Mistica

 

Mistica

“Mistica è un complesso di proposizioni a cui si aderisce per tradizione o per sentimento, anche se queste proposizioni non si possono giustificare razionalmente (..)” – Louis Auguste Paul Rougier

14 marzo 1941 fronte greco-albanese nell’ambito dei più vasti eventi della campagna dei Balcani della seconda guerra mondiale ai militi dell’11º reggimento alpini, vengono richiesti alcuni volontari per una pericolosa missione, la conquista della punta nord del Mali Scindeli, controllata da una munita postazione greca. L’attacco ebbe inizialmente successo con la conquista della posizione ma riorganizzatisi i greci condussero un contrattacco guidati dall’ufficiale Giovanni Fouskakis che riconquistò le posizioni perdute. All’ufficiale greco, si parò davanti prima di cadere ferito a morte, “(..) un dio o un demone“, (descrizione de “L’Illustrazione Italiana”) uno strano italiano, combattente, giornalista e filosofo, Niccolò Giani (1909 – 1941), fondatore e direttore della “Scuola di mistica fascista”.

Originario di Muggia (Muja in dialetto triestino) dopo aver frequentato il Liceo ginnasio Dante Alighieri di Trieste, nel 1928 si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza di Milano e quindi ai GUF (Gruppi Universitari Fascisti) laureandosi nel 1931. Sul foglio dei GUF “Libro e moschetto”, già dal 4 aprile 1930 Giani annunciò l’imminente apertura della “Scuola di Mistica Fascista Sandro Italico Mussolini”, insieme ad Arnaldo Mussolini fratello minore di Benito. La scuola fu dedicata alla memoria di Sandro Italico Mussolini, dirigente dell’Opera Nazionale Balilla e figlio di Arnaldo, scomparso prematuramente a causa di una leucemia, l’anno prima a soli venti anni. 

Nell’Idea di Giani e Arnaldo Mussolini si imponeva al fascismo un ritorno alle origini, ovvero al movimentismo rivoluzionario del 1919 riallacciandosi idealmente all’esperienza delle prime squadre d’azione e degli arditi della Grande Guerra, una più radicale rivoluzione coniugata al recupero di una più integralistica tradizione. Ma più che legati agli enunciati politici del manifesto di Sansepolcro i mistici di quella esperienza esaltavano soprattutto la lotta contro la borghesia e il capitalismo. La mistica fascista si considerava posta a guardia della rivoluzione permanente e in contrasto con gli opportunismi e i trasformismi.

Giani espose i suoi principi in occasione della XXI° riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze a Roma. L’ampio discorso fu poi pubblicato con il titolo “La marcia sul mondo della Civiltà Fascista” nella serie dei “Quaderni” voluti da Giani. La scuola individuava nell’epoca quattro principali “mistiche”, destinate ad apportare in un primo tempo dei benefici ma poi a fallire: liberale, democratica, socialista e comunista.  Tesi non molto distanti da quelle enunciate da A. Dugin ne “La Quarta Teoria Politica”.

Nella gran massa dei nostri colleghi – scriveva Giani – la nostra rivoluzione era considerata soprattutto nelle sue realizzazioni concrete, il lato profondamente spirituale del fascismo sfuggiva del tutto o quasi. Di fronte a tale materializzazione della nostra rivoluzione noi reagimmo”. La scuola si proponeva di diffondere mediante conferenze e pubblicazioni, i principi informatori della Mistica e la loro concreta attuazione. “Non cercate altrove – scriveva Giani, – guardate al fascismo, imparate a conoscerlo e lo amerete, studiatelo e diventerà la vostra idea. Né per voi sarà mai una catena ma un vincolo d’amore verso una creazione più grande dell’umanità. Esso sarà per voi e per tutti l’alba di un nuovo giorno”.

