Person of interest

 

Person of interest

“La realtà supera la fantasia”, una frase di cui non si conosce la giusta attribuzione, secondo Pirandello, la realtà supererebbe di gran lungo la fantasia perché: “la realtà, a differenza della fantasia, non si preoccupa di essere verosimile”. Ma a volte il confine tra finzione e mondo reale sembra difficile da stabilire. Nel mio pezzo della settimana scorsa ho tracciato un parallelismo fra alcuni fatti odierni e il film del 1976 “La Fuga di Logan”. Film forse troppo datato per risultare familiare ai più, in questa settimana, sono venuto a conoscenza di alcuni fatti, che aggiornano il parallelismo con un prodotto di fiction più moderno, una serie Tv, trasmessa dalla CBS dal 2011 al 2016 per la durata di 5 stagioni, andata in onda nel nostro paese su “Premium Crime” dal 27 aprile 2012, all’11 dicembre 2016 e attualmente ritrasmessa dalla piattaforma Sky. “Person of interest”, letteralmente persona di interesse, una serie televisiva statunitense di genere distopico che narra le gesta di un gruppo di vigilanti, all’inizio coadiuvati da un’intelligenza artificiale, successivamente ostacolati dalla stessa divenuta senziente,  impegnati a sventare reati e cospirazioni perpetrati da delinquenti comuni e potenti organizzazioni criminali. La serie, è prodotta dalla Warner Bros Television, è basato su un soggetto di Jonathan Nolan, fratello del regista cinematografico Christopher Nolan.

In seguito agli attentati dell’11 settembre 2001, il genio dell’informatica Harold Finch ha costruito per un apposito progetto governativo chiamato Northern Light “La Macchina”, un’intelligenza artificiale in grado di osservare (illegalmente) una mole enorme di dati raccolti in tutto il globo dagli impianti di sorveglianza pubblici e privati, e tramite analisi, prevedere eventi criminali definiti “rilevanti” (ovvero gli attacchi alla sicurezza nazionale), consentendo quindi alle autorità di poterli sventare. La creazione di Finch, inoltre, può predire anche reati comuni, ritenuti “irrilevanti” e quindi trascurabili dalle istituzioni. Finch coadiuvato  da un ex ufficiale delle forze speciali dell’esercito, utilizzando una backdoor della Macchina inizierà ad occuparsi anche di casi “Irrilevanti”.

Al di là delle trame e sotto trame, la serie ci mostra una società completamente spiata da un “Grande Fratello. Abbiamo già parlato in un precedente articolo dei dispositivi tipo Alexa o Google Home, che acquistiamo per farci spiare, ma andiamo oltre, nel 2021, un servizio mandato in onda su Striscia la Notizia ha creato non poco scalpore tra la popolazione e gli utenti di smartphone. I nostri telefoni ascolterebbero quello che diciamo per inviarci pubblicità all’interno di applicazioni e social network. Sarà capitato a tutti di parlare di ferie, e trovarsi miracolosamente su FB o altri social promozioni di Costa Crociere, o smadonnare per la rottura della lavatrice e trovarsi fra le mail di Ebay o Amazon promozioni degli ultimi modelli. Dopo la segnalazione di “Striscia”, Il garante della privacy ha deciso di intervenire per comprendere meglio la situazione, attribuendone le colpe agli utenti. Il fenomeno sarebbe causato dalle app che installiamo sui nostri smartphone. Spesso, quando ci viene richiesto di accettare le autorizzazioni richieste, lo si fa con estrema superficialità senza sapere che tra queste può esserci anche il microfono. In questo modo lo smartphone sarà in grado di ascoltare le conversazioni del proprietario, discorsi che vengono poi trasformati in pubblicità e offerte d’acquisto. Personalmente ritengo che da denunciare oltre alle società della Silicon Valley detentrici dei brevetti sarebbe proprio il garante della privacy, se non per connivenza, almeno per manifesta incapacità“, visto che si è mosso solo dopo la segnalazione di una trasmissione tv.

23 dicembre 2022, fa notizia il caso di alcune foto intime di una donna seduta sulla tazza del WC con le mutandine abbassate, non si tratterebbe di “revenge porn” anche perché le immagini risultano scattate dal pavimento. Nello specifico dopo un’accurata indagine le immagini risultano scattate da un robot aspirapolvere, un “iRobot Roomba”, dotato di videocamera gestita da un’intelligenza artificiale, venduto in tutto il mondo in milioni di esemplari. Secondo quanto riportato da “Il Corriere della Sera”, la vicenda sarebbe stata ricostruita dal “Mit Technology Review”, rivista di informazione e approfondimenti sulla tecnologia del “Massachusetts Institute of Technology”, che rivelava potenziali rischi sulla privacy di centinaia di piccoli elettrodomestici. Il robot aspirapolvere ci incrocia e fotografa nudi o vestiti, in eleganti pose o accomodati in bagno, accumulando milioni immagini delle nostre abitazioni fornendo dati alle “I.A.”  per fornire a funzionari d’ogni genere la sentenza automatizzata capace di decidere una promozione, o il nostro destino. 

Negli ultimi mesi, “Pegasus Project” un progetto di Amnesty International nato dalla collaborazione tra oltre 80 giornalisti di 17 mezzi d’informazione di 10 paesi, ha analizzato alcuni telefoni cellulari per identificare tracce dell’omonimo spyware dell’azienda israeliana NSO Group, che quando s’installa subdolamente sul telefono consente di accedere ai messaggi, ai contenuti media, alle mail, al microfono, alla telecamera, alle chiamate e ai contatti.

