Nessuna resa

 

Nessuna resa

In Strade d’Europa vi è una grande assente, l’isola di Irlanda – e non poteva essere diversamente – perché zaino in spalla e pollice levato non ho cercato di travalicare il suo confine. Forse perché – ed è una forma imperdonabile d’ignoranza (ahi, la mia vanità!) – l’abbinavo, nonostante fossi consapevole dello storico e secolare conflitto, con l’altra isola, la perfida Albione che sarebbe dovuta trasformarsi in colonia per “i figli della lupa”, mentre furono gli inglesi a calcare il suolo del nostro Paese, vincendo con la potenza dell’acciaio dell’oro e imponendoci il predominio della parola… Forse perché, più banalmente, non m’è passato per la mente tanto ero coinvolto, e con il cuore e con la mente, dalla Germania oppure non ne ebbi occasione…                            

Fugace rapporto (il termine è improprio) quando – e mi trovavo già a Regina Coeli – invio una cartolina di solidarietà a Bernadette Devlin, di Belfast, allora ventidue anni, eletta deputato alla Camera dei Comuni, ma non ricordo chi – né il motivo specifico – avesse promosso l’iniziativa (probabile che la censura del carcere non spedisse mai la cartolina). Credo si inserisse nella cosiddetta “battaglia” del Bogside avvenuta tra il 12 e 14 agosto ’69, quando gli abitanti di quel quartiere cattolico di Derry reagirono ai continui soprusi del RUC (le forze di polizia) e respinsero l’assalto lealista. È tutto qui ed è ben poco.

A colmare la lacuna- non l’impegno che, oramai, l’età lo renderebbe ridicolo (ci sono già troppi guitti e saltimbanchi) – ci ha pensato in questi giorni la lettura del libro di Fabio Bellani di Trieste, che me ne ha voluto fare omaggio, dal titolo Nessuna resa! – e di questo lo ringrazio. Un libro che tenta di frenare l’autentica passione per quelle sei contee del Nord Irlanda che comprendono l’Ulster con attenta documentazione, oserei dire, che si rende quasi “ossessiva” in nomi e particolari di quella scia di lutti e di sangue e di tensioni apparentemente sopite e pronte, però, a ridestarsi. Come lo stesso autore scrive: “… mi vengono in mente i due principali slogan delle due comunità, il “No Surrender” lealista e il “Tiochfaidh A’r  La” repubblicano. “Nessuna resa” e “Il nostro giorno verrà”. Due slogan di vittoria per due comunità, ognuna orgogliosa del proprio passato, della propria storia, e della propria identità. Due comunità, quella lealista/protestante come quella cattolica/repubblicana, che hanno subito lutti, stragi, carcerazioni, repressioni, ingiustizie, ma che non si sono mai tirate indietro nell’affrontare il proprio ruolo e che sono sempre state e, lo sono ancora oggi, dalla parte di chi si è schierato a difesa della loro stessa esistenza” (pag. 299). Perché, è la conclusione, in quelle terre, per quelle genti permane radicato “un passato che non passa” …

Noi che viviamo sotto la cappa grigia della vergogna in un tempo e in un mondo che ha fatto della menzogna il surrogato delle radici e dell’identità (Fabio rivaluta e, in una certa misura, predilige i lealisti proprio per questo essere “fedeli a sé stessi”, per questo orgoglio di appartenenza), abbiamo bisogno di avvertire che ci sono “Strade d’Europa” ove il sangue ed il suolo consistono, offrono certezze. Per questo mi sono permesso e l’ho invogliato a darci, in altro libro, l’immagine dell’Irlanda attraverso il linguaggio del corpo, del cuore, d’emozioni e di sentimenti, insomma di rendercela anch’essa quale poesia. Noi, da sempre fedeli, a chi ci ha educato e testimoniato e sacrificatosi in nome de “la poesia del XX secolo”.

 

Immagine: https://www.thetimes.co.uk/

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