L’attività dei mistici si incentrava su delle pubbliche riunioni libere a tutti anche (e soprattutto) agli antifascisti, “poiché il Fascismo è apostolato, cui tutti debbono potersi accostare con cuore sincero per sentirne la bellezza ed essere presi dell’altezza della missione”

La fede era considerata uno dei valori principali della militanza politica, Giani fu soprattutto un fedele ed un intransigente. Il suo spirito si ribellava a qualunque forma di compromesso. I giovani della

Mistica si sentivano appartenenti ad un ordine religioso al pari della guardia di ferro di Corneliu Zelea Codreanu. Frequenti furono i richiami della scuola alla necessità di contrastare in ogni sua forma lo spirito borghese: “insorgiamo – scriveva Giani – con tutte le nostre forze contro coloro che vorrebbero inchiodare la Rivoluzione riducendola a vigile e disciplinato guardiano delle loro piccole o grandi ma pur sempre miserevoli fortune, dimenticando che il Fascismo lo si serve e di esso non ci si serve”  All’indice i timorosi, i rimorchiati, tutti coloro che nella rivoluzione hanno visto e continuano a vedere solo il carabiniere che deve garantire la loro modesta tranquillità casalinga.

Era un atteggiamento insofferente di tutto quanto si opponesse alla realizzazione di un fascismo rivoluzionario. Era polemica condotta con sincerità, onestà e buona fede contro il carrierismo, contro un vertice sclerotizzato nella burocratica mentalità delle mezze maniche. I giovani della mistica dovevano formare gli uomini nuovi: “solo quando un valore – scriveva Giani – o un principio si connatura al punto da diventare esigenza inderogabile, cioè stile, esso è storicamente operante. E lo stile, soltanto lo stile è il rilevatore della compiutezza degli uomini nuovi”. La mistica doveva rappresentare non un mero nozionismo, ma un modo di vivere, “non vuole dare della cultura, nè dottrinarismo, ma essa è e vuole rimanere maestra di vita: che tutto torna agli uomini.”

La guerra rappresentò per i giovani della scuola il banco di prova della loro preparazione spirituale prima che militare. Nel 1935 appena sposatosi, e nonostante l’attribuzione della cattedra in Diritto del lavoro e previdenza sociale all’Università di Pavia, insieme alla maggioranza dei “Mistici” partì volontario per la guerra d’Etiopia arruolandosi col grado di capomanipolo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Verso la fine del 1936 rientrato in Italia, Giani riassunse la carica di direttore della “Scuola di Mistica Fascista” lanciando due importanti iniziative, la pubblicazione della serie dei “Quaderni”, e a partire dal 1937 la creazione nell’ambito della scuola della rivista mensile: “Dottrina fascista” che divenne organo ufficiale della scuola, in cui pubblicò nel 1939 il “Decalogo dell’italiano nuovo”, tratto dagli scritti e discorsi di Arnaldo Mussolini. Si dedicò inoltre al giornalismo diventando direttore a Varese del quotidiano “Cronaca prealpina”.

Nel 1939, su impulso di Giani, con una cerimonia presieduta dal segretario del PNF Achille Starace, la sede ufficiale della Scuola di Mistica si spostò nell’ edificio chiamato “il Covo”, l’originale sede de: “Il Popolo d’Italia,”. L’evento fu vissuto come una autentica consacrazione dei giovani insegnanti riuniti intorno a Giani.

Tra il 19 e il 20 febbraio 1940 a Milano, in occasione del decennale dalla fondazione della scuola, organizzò il primo “Convegno nazionale di mistica fascista” che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere il primo di una lunga serie. Obiettivo che sfumò a causa dell’entrata in guerra. L’incontro vide oltre 500 partecipanti ed ebbe l’adesione della maggior parte degli intellettuali italiani dell’epoca.  

