Scuola di Pensiero Forte [29]: dallo “Stato dei diritti” allo Stato di Diritto
Nei passi recenti del nostro percorso formativo al pensiero forte, ci siamo imbattuti nei “diritti umani” e nella conformazione ideologica e politica che essi portano avanti, dando uno sguardo ai molteplici aspetti di tale struttura.
Ora, rimanendo sempre nell’ambito di parole che si assomigliano, cercheremo di spiegare che cosa è, invece, lo “Stato di Diritto” e come lo intendiamo in una ottica di rinnovato pensiero.
Lo “Stato di diritto” è un termine di origine germanica, derivando infatti da Rechtsstaat, ed appare per la prima volta nel XIX secolo nel panorama politico e giuridico.
La definizione più comune e diffusa dice che lo Stato di diritto è quella forma di Stato che assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà della persona, a fianco dello Stato sociale (su questo torneremo in seguito).
Messa così, è una definizione un po’ ampia e generica, che può facilmente indurre a pensare tutto e il contrario di tutto. Non a caso, lo Stato di diritto si è venuto a costituire con l’affermazione della borghesia corporativa e con il suo esponenziale acquisto di potere, in sostituzione ed antitesi allo Stato assoluto che era precedentemente il più diffuso. Si sa che dove c’è di mezzo uno stravolgimento dell’ordine sociale, avviene sempre qualche disastro…ma non tutto vien per nuocere, quindi, arrogandoci una certa pretesa di giudizio in materia, proveremo a dare una lettura positiva e funzionale ad una nuova costituzione politica.
Rifiutiamo e rinneghiamo anzitutto la struttura liberale che è a fondamento storico dello Stato di diritto. Abbiamo detto e ribadito come liberismo e liberalismo siano due capisaldi della distruzione del buon vivere umano.
Prendiamo ciò che di buono è rimasto, ovvero la concezione di uno Stato dove si presuppone che l’agire di esso sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti, sottoponendo dunque sé stesso al rispetto delle norme di diritto, e questo avviene, ad esempio, tramite una Costituzione scritta.
Questo elemento è di centrale importanza e presuppone che alla base di una struttura politica ci sia un pensiero politico. Ecco che, se il pensiero è debole, avremo uno Stato debole, deficitario, fallimentare nel raggiungimento del fine. Lo vediamo soprattutto negli ultimi anni, anche nella nostra Italia: governi inconsistenti, di bassissimo livello morale, inabili a definire una strategia di Bene comune e a realizzarla concretamente, mentre prevalgono concetti ed ideologie figlie del più bieco liberalismo sociale, e a rimetterci sono sempre le persone, quelle stesse persone che costituiscono materialmente lo Stato. Abbiamo avuto nel secolo scorso esempi di statisti e governanti che hanno saputo portare in alto le nazioni, anche la nostra, basando l’azione politica su un pensiero solido e forte, il cui fine dichiarato era il Bene sociale e la cui azione ha prodotto efficacemente la prosperità del popolo.
Il vincolo di osservanza delle leggi è dato dal Diritto stesso (che ripetiamo essere l’insieme delle norme che costituiscono un ordinamento giuridico) ed è funzionale alla sussistenza del medesimo. È necessario come prima pietra un ordinamento forte, come può essere quello classico romano, o il nostro ordinamento di inizio XX secolo, o anche uno nuovo derivante da essi, nel cui cuore vi sono idee di retta morale e di compimento del Bene sociale, e una solida comprensione dello Stato e del suo servizio. Mai, però, uno stato fondato sul relativismo etico e sulla liberalità del singolo potrà portare ad una società felice e funzionante.
Lo “Stato dei diritti” promosso ai giorni d’oggi fallisce a partire dalla sue basi ideologiche, che abbiamo visto essere contrarie alla ragione stessa e al Bene comune, e non può che portare ad un ampliamento epidemico della de-costruzione politica generale.
Il diritto nasce dal dovere e, sovvertendo quest’ordine logico e morale, si rende inefficace il senso stesso dello Stato e il motivo per cui le persone, di tutte le epoche e di tutti i luoghi, si danno delle leggi. Lo “Stato dei diritti” mina alle libertà primitive della persona e al compimento del suo fine ultimo.
Vogliamo promuovere uno Stato che ritorni a mettere il centro il Bene comune, il sociale, riscoprendo l’etica politica forte che dona la vera e giusta dignità alla persona, che è fatta per servirla e non per soggiogarla. Uno Stato di Diritto, uno Stato forte.