Prometeo prigioniero

 

Prometeo prigioniero

Prometeo è incatenato alle mura domestiche, vola sbattendo le ali come un uccello chiuso in casa, senza il suo cielo, appollaiato sul divano mangia pop corn ingoiando overdose di talk show terroristici, i condor dello share con l’alibi dell’informazione sull’ospite invisibile, lui che se ne sta ben nascosto chissà dove, in agguato degli impotenti-supponenti appesi agli “scienziati” dalla maschera a becco, opinionisti, colonnelli su vilpelle mentre le truppe combattono a Maratona. Le armi non ci sono per aggredire a viso aperto il “cinese” volante, perciò l’unica strategia è la trincea nelle pareti domestiche, il gesto di Pilato, il gomito sulla bocca e metro in mano misurare la distanza (quale la misura? Un metro, 1 e ½, 1.80, boh!), vietato far l’amore e figli, d’altronde gli dei si sono ritirati sugli spalti lasciando l’eroe ribelle legato al palo a rimestare in solitudine i pensieri di vetro.

Forse ridono a crepapelle per la fragilità dell’uomo ladruncolo del fuoco, della techne affrancatrice dall’Olimpo, eccolo là che si dimena terrorizzato bussando alle porte della diva scienza, della tecnica, della politica perché gli diano in fretta una lima per segare le catene tornando libero di grugnire nella mangiatoia cibandosi sì di avanzi ma ingrassando con appagato orgoglio.

L’Italia s’è infilata nella gabbietta rossa, i numeri freddi dei corona-positivi schizzano in alto come lo spread (l’usura ucciderà più del COVID-19), i morti sono all’8% altro che influenza professoroni, però, tirate un sospiro di sollievo adulti,  giovinetti/e, sono quasi tutti anziani con patologie pregresse, per lo più maschi, il virus gli ha dato solo  il calcio in culo per la fossa senza funerali, insomma quasi una buona notizia perché la falce taglia l’erba secca, a guerra finita forse non saremo più un Paese di vecchi.

Certo diminuiranno ancora le ombre dei fedeli nelle chiese, l’ascolto di omelie reprimende rivolte a chi da una vita intera si inginocchia, prega, accende le candele, i riti son sospesi, anche il tempo sacro è vietato, niente messe, sacramenti, si può entrare guardinghi, di soppiatto in chiesa rispettando il decalogo di Moses Conte, com’è lontano fra’ Cristoforo, anche al buon Dio è richiesta la mascherina col rispetto dei decreti a prescindere dal credo.

Mentre i sacerdoti del potere illuminato vagolano al buio andando a tentoni non capendo se avanzano o stanno arretrando, intanto culano le poltrone dell’informazione, mentre il silenzio delle strade è la metafisica da virus non di De Chirico, i veri santi in tenuta marziana sfrecciano nelle corsie, curano, assistono senza arrendersi mai, a loro un giornaliero grazie dai farisei, razza di ipocriti mascherati ora da riconoscenti, dimentichi delle ghigliottine sulla sanità. Sono in tanti quei santi senza aureole, ma pochi per combattere la guerra e pure, more solito, male equipaggiati, lavorano 20 ore fino ad accasciarsi, sono la cavalleria della vittoriosa carica di Isbuscenskij lancia in resta contro il nemico, nei triage, negli ospedali, nei parcheggi per anziani delle case di riposo, sono loro, nel caos, a trasmetterci certezze non verbose speranze.

Diceva un vecchietto ribelle intervistato per strada: “non so se sia meglio morire di coronavirus o di fame”, già perché l’aquila della speculazione sta già beccando il fegato di Prometeo ferito, peggio molto peggio del 2008, lo tsunami delle borse brucia miliardi, l’Europa dei tedeschi farà la parte del leone nello spolpare risorse, che ne sarà dei nostri risparmi, del credito alle imprese, del PIL, del debito pubblico quando le bocce torneranno ferme? Bah! Ci penseremo quando la scena su questo dramma sarà chiusa, adesso sguainiamo tutti la Durlindana restandocene a casa e chi potendo non lo fa è proprio vero è un infame untore.

Giustissimo “io resto a casa” ma a far cosa, la protesi del cellulare moltiplica le connessioni, i PC permettono il lavoro domestico, di seguire le lezioni sospese, poi ci sono mamma TV e nonna Radio accese, insomma non si rischia il silenzio claustrale, la corazza di mattoni ci protegge, la tecnica ci aiuta a non sentirci prometei di cristallo, un guitto suggerisce poi di giocare a Monopoli.

Però è pur vero che le case hanno cambiato numero di abitanti, la grande famiglia con tre generazioni è quasi estinta, domina lo status single come l’ultima giraffa bianca, poi tra unioni civili, convivenze, divorziati, tribù allargate, non ci si capisce un ca…, moglie, marito e un figlio sono archeologia di stato, difficile allora contemplare il silenzio della casa, il romanzo che ciascuno vi ha scritto, quel muto parlare per chi percepisce il suo spirito nelle penombre, nei muri abrasi, nei magici specchi, nei ritratti inquietanti, nella polvere sui libri e nell’odore, sì perché ogni casa ce n’ ha uno, inconfondibile come il profumo di donna.

Oggi restiamo in casa ma senza i Lari, spiriti buoni di antenati protettori della famiglia per ogni sua necessità o impresa. Sono stati sfrattati via dal focolare da troppo tempo ma chissà che restandocene in casa non tornino a combattere con noi questa battaglia da inviati divini, osservo la luce di Dio negli occhi di mia nipote e credo che un angelo ci scioglierà dalle catene.

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