Passaggio al bosco

Passaggio al bosco

1952 Ernst Junger scrive sul Der Waldgang  il Passaggio al Bosco, che sussurra l’eco di una ribellione interiore e di una resistenza spirituale al dominio della tecnica, e della finanza. Il Passaggio al bosco, oltre che spiritualmente, può essere vissuto anche materialmente, con risvolti fisici, sociali, ed economici. I risultati delle recenti elezioni amministrative a cui lascio ad altri più esperti una attenta analisi, ci mostrano una popolazione spaccata in due, votanti e non, vaccinati e non, etc., riproponendo un dualismo identificato nel nostro paese sin dai primi anni del secolo scorso,  i seguaci di Stracittà, movimento letterario che propugnava la sprovincializzazione della cultura italiana, con un occhio alla globalizzazione, al progresso, ed alla finanza, fondata nel 1926 da Massimo Bontempelli e Strapaese, movimento caratterizzato dallo spirito patriottico e dalla difesa e valorizzazione del territorio il cui obiettivo era la restaurazione di un’Italia rurale. In un precedente articolo, “Fedeli serviamo la terra..” ipotizzavo un piano B da realizzare nel caso della “fine della politica”, un passaggio al bosco, fatto di piccole comunità, sul modello della lega degli Artamani, nata in Germania nel 1926.

Un ritorno ad una vita ben più “Green”, delle battaglie tutte finanziarie della Greta di turno, e con una fortissima valenza rivoluzionaria. Sono molti, forse troppi gli amici che hanno riposto le armi, che vivono una vita quasi monastica. Altri seguono sentieri alternativi, ma animati dalla stessa visione, un mondo dove progresso ed economia siano al servizio dell’uomo e non viceversa, dove l’individuo valga per quello che è, e non per quello che ha. La finanza ha fagocitato il mondo intero, ma ogni tanto emergono fasce di resistenza. Di questi giorni la notizia pubblicata sull’ Huffingtonpost del progetto “HABERE” un folle esperimento di due giovani italiani Marco Amorosi e Raniero Bergamaschi, neolaureati in comunicazione per l’Impresa in Università Cattolica, scambiare beni senza mai ricorrere al denaro, ma solo attraverso l’antica pratica del baratto. Ispiratore dei 2 giovani, il blogger canadese Kyle MacDonald, che, partendo da una graffetta rossa in circa un anno dal luglio 2005 al luglio 2006 è arrivato ad essere proprietario di una fattoria a due piani a Kipling, nel Saskatchewan. I due giovani Italiani sono stati ancora più arditi, non sono partiti da una graffetta, che resta comunque un bene acquistato, ma da un semplice sasso raccolto in giardino: “Volevamo vedere dove saremmo arrivati partendo dallo scambio di un oggetto senza valore”. Dall’ottobre 2020, il sasso è diventato una moto, una Suzuki Katana del 1983, del valore di circa 4500 euro, in soli 6 passaggi. La morale della vicenda che comunque resta inserita in una visione del mondo ancora mercatistica, è che si parte dalle piccole cose per raggiungere quelle grandi, impossibili anche solo da immaginare. Nel 2008 Mark Boyle, inglese di 34 anni, laurea in economia e finanza, va oltre, stufo di lavorare ed indebitarsi decide di cambiar vita in modo radicale. E’ andato a vivere in una roulotte donatagli da un amico, parcheggiata in una fattoria del Somerset, si è cibato di frutta ed ortaggi del suo orto e animali da cortile. L’ultimo acquisto, prima di rinunciare per sempre all’uso del denaro, un pannello solare, che gli garantisce un minimo di energia elettrica. Dopo avere vissuto così per due anni, ha scritto un libro sulla sua esperienza “L’uomo senza soldi. Vivere facendo completamente a meno del denaro” editato in Italia da Ultra nel 2013, cosicché alla fine, dalla scelta di vivere senza soldi è riuscito perfino a guadagnare. “Quando rinunci ai soldi, rinunci a molto più dei soldi, cambi totalmente visione della vita, (..) all’inizio i miei familiari pensavano che fossi impazzito, ora si sono convinti che è una possibilità concreta e che può insegnarci qualcosa sul consumismo, e su quello è davvero importante.” Prossima tappa nella vita alternativa di Mark Boyle: un free wedding, un matrimonio senza soldi. La sua fidanzata si dice d’accordo.

Anche l’Italia ha il suo Mark Boyle, che vive sperduto fra le montagne del lago di Garda, si fa chiamare Moji, alle spalle una carriera professionale, una famiglia, un tumore, “passato al Bosco” da quasi 10 anni:  “Sono tra gli uomini più ricchi di Italia, perché io ho il Tempo, il tempo è l’unica cosa che non possono comprare, (..) io non sono disposto a vendere il mio tempo e quindi sono ricco (..) le cose più importanti nell’esistenza di un uomo sono: La Vita, L’Intelligenza, la salute, l’amore la libertà ed i sogni. In comune sai cosa hanno? Sono doni, o li hai ricevuti da qualcuno o non puoi averli, non puoi comprarli.” Per i fortunati detentori di questi doni il passaggio al Bosco, sarà indolore. Gli “altri”, rappresentati dal 45% degli elettori che è andato a votare per il partito unico liberista, erediteranno le città, a noi resteranno le campagne, i borghi le comunità di destino, dove rifocillarsi in attesa di tempi migliori. Il 5 luglio 1294, dopo ben 27 mesi dall’inizio del Conclave riunitosi per eleggere il nuovo pontefice dopo la morte di Papa Niccolò IV avvenuta il 4 aprile 1292, emerse come successore il nome di Pietro da Morrone, nato Pietro Angelerio, asceta ed eremita, dal 1239 viveva  in una caverna sopra Sulmona, successivamente si sposterà in un luogo ancora più inaccessibile sui monti della Maiella, in Abruzzo. Il potere costituito di allora, rappresentato dalla Chiesa, minato anche da una pandemia, (peste) capì che per uscire da una grave crisi spirituale, morale e sanitaria, v’era bisogno di una diversa visione del mondo. Pietro Angelerio divenne Celestino V, 192º Papa della Chiesa cattolica. Timidamente aspettiamo che il mondo abbia bisogno di noi, noi, a cui il domani appartiene come nella canzone della “Compagnia dell’anello”. Il Mondo aveva bisogno di Celestino V, lui dopo pochi mesi capì che non aveva bisogno del mondo, il suo pontificato durerà dal 29 agosto al 13 dicembre 1294, mese in cui, come farà Benedetto XVI settecento anni dopo, rinunciò al ministero Petrino. Più che “Il domani appartiene a noi”, della Compagnia, mi risuona in testa il brano “come Mai”, dei Sottofasciasemplice: “non c’è un punto di ritorno in questa tua maledizione / non c’è un punto di raccordo e non c’è una soluzione / questa volta non finisce, non arrivano gli inglesi / non c’è più una bomba atomica da tirare ai Giapponesi, / è la fine del tuo mondo, ma noi non ci saremo /e la tua triste storia falsa nemmeno la vedremo!”

Immagine: https://www.geomagazine.it/

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