Politica della Noia


 

Politica della noia

Arrivano le ondate elettorali, amministrative il 3-4 ottobre, ballottaggio il 17-18, a febbraio il nuovo (o vecchio) Presidente della Repubblica, poi ballano due referendum possibili, uno sulla giustizia l’altro sull’eutanasia (il suicidio “assistito”), infine arriveranno le fatidiche Idi di marzo del 2023, elezioni politiche di un Parlamento dimagrito.
Già la prima onda potrebbe trasformarsi in maroso, di quelli che s’infrangono violenti sulle scogliere rovesciando i gozzi (tremano i conti grillini), fra un mese lo sapremo, frattanto fioccano quotidiani sondaggi prezzolati, i post-partiti accendono-spengono le frecce di sorpasso, alcuni tengono le luci di posizione, stand by, campagna elettorale senza tie brak, gli “ammucchiati” scazzottano da vignetta di fumetti, toghe in agguato sul brodino Cartabia, pende la spada d’un autunno bollente, volano come rondini milioni di cartelle del Fisco disumano, mentre il suono della campanella induce gli showmen covid al funesto presagio di un’ ulteriore ondata pandemica.

In teoria si dovrebbero votare i programmi, in realtà da sempre si votava per ideologia o interesse di lobby, comunque il mainstream regnante è di sinistra, il dissenso terrorismo, la democrazia vera? Populismo, la Cina è vicina? No è già qui. Gli schieramenti in campo sfileranno sui media, bucheranno i teleschermi, twitteranno sui social, blablismo nei salotti, a domande scontate risposte scontate, minima et immoralia, addio per sempre alla vecchia colla dei manifesti, ai camioncini arredati a rostri, megafoni e bandiere, vietato ogni assembramento, zio COVID ti guarda!

I temi bollenti sono vax, no-vax, green pass, no green pass, obbligo vaccino o no, cercando il color nero dei disobbedienti perché c’è l’antifascismo unico coagulante d’ un latte di capre, affondato Durigon, ora tocca a Salvini, Meloni, sparando a zero contro le foibe, il no all’obbligo green pass, le dimissioni Lamorgese, il blocco della tratta di schiavi, il no allo ius soli, l’alt al Ddl Zan, ecc.

Siamo stati in Afghanistan? Nessuno lo ricorda, i profughi? Servirà un G20, se ne discuterà tra foto di rito, sorrisetti ebeti, acqua di Fiuggi per espellere i calcoli dalla bile.
Capitan Fracassa da Milano getta guanti di sfida ma nei duelli col duca di Vallombrosa, mascherato da drago, perde e calano i consensi dando corpo al vecchio detto contadino “can che abbaia non morde”, la bella Isabella-Italia l’aspetta sull’altare indispettita ma il barone-attore ha perso la vera da infilarle al dito, la cerca ansioso dalla Brianza fino alla Sila.

“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” diceva Tancredi Falconieri a suo zio il principe di Salina, l’establishement dei nostri gattopardi, cambia nomi, presidenti del Consiglio rigorosamente non eletti (un tema da barricate in democrazia) ma la rotta degli ufficiali di bordo è sempre la stessa, guai deviare anche d’ un solo grado, è ammutinamento.

Certo nell’anno che verrà a 75 anni d’età per l’uomo della Provvidenza, invocato da tutti meno la fratellanza tricolore, passerà il treno con fermata Quirinale, prendere o lasciare con rimpianto, ma per salire occorre la spinta da sinistra, dal centro, possibilmente anche da Alberto da Giussano, perciò il mucchio salva Italia serve coeso e obbediente gli strappi vanno ricuciti, in fondo son menate elettorali, però attenzione sull’upper class c’è già un signore tentato a continuare il viaggio.

Il tempo ossida uomini, temi, proclami, argomentazioni, apre le porte al nemico più insidioso, la noia, la stessa che da anni lentamente ha divaricato la forbice tra potere politico e Paese reale, l’Italia vince medaglie nello sport (eccezionali le paraolimpiadi), spinge all’insù l’asticella del PIL, rialza la testa scrollandosi di dosso i mille lacci e laccioli della politica inetta, lenone con mille e mille mangiatoie di parassiti voraci, fankazzisti sculettanti per e sulle poltrone.

E’ molto probabile che nel 2023 vincerà proprio il partito della noia, dell’inutile è votare, sapendo che una volta nel Palazzo i biechi cortigiani cercheranno inciuci non più nei bruni corridoi ma in era digitale con cellulari, twit, SMS, d’altronde si va verso la digital-transizione…democratica.

Per nostra fortuna su monti e colline verdeggiano da nord a sud (salvo incendi) boschi rigogliosi, l’Italia vera, gagliarda, quella che resiste, pare abbia fatto proprio l’invito di Ernst Jünger nel Trattato del ribelle, artigiani, operai, studenti, piccoli imprenditori hanno sposato la scelta dell’ anarca passando al bosco, cercano tra rovi e sterpaglie nuovi sentieri per la transumanza umana verso le vette. Questa ribellione operosa è già in atto contro la lagna disfattista o il servaggio di massa e par d’udire in coro “tutto il resto è noia, maledetta noia”. Ciao ribelle Califano.

 

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