Lezioni di storia a tavola…

 

Lezioni di storia a tavola…

Agli esami di Quinta Elementare il mio tema girò tra le maestre, incuriosite forse stupite, perché paragonai un campo di grano tempestato di papaveri con il rosso delle camicie dei garibaldini a Calatafimi. Vocazione precoce alla scrittura… ahahah! Così si comprende come divenire insegnante fu un destino le cui radici mi vennero imposte davanti al piatto di spaghetti o la minestra di cavoli. Mio padre, suadente affabulatore, ci teneva lezioni di storia durante il pranzo. Una storia adatta prima per noi quattro figli ancora bambini, ricca di aneddoti ed esempi tanto simili ai romanzi di Emilio Salgari, che ci esaltavano o ci facevano sognare e che li rendevamo nel gioco. Convinti essere i buoni e i cattivi gli austriaci e il Regno delle Due Sicilie. Il Risorgimento era il terreno fertile ove egli seminava emozioni e valori e sentimenti – egli, fiero delle piemontesi e sabaude (suo padre era cresciuto a palazzo Carignano), non lesinava lode e plauso al Mazzini e a Garibaldi, sottacendo le diversità le divergenze i contrasti fra gli artefici di quelle vicende. Con gli anni, ormai noi adolescenti, la rese più prossima al saggio, ma mai dimentico di esaltare i singoli personaggi dando loro come un tratto di pennello un volto e un’anima.                                                             

Di Mazzini amava ricordare come avesse imposto la rigorosa disciplina dei doveri – chiedo venia ai miei ‘amici’ a cui sono cari i briganti del Meridione e in dispregio la Massoneria – contrapponendosi di fatto ad un mondo che pretendeva ed esigeva soltanto i diritti. Era il rifiuto degli aspetti nefasti della Rivoluzione francese (mio padre non ne negava importanza e afflato rivoluzionario come accesso della borghesia alla vita pubblica) e di quegli aspetti estremi ed utopici di una concezione utilitaristica materiale ed egoistica dell’esistenza ‘intesa – queste sono parole di Gentile tratte da Memorie italiane – come campo di diritti da rivendicare, anziché come palestra di doveri da compiere, col sacrificio di sé per un ideale’. Aggiungo di mio come ormai, nel vorticare rovinoso della democrazia, a imitazione del modello liberal degli USA, tutti reclamano i diritti i più disparati e si trascurano i doveri fondamentali, quali il rispetto dell’uomo e del lavoro. Senza i quali, rifletto, ogni forma di diritto diviene maschera e trappola per i creduli.

Apostolo e precursore. Italo Balbo, ras dello squadrismo a Ferrara, figura mitica e pioniere dell’aviazione italiana, si era laureato con una tesi sul Mazzini. Ad esempio. Nella RSI il volto ascetico e barbuto venne a sostituire quello volitivo e squadrato del Duce, troppo spesso caduto in piaggeria. E il suo pensiero e la sua azione da intendersi fautrici di quella terza via ‘tra Mosca e New York’, antesignane di Berto Ricci – per fare un nome e non un nome da buttar via… – e di quella Carta del lavoro, ‘fondamentale pilastro dello Stato corporativo’, ove si propugna e si sostiene il dovere sociale del lavoro e l’armonia fra tutti coloro che collaborano alla produzione del bene comune. Contro lo sfruttamento e l’ingiustizia del liberalismo contro la risposta del mero conflitto di classe del socialismo. Insomma, ieri come oggi, eterna guerra del sangue contro l’oro. E quanto ancora e di più. Qui, però, mi fermo e qui il ricordo di mio padre che mi ha fatto venire lo schiribizzo d’insegnare storia e filosofia.

 

 

Immagine: ilsicilia.it

 

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