Le borgate dell’ Arte [4]: Acilia

 

Le borgate dell’Arte [4]: Acilia

 

Il toponimo della borgata viene dalla famiglia degli Acilii Glabrones cioè calvi, latifondisti delle terre che furono di Ficana, città latina “scomparsa” come scrive Plinio Seniore ai tempi del sabino Anco Marzio quarto rex romanorum, nipote di Numa Pompilio. Queste le radici dei luoghi a S-W di Roma, nell’odierno X municipio, area un tempo malarica per la prossimità alle paludi ostiensi, ma vedetta sul commercio dell’oro bianco, il sale, concupiscenza dei briganti padri di Malafede.

Acilia fu oggetto di bonifica a partire dal 1913, sindaco Ernesto Nathan framassone, nel solco del progetto di risanamento dell’Agro romano con la colonizzazione delle terre da parte di braccianti romagnoli. Prendeva vita il “ borgo Acilio”, così citato nel ’19 per nominare un territorio prossimo al canale idraulico che partiva da Ostia verso l’area industriale. In tutto c’erano 12 misere baracche per 48 famiglie di lavoratori agricoli e operai impiegati nel condotto. Questo Adamo di villaggio non va però confuso con Acilia prima “ borgata ” romana realizzata dal Governatorato di Roma nel 1924, casupole popolarissime provviste sì di luce e acqua, ma senza altre opere d’ urbanizzazione, trasporto ferroviario: la linea Ostia-Roma.

E siamo nel ’40, l’Ifacp di Calza Bini ha avocato a sé la giurisdizione in tema d’ edilizia economica e popolare, prende vita l’Acilia borgata ufficiale del fascismo, 250 casette Pater bifamiliari, assegnate a singole famiglie, con ingressi indipendenti, monopiano, composte ciascuna da tre vani, cucina e gabinetto con un orto di 1.000 mq che fasciava l’isolato in linea con la filosofia del villaggio semirurale. Di queste casette prefabbricate ( brevetto dell’ing. elvetico Dario Pater ) realizzate con materiali autarchici, muri in pannelli fuori opera di malta cementizia ad alta resistenza miscelata a fibre di legno, ne restano in vita solo alcune in via Capelvenere.

Nel secondo dopoguerra Acilia si espanse tanto da distinguersi in Nord e Sud toccando da S. Paolo fino all’Ostiense, case popolari e residenze dei “palazzinari” con l’isola del “villaggio giuliano” per i profughi istriano-dalmati, a questo si aggiunse la malaria dell’abusivismo condito dalla scarsità dei servizi, una miscela per il malaffare specchio del degrado. Ma, si sa, le ninfee fioriscono dalla melma degli stagni, l’arte è magia dai graffiti rupestri ai muri delle periferie, attesi a indossare l’abito bello che trasformi d’incanto Cenerentola in una principessa. Riccardo Martinelli in arte Groove, street artist di viale Marconi, dipinge a pennello sui plinti del viadotto Zelio Nuttal a Dragona ( Acilia Nord ), nove mega animali, ci impiegherà un mese. Poi l’artista si sposta nella “periferia della periferia” Casal Bernocchi ( Acilia Sud ) nel corridoio di collegamento tra la Piazza della frazione e la scuola dell’infanzia, sono murales che hanno per attori i bambini e dolci animali.

 

Gli spazi morti diventano quadri a cielo aperto, pinacoteca popolare della pittura murale di sironiana ideazione, messaggio di un’esistenza difficile da tirare in borgata, manifesto di una comunità che rialza la testa scoprendo la bellezza perduta nell’opera di numerosi pittori.

E arriviamo alla giornata “ street art for Chiara ” del maggio 2015, sei artisti hanno colorato Piazza San Pier Damiani per raccogliere fondi di solidarietà, per Chiara I. M., ragazza precipitata in coma per le percosse del suo compagno. E’ un collettivo a organizzare tutto questo? Chi se ne frega, i colori non sono solo il rosso o il nero, un nuovo umanesimo è il nostro pensiero forte.

 

For Chiara

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