Lettera dal Duca

 

Lettera dal Duca

 Festiva di Sanremo 2018, Enrico Ruggeri riunisce il suo storico gruppo, i Decibel, e si presenta con un brano scritto da lui e con musiche di Fulvio Muzio e Silvio Capeccia, “Lettera dal Duca” un omaggio riuscito ad un mostro sacro della musica il “Duca Bianco” David Bowie. “Passano vecchie immagini / Indelebili su di noi  / Io non capisco più certe meschinità / Le misere mediocrità / Io vivo un’altra dimensione” La dimensione di Bowie era realmente “Altra” è stato uno dei personaggi più poliedrici, importanti ed influenti della scena pop/rock internazionale per cinque decenni.

Fu acclamato dalla maggior parte della critica musicale e dai suoi stessi colleghi per l’inventiva, la capacità di spaziare fra le più svariate forme artistiche, pur non essendo le sue attività principali, Bowie si dedicò alla Poesia, alla pittura, al Design e al cinema, lavorando con registi come Scorsese, Lynch, Nolan etc. Tra i vari film in cui recitò, vi sono L’uomo che cadde sulla Terra, Furyo, Miriam si sveglia a mezzanotte e tanti altri. Con circa 150 milioni di album venduti, figura tra gli artisti con il maggior numero di vendite.

David Robert Jones, questo il vero nome di Bowie, nasce a Brixton, sobborgo di Londra, l’8 gennaio 1947, la madre, Margaret Burns, era cassiera presso un cinema, mentre il padre Haywood Stenton Jones era un ex militare da poco ritornato dal fronte, diventò direttore del carcere di Bromley. Un ruolo fondamentale nella sua formazione musicale lo svolse il fratellastro Terry Burns, nato nel 1937 da una precedente relazione della madre. “Terry è stato l’inizio di tutto per me”, raccontò David anni dopo, “leggeva un sacco di scrittori beat e ascoltava jazzisti come John Coltrane (..) ogni sabato sera andava in centro a sentire il jazz (..) si faceva crescere i capelli (..) era un ribelle”. Gli fu diagnosticata una schizofrenia paranoide, che lo portò nel reparto psichiatrico del Cane Hill Hospital di Londra dagli anni settanta al 1985, anno in cui si tolse la vita gettandosi sotto un treno.

Nel 1958 David iniziò a cantare come corista nella chiesa di St. Mary, Nel 1960 entrò a far parte di un gruppo di studenti interessati all’arte della Bromley Technical High School. A metà del 1962 si unì ad alcuni studenti che avevano formato un gruppo chiamato The Konrads. “All’inizio entrai come sassofonista”, disse in seguito, “ma poi il nostro cantante venne picchiato da alcuni greaser (Greasers è una subcultura dei giovani della classe operaia o del ceto operaio) e allora mi misi a cantare io”.  David iniziò a comporre brani originali, fu in questo periodo che durante un litigio a scuola a causa di una ragazza fu colpito con un pugno nell’occhio sinistro che gli causò una midriasi traumatica cronica. Il risultato fu la dilatazione permanente della pupilla, che avrebbe caratterizzato per sempre il suo sguardo e che lo avrebbe lasciato con una percezione alterata della profondità e della luce. Da lì un susseguirsi di gruppi, formazioni ed attività extramusicali, disegnava camicie e abiti per John Stephen di Carnaby Street, si avvicinò alla recitazione, all’astrologia, ed al buddhismo, fondo alche una strana associazione la “Lega Internazionale per la Salvaguardia del Crine Animale” Sempre in questo periodo il cantante adottò ufficialmente il nome d’arte “David Bowie”, nome ispirato al celebre Coltello da caccia pesante, che prendeva a sua volta il nome dal suo creatore James Bowie pioniere e soldato negli USA del XVIII secolo ucciso nella battaglia di Alamo. “Volevo qualcosa che esprimesse un desiderio di tagliare corto con le bugie e tutto il resto”.

