Nicola Bombacci; un esempio rivoluzionario
Non me ne voglia l’amico Andrea, se per una volta la spina nel fianco si sovrappone ad altra seguitissima rubrica del nostro giornale, quel Exemplis Vitae che ci racconta periodicamente vita e morte di quei personaggi della storia del “Pensiero Forte” da conoscere o riscoprire, ma se un Pensiero Forte deve essere istillato nella mente dei lettori, non può essere fatto senza parlare di Nicola Bombacci, detto Nicolino, nacque a Civitella di Romagna, in provincia di Forlì, il 24 ottobre 1879, dopo i primi studi, fu iscritto al seminario di Forlì, si allontanerà nel 1900 per frequentare la Regia Scuola Normale di Forlimpopoli, dove si diploma maestro, in ritardo sui suoi coetanei, ma in contemporanea con un amico di 4 anni più giovane, Benito Mussolini. Nel 1905 si sposa, comincia una peregrinazione come insegnante per le campagne Emiliano Romagnole, è in queste peregrinazioni che avviene la sua conversione al socialismo.
Nel 1910 a Cesena ottiene la carica di segretario del partito Socialista. Nel 1911 è membro del consiglio nazionale del sindacato CGdL (Confederazione Generale del Lavoro), l’anno dopo gli viene affidata la direzione del periodico “Il Domani”, e viene nominato membro della direzione del partito Socialista Italiano. Eletto deputato nelle prime elezioni del novembre 1919 nella circoscrizione di Bologna, all’apertura dei lavori della Camera, quando Re Vittorio Emanuele III° rivolse, come tradizione, il saluto ai nuovi deputati, Nicolino si alzò in piedi e al gridò “Viva il socialismo”, abbandonò l’aula in pieno dileggio all’Autorità Monarchica. Si fece promotore del progetto dei Soviet in Italia e nell’estate del 1920 andò in Russia, membro della delegazione italiana alla 2° Internazionale Comunista dove ricevette il plauso di Lenin. Fondatore nell’autunno della frazione comunista insieme ad Antonio Gramsci, e Amadeo Bordiga, al XVII Congresso Nazionale del PSI (Livorno, 15-21 gennaio 1921) optò per la scissione, e fu uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia.
Bombacci rimase anche a capo del gruppo parlamentare comunista cui avevano aderito 17 dei 156 deputati del PSI. Rieletto deputato nel 1921, il 31 ottobre 1922 ritornò in Russia per i lavori del 4° congresso dell’Internazionale, tre giorni prima c’era stata in Italia la Marcia su Roma; nella capitale sovietica, Nicolino ebbe un alterco con il suo amico Lenin, il quale lo rimproverò con la seguente frase: “Compagni, in Italia c’era un solo socialista capace di guidare il popolo alla rivoluzione: Mussolini! Ebbene voi lo avete perduto…”. Nonostante gli ottimi rapporti con i compagni sovietici si trovò presto in difficoltà con quelli italiani, il punto di maggior distacco lo raggiunse quando teorizzò l’unione di due rivoluzioni, quella bolscevica e quella fascista, in un intervento alla Camera dei Deputati il 30 novembre 1923: rivolgendosi all’amico Mussolini ebbe a dire: “se avete come dite una mentalità rivoluzionaria non vi debbono essere per voi difficoltà per una definitiva alleanza tra i due Paesi”. A tale discorso Mussolini replica in maniera favorevole ed i due si trovano d’accordo per l’agire in politica estera, l’Italia Fascista sarebbe stata il primo paese europeo a riconoscere la Russia Comunista. Nel gennaio del 1924, Bombacci fu richiamato a Mosca, dove rappresentò la delegazione italiana ai funerali di Lenin.
Nel 1927 fu espulso dal Partito Comunista Italiano, tale decisione però, non fu vista di buon occhio dall’Internazionale. Chiuso col partito si rivolse a Benito Mussolini che gli trovò un impiego all’Istituto di Cinematografia Educativa della Società delle Nazioni il cui ufficio romano aveva sede in una palazzina di Villa Torlonia, la residenza della famiglia Mussolini, All’inizio del 1936, divenne direttore de “La Verità”. Dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso e la nascita della Repubblica Sociale Italiana Bombacci segui il Duce al nord divenendone una specie di consigliere personale. Rispolverò il suo operaismo, la sua oratoria nella propaganda e fu tra i promotori della “socializzazione delle imprese” (D.L. 375/1944) approvata dal consiglio dei ministri della RSI. Negli ultimi mesi di guerra non smise di propagandare la causa del Fascismo come unica vera rivoluzione e realizzazione del trionfo del lavoro.
Bombacci rimase al fianco di Mussolini fino all’ultimo momento quando i partigiani lo catturarono sulla via della Svizzera, nella stessa vettura del Duce. Sarà fucilato a Dongo assieme a Mussolini ed altri Fedelissimi del Regime. Racconta il partigiano Renato Codara: “Aveva un paio di pantaloni a righe e una giacca nera lunghissima, mi fissò un istante e mi disse, portando la mano destra al cuore: “Spara qui…Le sue ultime parole furono: “Viva il Socialismo!”. Lo stesso Grido lanciato contro Vittorio Emanuele III° 26 anni prima. Dopo essere stato esposto nel lugubre epilogo di Piazzale Loreto il cadavere di Nicola Bombacci fu sepolto nel campo 10 del cimitero milanese dei caduti dell’RSI di Musocco.
Chiudiamo con un “estratto” Rubato dalla pubblicazione della conferenza su Bombacci tenuta da Giuseppe Niccolai a Forlì, il 14 maggio 1988: “..che si debba recitare il de profundis tanto al Fascismo che all’antifascismo è una cosa che prima o poi doveva accadere. Fascismo e antifascismo rappresentano due isole culturali “eroiche” in un paese che di eroico non vuole avere più nulla. Perché considera l’eroismo pericoloso, sciocco retaggio del passato e soprattutto portatore di guai. Si sono sbriciolati i fiori sulle tombe delle camicie nere adolescenti che affrontavano a mani nude i carri armati inglesi nel Sahara. Si sbriciolano le lapidi dei ragazzi partigiani fucilati. Viviamo nel tempo opaco e confortevole del centrismo, delle buone intenzioni e dei buoni affari.“ il nemico oggi come allora resta il mondialismo capitalista, dateci una mano a continuare a Pensare (ed Agire) “Forte”.