Scuola di Pensiero Forte [43]: il carattere sociale della famiglia
Passiamo adesso a definire il carattere sociale della famiglia.
Come abbiamo visto, essa ha un limite naturale sotto due aspetti: uno materiale, poiché da sola per quanto organicamente strutturata e tecnicamente fornita non è in grado di procurarsi tutto quanto è necessario per la vita; l’altro aspetto è spirituale, in quanto essa ha bisogno, per realizzare il fine ultimo dei suoi componenti (che sono persone!), di vivere socialmente, ovvero essere in contatto con altri, nello specifico altre famiglie, trascendendo il proprio nucleo per aprirsi al resto mondo e in esso agire.
A determinati limiti naturali corrispondono dei bisogni naturali, dai quali si genera quella che potremmo definire “economia familiare”, senza pretendere con questa terminologia e con la nostra analisi di esaurire l’amplissimo significato che la parola economia contiene.
I bisogni della famiglia sono di tipo materiale, come il cibo, i beni di ordinaria necessità, una casa, dei beni accessori utili per la vita di tutti i giorni, nonché il vincolo della moneta che è necessario per gli scambi commerciali e l’amministrazione finanziaria.
Prendendo in analisi anzitutto questi, è interessante notare come Aristotele1 designi alla famiglia una arte specifica circa l’amministrazione dei beni e una inerente l’amministrazione esterna alle mura di casa: la crematistica. Si tratta di un’arte che mira al guadagno per il guadagno e si serve del commercio e del denaro, acquisizione di beni che metta a profitto le opportune conoscenze concernenti le risorse naturali, che secondo il filosofo deve restare necessariamente sottomessa alla amministrazione dei beni della casa. Utile è, infatti, procurarsi un arricchimento, ovvero una crescita di beni, ma solo a patto che l’agire in tal senso non vada a ledere il bene della famiglia e non diventi primario, sia fattualmente che moralmente, al prendersi cura degli impegni domestici.
Nell’amministrare la famiglia, sottolinea, le persone compiono un primo passo verso la realizzazione del bene comune, poiché procurano del bene anche ad altri, nella ricerca di un equilibrio che permetta il benessere del vivere, condizione importante per il progresso sociale. È questa una primordiale azione politica, dove è manifesta l’intenzione e la finalità dell’agire, dalle cui conseguenze dipende l’intero futuro della famiglia, sia nel bene che nel male.2
Contemporaneamente, dobbiamo notare un altro elemento di grande importanza: la famiglia è il primo luogo dove si sperimenta l’ordine gerarchico.
Nel rapporto fra genitori e figli si realizza, in maniera relativa, quello che avviene nella vita sociale esterna, dove c’è chi governa e chi è sottomesso, in qualsiasi forma di governo politico uno si trovi. È questa una scuola importante, anzi determinante a nostro dire, per ciò che riguarda l’apprendimento del senso civico, l’acquisizione di una responsabilità sociale e la coscientizzazione del proprio essere politico, con tutto ciò che riguarda la vita futura che la persona dovrà vivere nel mondo. È imparando a vivere in famiglia che si impara a vivere dappertutto. Nel rapporto genitori-figli emergono tutte le istanze di formazione morale e psicologica riguardanti, ad esempio, il concetto delle leggi, di obbedienza, di rispetto del prossimo, di impegno per il bene comune, di vita virtuosa come imperativo categorico per il compimento del proprio fine e di quello altrui, inseriti nella comunità e nella società tutta, la quale, a sua volta, influisce sulla famiglia e la caratterizza in molteplici modi, investendola di quella autorità che, se dapprima è propria del suo statuto ontologico, diventa poi anche missione affidata.