Secondo Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International, l’indagine che ha riguardato 50.000 utenze telefoniche oggetto di potenziale sorveglianza, tra cui quelle di capi di stato, attivisti, e giornalisti, lo spyware “Pegasus” sarebbe usato da vari governi, fra cui quelli saudita, israeliano e statunitense come arma per ridurre al silenzio i giornalisti, attaccare gli attivisti e stroncare il dissenso. Ricostruzione smentita dal NSO Group secondo cui il proprio programma sarebbe usato, solo per indagare legalmente su criminalità e terrorismo.

“E’ evidente che la tecnologia di “NSO Group (…) facilita sistematiche violazioni dei diritti umani (…) Afferma di agire legalmente, mentre in realtà fa profitti attraverso tali violazioni (…) le attività evidenziano la complessiva mancanza di regolamentazione (…) Fino a quando le aziende del settore non riusciranno a dimostrare che rispettano i diritti umani, occorre un’immediata moratoria sull’esportazione, sulla vendita, sul trasferimento e sull’uso di tecnologia di sorveglianza”, ha sottolineato Callamard. Alcuni partner giornalistici del “Pegasus Project”, tra i quali The Guardian, Le Monde e Washington Post, hanno pubblicato una serie di articoli su leader mondiali, esponenti politici, e attivisti individuati come potenziali vittime dello spyware, fra cui il giornalista saudita Jamal Khashoggi, preso di mira da Pegasus prima del proprio omicidio il 2 ottobre 2018, ad Istanbul, o il giornalista Messicano, Cecilio Pineda, infettato da Pegasus poche settimane prima del suo assassinio del marzo del 2017.

Secondo una serie di articoli pubblicati sul giornale economico israeliano Calcalist a firma di Tomer Ganon lo spyware sarebbe usato dalla polizia israeliana e dallo Shin Bet (i servizi segreti interni) non solo, contro obiettivi palestinesi e altri presunti nemici del paese, ma anche per sorvegliare i propri cittadini. Il governo utilizzerebbe Pegasus per hackerare i telefoni di personaggi pubblici, inclusi giornalisti, dipendenti del governo e collaboratori del primo ministro Netanyahu.  Finora gli israeliani non se ne erano troppo curati, visto che lo stesso Netanyahu, aveva usato la cosiddetta “Pegasus Diplomacy” per migliorare tramite ricatti, i rapporti con vari leader mondiali, come l’ex presidente brasiliano Bolsonaro, o il principe Saudita Mohammed Bin Salman, accusato di essere coinvolto oltre che con l’omicidio di Jamal Khashoggi, disciolto nell’acido dai suoi uomini della sicurezza,  nello spionaggio che ha portato al divorzio del fondatore e presidente di Amazon, Jeff Bezos,  il cui telefono era stato hackerato grazie a Pegasus a partire da alcuni messaggi WhatsApp che aveva scambiato con lui. Ma da Israele parte una nuova fase, da oggi non sarà più necessario conoscere eventi privati e/o compromettenti per poter muovere i fili della politica e dell’economia internazionale, infatti il nuovo software Toka progettato a Tel Aviv, sarebbe in grado, oltre che ad accedere a tutte le telecamere a circuito chiuso, di modificare le immagini riprese in tempo reale e, addirittura, alterare le registrazioni del passato pescandole dall’archivio. E senza lasciare, potenzialmente, alcuna traccia digitale. Secondo Haaretz, il quotidiano israeliano che per primo ha pubblicato la notizia, poi ripresa da Dagospia, tra i clienti ci sarebbero organizzazioni per la sicurezza nazionale e le agenzie di intelligence degli Stati Uniti e i loro più stretti alleati, e vengono citati Israele, Australia e Singapore. Spulciando le pagine del sito internet, tuttavia, sembra che la start up abbia legami anche con Ucraina, Germania, Francia, Regno Unito, e pure l’Italia, rendendo le polemiche dell’attuale guardasigilli Carlo Nordio sulle “intercettazioni”, una battaglia di retroguardia. Tutta l’area a nord di Tel Aviv si è tramutata in una sorta di Silicon Valley per le start up della sicurezza, ove si realizza la tecnologia più avanzata per le agenzie d’intelligence di mezzo mondo.

Il software “Toka”, è stato rilasciato dall’ex premier d’Israele Ehud Barak e dall’ex capo della divisione cibernetica dell’esercito israeliano, Yaron Rosen. Le principali funzionalità si basano sull’intromissione in qualsiasi circuito di sorveglianza video. Basta selezionare un’area geografica di interesse per penetrare il sistema cctv di un palazzo istituzionale, di un hotel e di abitazioni private. Il software funzionerebbe anche con le webcam e le telecamere dei cellulari. Una volta entrati nel sistema, è possibile vedere in diretta cosa viene ripreso dalle videocamere, ma anche mostrare ai titolari del sistema di videosorveglianza ciò che si vuole. Ora, al di là delle questioni legate alla privacy, che, in questo caso, sono il problema minimo, è evidente che tale software possa essere adoperato per costruire artificiosamente fake news e prove giudiziarie atte ad incolpare di qualunque cosa eventuali oppositori. “La Macchina” creata da Harold Finch per la fiction “Person of Interest”, divenuta senziente con nome di “Samaritan”, distrugge famiglie, vite e carriere, arrivano ad uccidere direttamente tramite l’accesso alle macchine… Fantascienza? Credo che l’epigrafe di Pirandello in testa all’articolo fornisca da sola la risposta.

 

Immagine: https://www.agendadigitale.eu/

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