Nel giugno del 1967 uscì il suo primo album, intitolato semplicemente David Bowie. Da qui come si dice il resto è storia, sul Bowie musicista sono stati scritti migliaia di libri, e milioni di articoli quindi puntiamo i riflettori su altri aspetti, meno conosciuti e più interessanti in questo contesto, la predisposizione di Bowie per l’occultismo e per la Politica. Alla fine del 1967 l’interesse di Bowie per la dottrina Tibetana raggiunse il suo apice, inizia l’amicizia con il lama Chime Tulku Rinpoche e trascorre un periodo d’isolamento monastico con quattro Lama tibetani in Scozia. Continuerà ad essere attratto dalle filosofie orientali nel 1996 dichiarò al Daily Telegraph: “Molto di quello che all’inizio mi aveva attratto del buddhismo è rimasto con me, l’idea della transitorietà e che non c’è niente cui aggrapparsi pragmaticamente, che ad un certo punto dobbiamo lasciare andare ciò che consideriamo a noi più caro”.

Nell’aprile 1975, Bowie si trasferì a Los Angeles in una villa presa in affitto al 637 di North Doheny Drive. Viveva in una casa piena di antichi manufatti egizi, candele sempre accese, circondato da trattati di magia, con un culto particolare per Alester Crowely, Friedrich Nietzsche, sulla simbologia runica e sugli aspetti esoterici del Nazionalsocialismo, da cui trasse anche il suo segno distintivo, la Sig Rune che nella sua forma originaria simboleggiava il sole, raddoppiato dal grafico Walter Heck nel 1933 divenne il simbolo delle SS. Simbolo che molti giovani hanno tatuato sul corpo, ignari del proprio significato. Di ritorno da un tour in unione sovietica, viene trovato con libri di Goebbels e Speer, nel 1976, chiuderà un suo concerto con il saluto romano. Le matrici Esoterica e Politica si riscontreranno in moltissime delle sue canzoni, il superomismo Nietzscheano è presente ad esempio nel brano The Supermen del 1970, ispirato alla lettura di Al di là del bene e del male e Così parlò Zarathustra l’allegoria delle “tragiche vite senza fine” di “esseri meravigliosi incatenati alla vita” («wondrous beings chained to life”) si sovrappone al rifiuto della morale terrena da parte del superuomo. «Avevo immaginato The Supermen come brano caratteristico di una certa epoca», disse Bowie nel 1973, «ma penso che riguardi il futuro piuttosto che il passato». Non si tratterebbe quindi di una previsione futura quanto di una memoria primordiale, con i superuomini all’alba del tempo sulla loro “isola senza amore” che giocano e combattono, fino al giorno della loro caduta.

Nella canzone Ziggy Stardust parla, tra le righe, di Hitler, in Life on Mars ridicolizza l’ideologia comunista e in Heroes accenna al Mussoliniano “meglio un giorno da leoni che cento anni da pecora”. Celebre l’intervista rilasciata a Cameron Crowe per Playboy nel settembre 1976, da cui ricaviamo sintetizzati alcuni estratti:  “.. non voglio essere l’ennesimo, onesto Joe, voglio essere un essere superiore e migliorare, i miei attributi del 300 per cento… Penso che sia possibile farlo”….Vorrei fare della politica e un giorno la farò senz’altro. Mi piacerebbe moltissimo essere primo ministro. Ma è anche vero che credo fermamente nel fascismo. Il solo modo che abbiamo per vivificare questa specie di liberalismo ristagnante” “Hitler è stato uno dei primi divi del rock” .In un’altra intervista successiva dichiarò “Vivo dentro a un film muto, interpretando il sacro regno della realtà onirica di Himmler.” Ma è davvero possibile definire fascista David Bowie bisessuale, sempre eccentrico nell’abbigliamento e nello stile di vita, dedito ad alcool e droghe, Nì, verrebbe da rispondere. Perché in fondo, in quegli anni, gli individui come Bowie dovevano a tutti i costi definirsi di destra. A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, il mondo della musica era un coacervo di peace & love, figli dei fiori, rivoluzioni, radicalismo di sinistra, femminismo e black power. E un alieno come Bowie, individualista, egocentrico, narcisista, dissoluto e tremendamente disimpegnato, diventava giocoforza un estremista di destra. Con gli strumenti culturali e politici di adesso, possiamo tranquillamente dire che il Duca Bianco non fu fascista, nell’accezione classica del termine. Per capire il rapporto tra Bowie e cultura di destra, ci viene in soccorso una distinzione storiografica tutta italiana, quella tra fascismo regime e fascismo movimento.

