Non è più tempo di eroi

 

Non è più tempo di eroi

Londra del 3 giugno 2017, tre uomini a bordo di un furgoncino Renault bianco noleggiato ad Harold Hill, hanno dapprima investito alcuni passanti che passeggiavano sul London Bridge per poi schiantarsi contro il Barrowboy and Banker Pub. I tre terroristi, usciti dalla vettura, hanno iniziato ad accoltellare i passanti. L’attentato causò 8 morti e 48 feriti, molti dei quali in gravi condizioni. La polizia diffonde un comunicato “Run, Hide, Tell”, cioè “corri, nasconditi e chiama”, un semplice cittadino, Roy Lerner, tifoso della squadra del Milwall, decide che non è il momento di fuggire, i terroristi indossavano (finte) cinture esplosive, sono scesi dal furgone urlando “lo facciamo per Allah”, mentre probabilmente non avevano mai neppure letto il Corano, Roy gli si scaglierà contro, da solo, disarmato, al grido “sono del Milwall”. Si beccherà numerose coltellate, che lo porteranno in ospedale.

Gli atti di eroismo non vengono mai fatti per un tornaconto, anzi chi si fa eroe ha la quasi certezza che sarà il suo ultimo gesto. Sicuramente Roy non si aspettava medaglie o legion d’onore, si potrebbe pensare che un gesto simile, che ha permesso a tanta gente di scappare in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine sia stato almeno riconosciuto dalle autorità come atto di eroismo. Invece no. Già un paio di giorni dopo l’attentato, una decina di persone riconducibili alla sinistra antagonista, armate di bastoni, si era recata presso l’ospedale in cui Roy soggiornava per aggredirlo. Il motivo? “razzismo”.Adesso le ferite fisiche si sono rimarginate, quelle morali sanguinano ancora, il governo di sua maestà ha ben pensato di omaggiare a dovere il suo coraggioso cittadino obbligandolo a seguire dei corsi sul controllo della rabbia e sul multiculturalismo, e sarà controllato regolarmente dalle autorità.

L’eroismo, anche solo la semplice rimembranza di valori virili, viene trattato come una malattia. In Italia nell’edizione online 2019 della prestigiosa Enciclopedia Treccani voluta da Giovanni Treccani e Giovanni Gentile spunta un nuovo neologismo  il “sovranismo psichico”, un’etichetta giornalistica come il sovranismo, nato per identificare forze politiche nazionaliste emerse con la crisi della globalizzazione, diventa una malattia mentale. Il sovranismo psichico, si legge, è un “atteggiamento mentale caratterizzato dalla difesa identitaria del proprio presunto spazio vitale”. Le fonti citate dall’enciclopedia sono il quotidiano Il Manifesto, un articolo del Fatto Quotidiano e, infine, Massimo Giannini di Repubblica, scrive Giannini nell’articolo citato “questo grumo ideologico di nazionalismo securitario e xenofobo seduce molti italiani, rinchiusi nei miti della Piccola Patria e nei riti del sovranismo psichico”. E ancora: “Non accettiamo la realtà del nostro futuro che sarà nella globalizzazione dei mercati e in una società multietnica e multirazziale?”

1990 L’Oms decide di togliere l’omosessualità dalle “malattie mentali”, giugno 2018 anche la transessualità è stata rimossa dalla categoria dei disordini mentali dell’International Classification of Diseases per essere inserita in un nuovo capitolo delle “condizioni di salute sessuale”. L’omofobia sarà presto inserita tra le patologie, cosi come il “sovranismo”, gli atti di eroismo saranno curati con psicofarmaci. Ezra Pound internato in manicomio dal (1945 al 1958) alla domanda: come si è trovato in manicomio? Rispondeva: piuttosto male. Ma in quale altro posto si poteva vivere in America?

Questa sarà la nostra fine, a meno che fare come il buon Roy tifoso del Milwall la società calcistica Londinese, con lo stemma del club rappresentato da un leone rampante, che come un leone si è messo a difendere la sua patria, la sua cultura i suoi concittadini, e come premio sarà trattato come un malato. Malata è questa società globalizzata, l’unica via per non soccombere come scrive l’amico Mario è porsi davanti agli avversari reali ed ideologici “faccia al sole, e in culo al mondo”.

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