Le tentazioni dell’Arcangelo [4]

 

Le tentazioni dell’Arcangelo [4]

Anche Emil Cioran, elegante pensatore e scrittore aforistico in lingua francese, prese le distanze dalla Guardia di Ferro nel 1972, in coincidenza con il lancio dei suoi libri nel ricco mercato statunitense da parte di Susan Sontag.

Cioran definì Codreanu uno slavo autentico, un atamano ucraino, mentre gli “assassini guardisti” addirittura dei Macedoni sradicati: «in loro si esprimeva in realtà la suburra romena». Eppure, se Cioran non fu mai un militante della legione come Eliade, come è stato scritto, visse intensamente il fenomeno legionario. Un guardista esule a Parigi, come tanti dopo l’assassinio di Codreanu e la feroce persecuzione dei legionari, ha dichiarato che le discussioni politiche della “guarnigione legionaria” di Parigi negli anni della Seconda guerra mondiale venivano orientate dalla gravità intellettuale e dalla forza espositiva di Emil Cioran, il quale parlava della personalità di Corneliu Codreanu; del pericolo ebraico nella patria romena e nel mondo; della necessità di punire coloro che avevano rapinato la Romania; dell’importanza della rivoluzione legionaria nella vita politica.

Le posizioni filoguardiste di Cioran sono documentate da una lettera del 13 dicembre 1937 a Eliade, nella quale, oltre a proporsi per una collaborazione a «Cuvântul», giornale vicino alla Legione, ribadiva la propria avversione nei confronti della democrazia, scrivendo che qualunque atto di distruzione della democrazia in Romania sarebbe stato un atto creatore, indicando nella Legione l’unica alternativa possibile al sistema politico vigente. Nel suo unico libro di contenuto prettamente politico, Schimbarea la fatza a Romaniei, del 1937, Cioran non nascondeva l’approvazione per regimi non democratici, tra cui anche il modello bolscevico, ma soprattutto per quello nazionalsocialista tedesco, scrivendo: «L’hitlerismo mi sembra essere un movimento serio per aver saputo associare direttamente alla coscienza della missione storica di una nazione i problemi inerenti alla giustizia sociale».

La democrazia, invece, non era stata in grado di produrre alcun mito, ma solo piatte mediocrità e vuote astrazioni: «La Romania ha bisogno di esaltazione fino al fanatismo. Una Romania fanatica è una Romania trasfigurata. La fanatizzazione della Romania è la trasfigurazione della Romania». Anche in merito alla questione ebraica riecheggiano le posizioni legionarie, com’è noto radicali come quelle tedesche: «L’invasione giudaica negli ultimi decenni del divenire romeno ha fatto dell’antisemitismo la caratteristica essenziale del nostro nazionalismo…Un organismo nazionale sano viene sempre messo alla prova nella lotta contro gli ebrei, specialmente quando costoro, col loro numero e la loro tracotanza invadono un popolo…ogniqualvolta un popolo prende coscienza di se stesso entra fatalmente in conflitto con gli ebrei…esistono momenti storici che fanno degli ebrei, in modo fatale, dei traditori…Non sentendosi in alcun luogo a casa propria, essi non conoscono in nessun modo la tragedia dell’estraniamento…In ogni cosa gli ebrei sono unici; non hanno pari al mondo, piegati come sono da una maledizione di cui è responsabile soltanto Dio. Se fossi ebreo mi ucciderei all’istante».

Il brano, citato solo in parte ma molto più lungo, venne soppresso dall’Autore nell’edizione del 1990, anno in cui dichiarava in un’intervista che gli Ebrei sono il lievito dei popoli e senza di loro i Paesi deperiscono e intristiscono; per concludere che il massiccio esodo ebraico dalla Romania poteva essere considerato una grande tragedia.

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