Scuola di Pensiero Forte [48]: idee di metafisica della famiglia
Lo sguardo metafisico è l’intelligenza che coglie l’essere. Lo coglie come oggettivo, ma non come indifferente. L’intelligenza coglie l’essere perché l’essere le è trasparente: l’incontro tra intelligenza ed essere si chiama verità[1].
Ogni intelligenza è originariamente capace di conoscenza metafisica. La conoscenza metafisica è la prima forma di conoscenza. All’inizio non si conosce noi stessi, i fenomeni o i fatti, ma si conosce l’essere e il mondo come un insieme di cose. Tale conoscenza è immediata, intuitiva, spontanea, naturale.
Conoscendo l’essere e il mondo come un insieme di cose si ottiene anche tutto il bagaglio di conoscenze elementari e comuni che ci servono per vivere da uomini, compresa la conoscenza della causa, del fine, del bene e di Dio. La metafisica è quindi sapienza, orienta la vita alla luce dei primi principi e dei fini ultimi, e rappresenta l’unità del sapere e del fare.
Se non fosse possibile la conoscenza metafisica potremmo conoscere solo i fenomeni. Dovremmo allora dire che un uomo è quanto risulta da una risonanza magnetica, che il bene è quanto le statistiche ci dicono che si fa, che l’economia è solo economia e che un’azienda consiste nel suo bilancio. Senza la metafisica il mondo sarebbe solo una successione di fenomeni dominati dal caso o dalla necessità. Non avrebbe senso, non ci direbbe niente, perché il senso è qualcosa che non risulta dalla somma dei fatti. Senza metafisica vivremmo in un universo muto e saremmo soli.
La metafisica è l’istanza radicale di senso, è il nucleo originario dello stupore. Senza la metafisica, la meraviglia viene sostituita dal dubbio. Per la metafisica tutto l’essere ci è davanti fin dal primo momento. La metafisica è un domandare che nasce dalla meraviglia, meraviglia davanti alla risposta dell’essere, risposta non richiesta, gratuita, che precede ogni domanda. Solo davanti ad una grande risposta è possibile fare una grande domanda[2]. La domanda circa l’essere è concomitante con la conoscenza dell’essere, non la precede. La metafisica è l’accesso concettuale alla trascendenza, l’accesso ad un senso che non ci siamo dati noi e che ci interpella. La metafisica è la salvezza dalla volontà di potenza e la possibilità di ogni apertura al dono. Senza metafisica non si può vivere.
Come si può, dunque, parlare di una “metafisica della famiglia”?
Dobbiamo considerare che la famiglia è formata da persone, individui in relazione fra loro, interiormente ed esteriormente. Tale relazionalità avviene, cioè, in senso orizzontale con gli altri soggetti, in senso verticale nell’ambito spirituale. Nella sua organicità, la famiglia compie gli stessi atti in entrambi le direzioni. Tale agire è propriamente metafisico, perché supera la materialità contingente e la soggettività individuale, realizzando la socialità.
Ancora, abbiamo visto come gli atti compiuti sono sia materiali che morali, così come proprio degli statuti della famiglia; essi hanno un effetto immediato ed uno mediato, nello spazio-tempo e nella interiorità dei soggetti agenti e riceventi della relazione; tutto ciò, prima nella potenza e poi nell’atto, ha una valenza metafisica, poiché trascende l’attuazione medesima e interviene, per così dire, nell’ambito dell’essere della persona.
Di più, il finalismo proprio della famiglia, riscontrabile nei suoi tre elementi fondamentali[3], eleva il suo essere comunitario nella dimensione metafisica, poiché si rende veicolo per la realizzazione del Bene e del senso ultimo dei membri; al col tempo, ciò avviene anche nella sua partecipazione interattiva con la società intera, dove è soggetto, oggetto e strumento teleologico, nel continuo reciproco scambio fra famiglia e società.
La famiglia, quindi, ha una sua essenza e una sua valenza metafisica, la cui negazione è un atto di profonda ignoranza razionale e di pericolosa conseguenza morale, sociale, politica.
[1] «Essere in relazione dello spirito conoscente con il reale è la verità» (J. Pieper, La realtà e il bene, a cura di Andrea Aguti, Morcelliana, Brescia 2011.
[2] J. Ratzinger, Natura e compito della teologia. Il teologo nella disputa contemporanea – Storia e dogma, Jaka Book, Milano 2002.
[3] Cfr. Scuola di Pensiero Forte n.42