Scuola di Pensiero Forte [28]: conclusione della critica ai “diritti umani”
Abbiamo a lungo portato avanti una analisi critica dei “diritti umani”, mettendo in discussione i principali punti deboli del sistema cui si riferiscono.
Volendo concludere il discorso, è necessario scendere un poco più a fondo nella questione filosofica del diritto.
I promotori del dirittoumanismo hanno una ambiziosa pretesa, ovvero quella di imporre una idea relativa come principio assoluto. Partono da un elemento relativo, quindi derivante dall’opinione e non dalla verità oggettiva; lo pongono come assioma, cioè come norma assoluta e insostituibile, dunque nemmeno contestabile o ritrattabile; costruiscono un sistema di difesa per la nuova “idea suprema” che hanno generato; infine la impongono, mostrandola come, appunto, un principio imprescindibile e necessario.
Basta poco per rendersi conto che nel dirittoumanismo a fianco alla parola “diritto” viene posta la frase “tu devi rispettarlo”. È il procedimento etico inverso: non più il diritto nasce dal dovere, ma è il diritto che fa nascere il dovere. Questa inversione è un grave errore della mente umana, lo abbiamo potuto approfondire qualche tempo fa durante la analisi dei diritti. Il guaio è che ad una inversione del pensiero, consegue quasi matematicamente una sovversione di tutto il sistema, di tutta la società.
Quando il relativo è posto a norma di verità, la ragione umana tocca il fondo del proprio squallore.
Significa dire che ciò che non è vero è più vero della verità stessa. Un sillogismo che non è né vero, né valido, talmente tanto insulso da destare persino comicità.
Eppure, anche questa è l’eredità del pensiero debole, che ha scardinato la ragione dal suo “essere-per” più profondo: l’amore per la verità.
I “diritti umani” che la falange dirittoumanista impone, non hanno alcun fondamento ontologico, cioè non sono fondati sulla dignità propria dell’essere della persona, e non hanno nemmeno un motivo di essere dato dal diritto naturale o dal diritto positivo. Possibile che per migliaia di anno, l’umanità, che ha prodotto la filosofia, la scienza, l’arte, la tecnica abbia sbagliato tutto senza mai capire niente del valore della persona? Dalla domande sul senso della vita ai calcoli dei cicli astrali, passando per la stesura della legge, la letteratura di ogni genere, le pitture e sculture di estetica sopraffina, la navigazione degli oceani e la il solcare dei cieli…ma di diritto nessuno mai ci ha capito niente? Anche il buon senso, davanti ad una evidenza prettamente storica come questa, spinge la coscienza a comprendere che il mondo post-moderno in cui viviamo, denso di problemi che prima di tutto sono dentro l’uomo, e poi fuori di esso, è caratterizzato da una rivoluzione. Non e-voluzione, ma ri-voluzione. È uno sconvolgimento, un rovesciamento, una devastazione, che porta addirittura ad una in-voluzione. I risultati? Non buoni, è evidente a chiunque preferisca la luce della ragione al buio della ignoranza.
Il dirittumanismo inganna. Lo fa giocando anzitutto sulla ignoranza della gente. È un po’ come andare dal fruttivendolo, il quale mette l’etichetta delle mele di alta qualità su quelle più brutte e scadenti; a meno che uno non abbia un po’ di conoscenza nel settore ortofrutticolo, non riconoscerà che le mele in quella cesta sono, in realtà, di pessima qualità, finendo per comprarle a caro prezzo, convinto che sono buonissime. Effetto placebo. Ma la verità è ben altro. Allo stesso modo, in una epoca caratterizzata dalla incapacità di cogliere il senso dell’esistenza e dalla diffusa e massificata incapacità di pensare e di realizzare il bene comune, viene spacciato un prodotto scadente, poiché insulso alla ragione stessa e quindi certamente non per il bene della persona, come la più grande e innovativa conquista, quasi una rivelazione messianica. Questo prodotto viene venduto, al ritmo del mercato sociale, con la stessa logica del consumismo. Se non ce lo hai, non sei a posto, non sei bravo, non sei “figo”. Se non lo compri non sei dei nostri.
Chi fa tutto questo è ben consapevole. Il male non è mai stupido.
I grandi nomi del pensiero debole, nel corso dei decenni, hanno coscientemente architettato un sistema di pensiero inconsistente e degenerante, immettendolo nel tessuto comunitario come un virus a lento rilascio, in attesa della scoppiare della epidemia.
Ma vi dirò di più: i cosiddetti “diritti umani” non ci servono.
No, perché sono contrario alla ragione stessa e insostenibili davanti alla loro discussione, quindi non sono per il bene della persona, della comunità, dell’umanità. Non ci servono perché non hanno un fondamento ontologico, cioè il loro esistere non è fondato su alcunché di autorevolmente valido ed esistente, bensì su oggettivi errori della mente umana e di una antropologia slegata dal senso della vita. Non ne abbiamo bisogno perché sono relativi, e non assoluti e veritieri, dunque sono un prodotto fra tanti, una merce scadente di consumo esistenziale i cui effetti collaterali sono dimostrati come nocivi. Non ci servono, perché la persona ha già i suoi veri diritti, che sono fondati sul suo statuto ontologico, sul suo essere umani, sulla dignità intrinseca alla sua stessa esistenza, e non su opinioni infondate e infondabili.
Fino ad ora, i “diritti umani” sono stati comodi soltanto per far girare le cifre dei conti correnti delle lobbies di questo merchandising filantropico. Siamo sinceri: hanno portato a quello che dicevano? Pace, amore, gioia, fratellanza e via dicendo? Non mi pare proprio. Anche qui sta un errore, che è quello di pretendere di applicare un prodotto umano ad un principio, invertendo il logico processo. Peccato che il risultato non può essere altro che insoddisfacente.
Le persone non hanno bisogno di “diritti umani”, ma di diritto; non di consumare, ma di essere; non di idee imposte, ma di pensare in libertà; non di filantropia, ma di Amore.