Scuola di Pensiero Forte [53]: l’identità della comunità – il sentire comune

 

Scuola di Pensiero Forte [53]: l’identità della comunità – il sentire comune

L’apporto che la cultura dona alla comunità, e che la comunità stessa genera e ri-genera, semina nelle persone che ne fanno parte un sentire comune, vale a dire una modalità condivisa e riconoscibile di interpretazione della realtà, mediazione del pensiero e dell’esperienza, comunicazione dell’essere personale e del suo vissuto.

Potremmo chiamare questo sentire anche gnoseologia della fenomenologia del vivere comunitario, ovvero il modo in cui si comprende e si comunica ciò che ogni giorno i membri vivono in ogni cosa; un vero e proprio linguaggio specifico del gruppo-comunità, riservato, ma non celato, agli esterni perché costruito sulla stretta condivisione di quegli elementi che sono alla base della costituzione della comunità.

Le scienze sociali ci vengono in aiuto in questo momento per dare una rapida ma incisiva chiarificazione a riguardo.

Prendiamo in aiuto gli assunti fondamentali della psicologia, della antropologia e della sociologia. Nel gruppo sociale si crea un ordine specifico, una gerarchia dei ruoli ed anche dei valori morali, che serve da struttura di sostegno per la vita insieme; viene a costituirsi un linguaggio, modo di comunicare proprio della comunità, che non è necessariamente incomprensibile agli esterni ma che è pienamente intendibile solo da coloro che lo praticano assiduamente e per un motivo sufficientemente importante da renderlo necessario per la vita; le dinamiche sociali della comunità hanno un che di esclusivo, di personalizzato, fatto di dettagli, sfumatura, particolari unici e irripetibili che sono solo e soltanto di quella specifica comunità, la cui comprensione e interpretazione può essere piena e totale solamente per coloro che fanno parte della comunità, mentre resterà comunque velata o mai del tutto capibile agli esterni.

Sentire comune è anche l’unione delle volontà: come su una barca a rema è importante che tutti i marinai remino nella stessa direzione e, meglio ancora, allo stesso ritmo, così vale per la comunità – o per qualsiasi altro gruppo, dal più piccolo al più grande. In caso contrario, ci sarà un problema che richiederà soluzione affinché il viaggio verso la mèta comune possa proseguire nel migliore dei modi.

Parlare del sentire comune è una questione di spirito: o uno vuole, desidera, ricerca, si impegna per ciò, o altrimenti rimarrà sempre una frattura nella ermeneutica dell’anima e nella sua capacità di vivere bene con gli altri.

La condivisione di questo sentire comune è comunione, in tutto e per tutto, nella materialità come nella trascendenza, nella moralità come nella praticità, nel sacrificio e nel lavoro necessari per realizzare veramente e pienamente la felicità, individuale e collettiva.  L’uomo comunitario è ipso facto un ribelle: perché dona se stesso senza chiedere niente in cambio, perché preferisce la lotta alla rassegnazione, perché sceglie liberamente di obbedire a delle regole e di riconoscere delle gerarchie, perché si dà una Forma e aspira ad un Ordine, perché coltiva dei legami, ha una tensione verso l’alto e rispetta la parola data, perché sente di appartenere a qualcosa ed è pronto a difenderla. L’Uomo comunitario, insomma, è un’anomalia di questo “migliore dei mondi possibili”. Ecco che la Comunità, allora, non è solo un modo per stare insieme: è la manifestazione di un Noi che trascende ogni Io, qualcosa che oltrepassa la somma dei singoli individui che la compongono, perché è connessa ad un terzo elemento, che poi è il fuoco che siamo chiamati a custodire e trasmettere.

Se viene a mancare questo sentire comune, sorgono le patologie sociali e interiori che fanno ammalare la persona e la comunità e che sono origine e causa di altrettanti mali, la cui portata è a dir poco spaventosa. Basta davvero poco per distruggere una famiglia, un gruppo, una comunità. Un piccolo e apparentemente innocuo dis-sentire rischia di diventare la ragione di un fallimento collettivo.

Attenzione, non stiamo dicendo che ogni “voce fuori dal coro” è una stonatura malvagia: i solisti sono eccellenze che fanno la differenza durante il concerto. Quanto stiamo trattando adesso riguarda l’idea di una comunità fondata sul Bene comune e il cui fine è la felicità autentica condivisa; altra cosa è dissentire in un contesto che non persegue il fine giusto e buono, ove l’atto rivoluzionario può significare il risveglio della verità e l’inizio della rivoluzione per il Bene.

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