Pax no?

 

 

Pax no?

Britney Yvette Griner, cestista americana detenuta in Russia con l’imputazione di spaccio di stupefacenti, potrebbe essere l’unico argomento di dialogo Biden-Putin nel G20 del 30/31 ottobre a Bali, in proposito sleepy Jo ha dichiarato: “ Se (Putin) venisse da me al G20 e mi dicesse di voler parlare di Griner lo incontrerei. Dipende. Non ho intenzione di negoziare e nessuno è pronto a farlo, con la Russia sull’Ucraina, sul mantenimento di parte dell’Ucraina”. Succo del discorso nessuna apertura a un negoziato, l’orso deve battere in ritirata, codino tra le gambe, entro i confini pre 2014 (occupazione della Crimea), full stop.

Ci si interroga ipocritamente in Occidente sul perché la diplomazia non sia riuscita a imbastire uno straccio d’abito per la pace, lasciando la mediazione a Recep Erdogan con un piede nella NATO e l’altro su Turkish Stream e hub gas Russia-Turchia, la risposta è nelle parole del Presidente U.S.A. con quel “nessuno è pronto a farlo”, cioè l’Alleanza atlantica è compatta nel sostegno militare-economico a Zelenskij per scacciare l’armata russa dai territori ucraini disegnati nel ‘91, proclamazione dell’Ucraina a Stato indipendente dall’ex U.R.S.S..

L’UE anzi innalza l’asticella delle sanzioni al Cremlino, fornisce armi e addestramento all’esercito ucraino, si ripropone di aumentare la sua capacità di risposta ai rocket attacks (attacchi missilistici), s’incarta sulla fly zone (sì, no, boh), chiama a raccolta l’Islam contro Putin, ma al contempo incassa sulla fronte il boomerang delle sanzioni, si muove in ordine sparso perseguendo interessi super nazionalisti, tace sul sabotaggio dei gasdotti nord stream 1 e 2 perché aleggia forte il sospetto sugli americani.

D’altro canto è vero che impostare un dialogo di pace con chi ha invaso un Paese, colpito obiettivi civili con stragi di innocenti, scavato fosse comuni, torturato prigionieri, promosso referendum farsa per annettersi territori, è difficile, ma proprio adesso, con gli inattesi schiaffi sul campo di battaglia presi dall’armata russa, s’è aperto uno spiraglio, un pertugio anche per salvare faccia e poteri interni, un amo al dialogo è stato lanciato, a quali condizioni? E’ lì il telaio per costruire un ordito ma nessun tessitore vuole o non è in grado di mettersi al lavoro, un osservatore di pietra l’ONU, velleitario Macron, inascoltato il Papa argentino, sui licci pochissimi fili di colori diversi, ma non è questo il compito alto della diplomazia se non tessere maglie con le fibre a disposizione?

La rigidità dell’UE, cuscinetto molliccio tra U.S.A. e Oriente, è segno tangibile d’assenza di autonomia in politica estera, l’Europa non ha autorevolezza né leader politici all’altezza, insegue il tragicomico Zelenskij, punta le fishes di negoziato sulla Turchia, spera in un disallineamento di Cina e India dalla Russia, infilza spilli sull’immagine di Putin col rito vudù, ma non sa, non vuole o non può essere protagonista di un concreto dialogo di pace componendo le ragioni, anche storiche, dei contendenti, avviando, con saggio realismo, una soluzione condivisa allo stop war.

Se si persegue con fermezza l’obiettivo pace (non quello peloso degli italici arcobaleno) ogni asola va colta, fermo restando che deporre le armi e aprire un negoziato impone compromessi (lo dice la parola stessa) tra i duellanti, cioè rinunce d’ambo i lati per una pace possibile, rottamando l’idea perseguita, fin’ora, di umiliazione del Cremlino perché, costretto spalle al muro, dalla stanza dei bottoni, potremmo udire il grido biblico:“muoia Sansone con tutti i Filistei”, l’Apocalisse nucleare, cui lo zio Sam si sta preparando dimentico di Hiroshima e Nagasaki.

Certo se la pace di Zelenskij è la resa incondizionata di Putin, se la pace di Biden è fomentare e foraggiare questo progetto ricacciando la Russia nell’armadio per ribadire il ruolo geopolitico degli U.S.A. unica leadership del mondo, ammonendo anche alla Cina sparviero minaccioso su Taiwan, beh allora le spade continueranno a colpire con esiti devastanti e assai imprevedibili su un lago sempre più vasto di sangue e macerie, boccone prelibato, quest’ultimo, per gli avvoltoi della ricostruzione.

E cito a proposito un aforisma di Ezra Pound: “Le guerre si fanno per creare debiti. La guerra è il sabotaggio massimo, il sabotaggio più atroce”.

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