Nel 1940, come gran parte dei “mistici”, partecipò nuovamente come volontario alla seconda guerra mondiale. Inquadrato nell’11º reggimento alpini prese parte alla battaglia delle Alpi Occidentali contro la Francia, venendo decorato con la medaglia d’argento al valor militare. Terminata la campagna di Francia in seguito all’armistizio Giani tornò alla vita civile ma incominciata nel frattempo la guerra in nord Africa richiese più volte di partire volontario senza ottenere soddisfazione. Alla fine ottenne di partire il 9 novembre 1940 come corrispondente di guerra della “Cronaca prealpina”, affiancando all’attività di giornalista anche quella di militare prendendo parte ad alcune azioni e ottenendo un’altra medaglia al valor militare, questa volta di bronzo. A febbraio fu incorporato nell’11º reggimento alpini e ripartì come volontario per la campagna di Grecia dove combatté sino al tragico epilogo.

Dopo la sua morte gli altri assaltatori che avevano preso parte all’attacco del Mali Scindeli, incalzati dai soldati greci dovettero ritirarsi.  Pochi giorni dopo il sottotenente Angelo Carati, vice-direttore della scuola di mistica fu incaricato del recupero del corpo di Giani, ma a causa della perdurante situazione bellica le sue ricerche risultarono infruttuose. Un anno dopo Maria Sampietro, moglie di Giani, fu convocata a Roma per ricevere la medaglia d’oro al valor militare alla memoria del marito con la seguente motivazione: “Volontariamente, come aveva fatto altre volte, assumeva il comando di una forte pattuglia ardita, alla quale era stato affidato il compito di una rischiosa impresa. Affrontato da forze superiori, con grande ardimento le assaltava a bombe a mano, facendo prigioniero un ufficiale. Accerchiato, disponeva con calma e superba decisione gli uomini alla resistenza. Rimasto privo di munizioni, si lanciava alla testa di pochi superstiti, alla baionetta, per svincolarsi. Mentre in piedi lanciava l’ultima bomba a mano ed incitava gli arditi col suo eroico esempio, al grido di: ‘avanti Bolzano, viva l’Italia’, veniva mortalmente ferito. Magnifico esempio di dedizione al dovere, di altissimo valore e amor patrio”.

In quell’occasione, chiese di poter partire per l’Albania. Aiutata dall’ufficiale greco Giovanni Fouskakis che aveva guidato la pattuglia greca che si era scontrata con Giani, il 10 giugno 1942 rinvennero il corpo sepolto in maniera anonima in territorio greco. Di qui la salma fu traslata nel piccolo cimitero militare di Klisura, dove ancora riposa.

La sua morte fu coronamento ideale di vita intesa come sacrificio ed eroismo, era l’insegnamento di Arnaldo che ritornava: “Essere sempre entusiasti, giovani, pieno lo spirito di gioia, lieti di combattere e lieti di morire, per dare a questo mondo che ci circonda la forma dei nostri sogni e dei nostri ideali”.

Siamo dei mistici’ – perché siamo degli arrabbiati, cioè dei faziosi, (..) uomini partigiani per eccellenza e quindi per il classico borghese anche assurdi (..) del resto nell’impossibile e nell’assurdo non credono solo gli spiriti mediocri. Ma quando c’è la fede e la volontà, niente è assurdo. (..) La storia è e sarà sempre un assurdo: l’assurdo dello spirito e della volontà che piega e vince la materia: cioè la mistica (..) credere non si può se non si è mistici, combattere non si può se non si crede, (..) vincere non si può se non si combatte”.

Ha senso parlare di “Fascismo” ai giorni nostri? Sicuramente e si pensa alle parate in orbace, alla retorica ed al costume la risposta è no, ma se ricerchiamo una “Mistica” che trasformi la militanza politica in un “Sacerdozio laico” a servizio del bene della Nazione, gli insegnamenti di Giani sono quanto mai attuali. Parafrasando una frase di Vladimir Putin.

Chi vuole restaurare il Fascismo (Comunismo nella frase originale di Putin) è senza cervello. Chi non lo rimpiange è senza cuore. “.

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