Fedele all’annuncio dei primi versi, ‘a è quasi sigùr che chista – a è la me ultima poesia par furlàn’, non ne scriverà altri e, del resto, l’anno successivo verrà trovato morto il 2 novembre del ’75 sul litorale di Ostia. Pier Paolo Pasolini. In Ritratti in piedi, che risale al 2001, gli ho dedicato un breve capitolo. Ne tracciai, poi, alcuni ricordi e annotazioni ad Adalberto Baldoni nel libro che stava scrivendo, insieme a Gianni Borgna, La lunga incomprensione.
Nel primo articolo per Il Corriere della Sera – raccolti saranno pubblicati sotto il titolo Scritti corsari – Pasolini si scagliava contro quei giovani usi a portare i capelli lunghi e che, forma di omologazione consumistica, esprimevano le attitudini e i costumi della borghesia dietro le maschere di un falso ribellismo.
E si rivolgeva loro dichiarandosi non soltanto contro ma – sono le sue parole – ‘provo un immenso e sincero dispiacere nel dirlo (anzi, una vera e propria disperazione): ma ormai migliaia e centinaia di facce di giovani italiani, assomigliano sempre più alla faccia di Merlino’. Come Charles Baudelaire potrei ripetere che non me ne dolgo non me ne rallegro…
Questa sua ultima composizione, rivolta a un giovane fascista dai capelli corti ‘nato in un paese e è andato a scuola in città’, teso in contrapposizione con il poeta a difendere il latino e il greco (è una immagine costruita, funzionale al suo dire, a me sembra, ben poco rispondente al reale ma, in qualche modo, a spezzare certi luoghi comuni ove ‘il brodo di cultura’ del ‘picchiatore nero’ sarebbe per certa sinistra del politicamente corretto la borghesia ricca arrogante rozza e presuntuosa dei quartieri bene). Ciò che conta, qui, è l’invito ad essere il difensore dei ‘paletti di gelso, di ontano, in nome degli Dei, greci o cinesi. Muori di amore per le vigne. Per i fichi negli orti.
I ceppi, gli stecchi’ e ancora ‘i casali assomigliano a Chiese’. Cioè quel mondo di un ‘fascismo archeologico’ da contrapporre al capitalismo (per Pasolini un ‘fascismo’ onnivoro aggressivo omologante invasivo e feroce), un mondo ove le lucciole erano a punteggiare fra i rovi la notte le passeggiate sotto il cielo tripudio di stelle e non le ciminiere a produrre l’inquinamento del clima e dello spirito.
Mondo desacralizzato. E più oltre: ‘Difendi, conserva, prega!’ e, invitandolo ad essere non un borghese ma o un santo o un soldato: ‘… Destra (in maiuscolo nel testo) divina che è dentro di noi’. In ben anticipo e con animo da poeta di certo ecologismo di maniera, costruito da coloro che, i medesimi cialtroni, hanno devastato la natura ed oggi, costruito il mito giovanilista alla Greti-na, si impossessano delle trasformazioni ove lucrare… Non è mio intento prendere la difesa di alcuno né impegnarmi in alcuna battaglia.
Non ricorderò, dunque, le cose gli episodi le parole che ognuno, avendone voglia, può ri-trovare in quell’esile capitolo di quell’esile libro, Ritratti in piedi. Sono ormai trascorsi vent’anni. Ad altro contesto e ad altre sfide sono chiamati i più giovani ed io non sono un Maestro, solo un professore in pensione con tanti ricordi e tanta storia. Come ognuno del resto…
Immagine: http://www.adhocnews.it/