di Delfi dedicato ad Apollo, il dio dallo sguardo obliquo, e dal fantasioso responso della Pizia e snodantesi nei rivoli di Edipo della Sfinge di Tiresia l’indovino e di tutti gli altri attori della tragedia, riflette sempre mutevoli volti e tutti altresì rapportabili al caso che trasforma le coincidenze e gli avvenimenti in apparente e ferrea logica, dove il caso, operando a caso appunto, non è altro che quel nulla da cui tutto perviene e a cui tutto ritorna (essendo il non-essere accoglie ogni principio e i suoi contrari). ‘Gli uni ingiurieranno gli altri chiamandoli pessimisti, e a loro volta saranno da quelli irrisi come utopisti. Gli uni sosterranno che il corso della storia obbedisce a leggi ben precise, gli altri diranno che queste leggi esistono solamente nell’immaginazione degli uomini’. Pur sempre, grazie al Durrenmatt (qui e certo non il solo), rivive il mondo scoperto sui banchi di scuola, attraverso le lezioni intriganti e severe del professor Morelli, essere l’epoca in cui i greci ci donarono il senso tragico dell’esistenza e di quel Cherofonte che, presso la Pizia, venne a sapere essere Socrate il più saggio ad Atene. E dato che, non potendo essere le parole del dio in sé ingannatrici, indussero costui a riflettere sulla scritta apposta sul frontone del tempio ‘Conosci te stesso’. Che, da discepolo, Platone interpretò ed impose quale premessa all’immutabilità del vero, dell’idea che essa soltanto risiede nell’Iperuranio… Il mito, dunque e comunque, storia. E dal mito, quello del dio Dioniso (avverso e complementare ad Apollo), prende le mosse il libro, esso stesso intrigante e severo, di Luca Lionello Rimbotti Dioniso nel Terzo Reich.