Scuola di Pensiero Forte [47]: la necessità della famiglia per l’ordine sociale
Essendo la famiglia “cellula fondamentale” della società, è dunque facilmente comprensibile come essa sia necessaria per l’ordine sociale.
L’ordine sociale è il codice genetico della società: questo codice determina tutto lo sviluppo dell’organismo societario, stabilendone gli assiomi morfologici, i meccanismi relazionali, le micro e macro interdipendenze, palesandone il fine ultimo. Per ciò che riguarda l’interno della società, l’ordine sociale è uno dei più importanti elementi costitutivi. Certamente non è l’unico, ed è altrettanto vero che la società non vive solo da se stessa ma ha a che fare con l’ambiente esterno e i suoi contatti.[1]
Ora, la famiglia gode di una struttura morale e politica, che abbiamo visto in precedenza, caratterizzata da un ordine naturale che fa che sì che essa possa entrare in relazione con altri soggetti, siano essi singoli individui, altre famiglie o il mondo intero; questo poiché gode di una grande malleabilità che permette di adattarsi alle circostanze e ri-organizzarsi in base alle esigenze contingenti, facendo fronte alle necessità con successo; per di più, l’ordine gerarchico e amministrativo su cui si regge è, in un certo senso, il medesimo di quello della società intera.
Proprio questa caratteristica è determinante: in ogni società, le famiglie sono generatrici e a loro volta specchio della società. Allo stesso modo, una famiglia “malata” o malfunzionante sarà incapace di generare alla vita civile; viceversa, una società malata e malfunzionante darà luogo a famiglie pessime.
In fin dei conti, se ci pensiamo, la famiglia è, come diceva Chesterton, “il test della libertà, perché è l’unica cosa che l’uomo fa da sé.”[2] Lì dove l’atto libero della persona è finalizzato al Bene comune, dunque è atto politico per eccellenza, ecco che si realizzare l’ordine sociale.
La famiglia, dunque, è necessaria all’ordine, perché in essa il soggetto individuale viene formato ad essere persona e membro della comunità, il cui contributo, ma anche la responsabilità, è un qualcosa di centrale, attivo e insostituibile.
La famiglia insegna l’ordine vivendolo anzitutto in se stessa. Senza essere ordinata, non può concretamente realizzare il proprio bene, la propria felicità, e nemmeno di conseguenza quella della società. La regola è d’oro ed è semplicissima.
Il dramma delle famiglie di oggi, cominciato già con l’avvento della modernità, è che non sanno più chi e cosa sono e, quindi, non sanno nemmeno quale è il loro fine, il loro bene, il senso del loro essere. Parafrasando il già citato Chesterton, oggi ci troviamo di fronte all’uomo che abiura la propria libertà, negando la propria trascendenza ontologica, il suo essere-per-donarsi, al di fuori di sé, unica via per ritrovarsi e conoscersi.
Gran parte del disordine che la società vive è dovuto proprio al dis-ordine delle famiglie. “Non ci sono più valori” si sente spesso ripetere dalla gente, ma forse dovremmo dire che non c’è proprio più un ordine etico, che è poi politico, per cui la famiglia media è fragilmente posizionata su una precarietà generale dalla quale cerca ansimante di liberarsi facendo uso degli strumenti tecno-liquidi che il mondo offre, il quale è però a sua volta marcescente e in declino, senza così trovare via d’uscita, preferendo o una altalenante stagnazione nell’inappagamento e nella tristezza di non poter realizzare i propri sogni, o l’autodistruzione, la rottura, la fine.
La riscoperta degli elementi statutari della famiglia, quale fondamento (non ci stancheremo mai di dirlo) della società, è un passo a nostro parere indispensabile e non più rimandabile. Dalla vita buona della famiglia dipende quella di tutta la società. L’ordine è indispensabile per la conoscenza di sé e il compimento del proprio fine ultimo e non è possibile realizzarlo senza la famiglia, suo soggetto agente ed elemento costitutivo. C’è bisogno di un ordine che sia basato su un pensiero forte, che conduce alla Verità, il quale rianimi vigorosamente le famiglie per riportare l’ordine al vivere insieme, alla felicità ultima e vera dell’uomo.
[1] Cfr. Scuola di Pensiero Forte n.31
[2] Cfr. Faciens versus fads, Gilbert K. Chesterton, 1923.