Questione di buongusto

 

Questione di buongusto

Nel libro suo postumo era stato Giano Accame a riportare, da un diario partigiano, l’episodio del franco tiratore, consegnatoci alla storia anonimo, che a Torino viene fucilato e che va ‘a cercar la bella morte’ aggiustandosi la giacca con cui concludevo il precedente articolo sui ‘vincitori e vinti’. A cercar la bella morte è il titolo del libro di Carlo Mazzantini che lo rese noto al grande pubblico, edito fuori da quel circuito minimale e atomico ove erano relegate sia le testimonianze di coloro che avevano scelto ‘la parte sbagliata’ e sia, va da sé, i loro autori. Di coloro che erano andati in Repubblica e per l’Onore d’Italia dopo l’ignominia della fuga del re l’8 di settembre e per fedeltà verso il Duce liberato – forse suo malgrado – dalla prigionia sul Gran Sasso e per quel Fascismo ‘immenso e rosso’, pur nella tragedia certa e imminente, che ci si illudeva di poter alfine costruire oltre le categorie di destra e di sinistra. Così ebbe la medesima eco, anni dopo, La memoria bruciata di Mario Castellacci. Quest’ultimo, già conosciuto al tempo de Il Bagaglino, fu il primo ‘repubblichino’ a varcare le soglie di un liceo romano e raccontare ai miei alunni le sue vicende e, stando ad Orvieto scuola Allievi Ufficiali della G.N.R., come gli era nato il testo di quella Canzone strafottente più nota con i versi d’esordio ‘le donne non ci vogliono più bene…’.             

 L’estetica della morte che diviene etica e viceversa… Una estetica ove il bello sposa l’irriverenza la sfida la fierezza e la speranza (in piedi tra le rovine e, se il corpo viene straziato, l’Idea permane e si tramanda tramite l’esempio estremo. È speranza che trascende la carne – più forte e mai debole – e, se non s’illude di coabitare tra stelle o il candore di qualche nuvoletta, certo rende il nostro corpo fonte di luce, accanto al brulicare di vermi e, infine, ad un pugnetto di ossa). E un’etica priva del ‘bel gesto’ di colpo orgoglioso di reni – l’elsa della spada brandita a maggior gloria di un dio e di se medesimo – si risolve in grigia lamentazione, adunco il dito accusatorio, lume tremulo di candela e odore stantio di incenso.                                                                            

Vincitori e vinti. Al di là e al di sopra. (Se saprai trattare alla stessa stregua la vittoria e la disfatta, entrambi impostori, come si rivolgeva R.Kipling al figlio, se) … Schierarsi dall’una o dall’altra sponda finisce – a ben guardare – essere questione di buongusto.                                                          

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