Data per scontata l’inconciliabilità del re del glam rock con il primo, diverso è il discorso per quanto riguarda la seconda ipotesi. David Bowie è un fascista delle origini, rivoluzionario e socialisteggiante, anarchico eppur sostenitore dell’uomo forte a reggere le sorti della società. L’8 gennaio 2016, il giorno del suo sessantanovesimo compleanno, David Bowie pubblicava il suo venticinquesimo album, l’ultimo, “Blackstar”. Due giorni dopo, il mondo si svegliava con la notizia della sua morte. Inaspettata, per quanto gli indizi di un suo stato di salute precario erano già stati resi noti con le immagini del video di “Lazarus”, in cui il cantante era apparso prima di lasciare il mondo terreno. Durante la sua ultima fase di vita, Bowie era riuscito a trasformare in arte persino il suo imminente trapasso. Ne sono testimonianza non solo il concept e le liriche di Blackstar  ma anche i suoi due ultimi videoclip, “Blackstar” e appunto “Lazarus”. In entrambi è chiaramente espresso l’argomento esoterico, con chiari riferimenti al tema del trascendente. Sul significato occulto di Blackstar  si è detto molto. Qualcuno ha congetturato circa un collegamento con Eliphas Lévi.

Nel 2013, il sito ufficiale di David Bowie ha pubblicato la lista dei 100 libri preferiti dal cantante britannico. Tra questi figurano Il Dogma dell’Alta Magia e Il Rituale dell’Alta Magia proprio di Levi. La stella nera, chiama ineluttabilmente in causa anche il Sol Niger degli alchimisti , la Luce Oscura degli gnostici, o il “Ogni uomo è una stella” di Crowleyana memoria. All’inizio del brano, Bowie canta di un luogo ermetico chiamato la “Villa di Ormen”. Ormen il Serpente è un romanzo dello scrittore anarchico e sindacalista svedese Stig Dagerman morto suicida (come il fratello di David) nel 1954 a soli 31 anni. Il serpente, nel folklore indiano, simboleggia le primavere della vita. Secondo fonti egizie, L’uroboro  esprime il disordine informe che circonda il mondo, così come il suo ordine e il suo rinnovamento periodico. Nonostante nutrisse determinati interessi, il cantante non aveva mai veramente abbracciato nessun discorso religioso, rifacendosi al concetto Evoliano e Guenoniano di Perennialismo. “La religione è fatta per le persone che credono nell’esistenza dell’inferno. La spiritualità è per coloro che ci sono stati”, dichiarava in una vecchia intervista. Con la sua arte eterna, Bowie ha saputo dare corpo e spirito a un mondo che andava al di là della sua esistenza terrena. I suoi 100 “alter” da Ziggy Stardust al Duca bianco, sovrapponendosi alla sua personalità reale, gli hanno dato la possibilità di trovare un rifugio dalla società liberista da lui disprezzata.

Nel salutare il mondo corporeo, Bowie ha voluto realizzare un portale per altre dimensioni, di modo da poter rinascere e risplendere all’infinito, e da cui poter inviare “Lettere” come quella indirizzata a Ruggeri, ed a milioni di giovani e meno giovani che sognano un mondo “Altro”. Nel mondo odierno dove per il Covid 19 si è rinunciato a vivere per paura di morire, Bowie ci insegna che la morte è solo un passaggio, un “oltre” che come il suo omonimo del XVIII secolo ci rende pionieri  in terre sconosciute.

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