Re-incanto della Tradizione

 

Re-incanto della Tradizione

Gli anniversari attingono nel calamaio della tristezza inchiostro di nobile malinconia, ei fu, idillio con persone, fatti che non di rado mescolano nostalgia col rimpianto di non aver calcato il palcoscenico almeno da “spalle” o controfigure, tant’è siamo greggi di cainiti, coccodrilli lacrimosi nella difficile digestione di noi stessi. I nostri TG affetti da stipsi democratica, quanto da diabete   per glucosio dem global system, hanno aperto uno spiraglio nei loro tediosi palinsesti, una piccola cannula d’ossigeno al movimento conservatore tradizionalista anglosassone, ricordando la scomparsa di un arco rampante di quel gotico edificio, Sir Roger Vernon Scruton, spentosi per cancro un anno or sono il 12 gennaio del 2020, fece appena in tempo a non prendersi il virus cinese.

E’ stato il più influente filosofo contemporaneo nell’ingegneria strutturale del Tory Party, il Partito tanto odiato dall’UE per la Brexit  at any cost dello spettinato Boris Johnson, fu uno dei maggiori pensatori del nostro tempo vuoto, un “intellettuale” controverso con orizzonti vasti, dall’estetica alla musica (pianista e compositore), dall’arte alla filosofia politica, all’insegnamento accademico,“re-enchanting the worl” (reincantando il mondo) con l’archè della bellezza ritrovata luccicante nel baule dove l’occidente omicida l’aveva tumulata.

Che splendido verbo, re-in-can-ta-re sillabiamolo per gustarne il contenuto, noi disincantati dinanzi al male coniugato con la bruttezza ovunquista, la fatuità dei rapporti interpersonali, il nihilismo religioso e politico, beh possiamo re-incantarci restaurando l’idea della bellezza universale, sepolta dal relativismo egocentrico del giudizio sciocco.  Bellezza è al contrario una via positiva verso la verità (S. Tommaso d’Aquino) soffocata dai rovi del funzionalismo dissacrante, appetito sbavoso di una tecnica bulimica, onnicomprensiva, totalitaria (Heidegger).

A noi qui, oggi, testardi scalatori di stelle, importa riprendere la strada tortuosa arrampicata fin sopra la collina, di là lo sguardo assorbe l’infinito, non è una siepe a fingerci il passato, il presente sabbia sfuggente eppure corda tesa al futuro, lassù possiamo rileggere Platone, S. Tommaso. Il Kant della ragione e del giudizio estetico, Edmund Burke o quell’utopista di W. Morris, riscoprendo verità immortali impresse nella nostra natura creata, quel dono gratuito che accompagna, fedele amico, il nostro viaggio. Da lì dobbiamo (non basta possiamo) reinventare adesso una rivoluzione conservatrice non più procrastinabile, contro il pensiero unico in armi, diffuso, difeso dai guardiani del nuovo ordine, i social (il caso Trump imbavagliato testimonia e allunga le ombre sulle “democratiche” elezioni U.S.A.).

E’ lapalissiano il crollo di ogni valore della tradizione, Patria, famiglia naturale, comunità (ora solo virtuale), fede religiosa di padri e madri (numerati gender 1 e 2!) e non fa notizia riaffermare la loro continua dissacrazione o commentare nuovi crolli dei fondamenti d’una civiltà, anzi è una lagna ipocrita, notizia messianica sarebbe invece se il ”folle” recandosi al mercato urlasse agli astanti “Dio è vivo “, “la bellezza che credevate morta  è risorta, eccola, è tornata ad abitare con noi”.

Sir Scruton ci picchia sulla spalla mentre siamo in fila indiana camminando rassegnati verso il baratro del nulla, non è un destino ineludibile, ci dice, è possibile vaccinarsi con l’immenso patrimonio culturale e naturale sedimentatosi nei secoli, quel che, senza esoterismi, chiamiamo normalmente Tradizione. Non una flebo di passato nelle vene, sarebbe aria, sentimentalismo, ma un testimone da prendere in corsa nella staffetta delle generazioni e portare avanti con le nostre gambe diverse da quelle dei padri ma innervate in virtù, nobili valori, usi, costumi che ci fanno esistere nella nostra unicità di io, comunità, popolo, Nazione. Dobbiamo riconoscerci conoscendo le tradizioni, facendo leva sul naturale senso comune di identità del sé in simbiosi con famiglia, popolo, Patria e Dio, perché come asseriva T. Eliot in Tradizione e talento individuale l’unica autentica originalità è avere la coscienza di appartenere alla propria tradizione, che ciascuno rivive nel suo tempo, e in questo riconoscersi/la attualizzandola ciascuno è un artista.

Centrale a questa ri-scoperta del noi nella sua interezza è il risveglio nell’aura della bellezza, il suo recupero sostanziale anche nella quotidianità, nelle piccole cose, là dove la ragionevolezza non ceda campo allo scientismo neopositivista. Su questo tema, la bellezza,  R. Scruton aveva pubblicato nel 2011 il suo ultimo saggio La Bellezza, Ragione ed esperienza estetica, due anni prima aveva affascinato gli uditori con la relazione La Bellezza e il sacro al Convegno Internazionale della CEI. Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto, intervento nella seconda sessione, Il Dio della cultura e della bellezza, 11 dicembre 2009.

Scrive in apertura:“…nel creare bellezza l’artista rende gloria alla creazione di Dio. E la bellezza redime ciò che tocca, mostrando come i dolori e le traversie della vita umana siano…non indegni”.

Chiude con un drammatico dilemma: “E’…il sentiero ingombro che i primi modernisti hanno ripulito per noi,…la via positiva della bellezza. ..Perché,allora, così tanti artisti, si rifiutano oggi di camminare lungo quel sentiero? Forse perché sanno che esso conduce a Dio”.

Ma solo gli artisti dissacrano volutamente la bellezza? No, la nostra Cristina Campo aveva colto la dissacrazione anche nella liturgia, nella parola, nell’amore strizzato a coito , la bellezza è il piccolo fiore che inaspettato sboccia tra le macerie, pare un miracolo ma è la Natura naturans  che conserva intatto nei secoli il suo tradizionale creare.

Sembra non ci sia permesso in questo tempo di resistere al male nel chiuso delle nostre stanze ma  è dovere attaccare il presente armati della Tradizione genuina della quale ci riconosciamo figli e poi genitori delle generazioni future.

Torna in alto