Scuola di Pensiero Forte [18]: prospettiva dei doveri umani

 

Scuola di Pensiero Forte [18]: prospettiva dei doveri umani

L’individuazione concreta dei doveri impliciti nel principio personalista va fatta rivolgendo l’attenzione sull’esistenza e sugli esistenti.

Il termine dovere, leggiamo sul dizionario, significa “Legge morale, non necessariamente scritta ma comunque riconosciuta dalla coscienza, che impone di osservare gli impegni che ognuno contrae con gli altri per il fatto stesso di vivere in società”; suoi sinonimi sono compito, impegno, obbligo, responsabilità.

Già limitandoci a considerare l’uomo per ciò che ha di essenziale e naturale, ossia la condizione di soggetto libero, dotato di ragione e volontà, e incarnato, avente cioè un corpo, otteniamo già una serie di principi pratici molto ricchi di indicazioni esistenziali.

Enumerare i doveri fondamentali è un po’ pretenzioso, ma ci proveremo.

Primo fra tutti, il dovere di rispettare la libertà altrui. Scriveva S. Agostino “se non possiamo pervenire al bene che desistendo dall’operare il male, questa condizione è quasi l’infanzia della carità divina, onde si ama il prossimo.” (De moribus I, 25,50). La libertà costituisce il primo fondamento della dignità di persona del prossimo. Il primo passo verso il “tu” è quel movimento che “ritira le mani” e lascia libero lo spazio in cui può farsi valere il carattere della persona di servire da fine a se stessa. Esso costituisce il primo manifestarsi operativo della “giustizia” e la base di ogni “amore”.

Dal modo in cui l’altro usa la libertà, discendono due principi:

 

  • Il principio del rispetto del buon esercizio della libertà, che stabilisce una forte presunzione circa l’irrazionalità etica delle azioni che causano notevoli interferenze nel processo di autodeterminazione degli altri, quando quest’ultimo è orientato al rispetto o alla promozione della dignità di persona del prossimo. E ciò anche se tali azioni sono portate a termine con le migliori intenzioni e con l’obiettivo di “migliorare” i risultati che il soggetto otterrebbe agendo da solo. La realizzazione della vita buona è un progetto che esige di essere percepito come buono dal soggetto, e di essere da lui scelto per se stesso, non per altri motivi. Quando invece si costringe a compiere il bene, il più delle volte ciò che si ottiene è una adesione meramente esterna alla verità sul bene.
  • Il principio di repressione del cattivo uso della libertà, che impone la suprema gerarchia del bene sul male. Ogni uso errato della libertà deve essere preventivamente scongiurato e, qualora accadesse, deve essere vanificato, attraverso quegli strumenti coercitivi propri del diritto, che la giustizia richiama a sé. Se infatti il bene della persona è realizzare il bene, qualsiasi cosa che è contraria a tale compimento del fine è sbagliata, e quindi da impedire.

Entrambi i principi meriterebbero un approfondimento a parte, che però, per mancanza di tempo e spazio, rimanderemo. Ciò che è facile comprendere sin da subito è l’enorme portata che hanno e la valenza sociale e politica che assumono.

Nessun doveri può prescindere, ricordiamocelo, la considerazione dell’ io umano come persona, dunque dotata di identità e dignità. Questo implica riconoscere l’individuo nella sua totalità, sia essa biologica, intellettuale e spirituale, con particolare attenzione al finalismo proprio e alla trasmissione della verità che ognuno incarna.

Proseguiremo la prossima volta con una rapida spiegazione di altri doveri fondamentali.

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