Scuola di Pensiero Forte [55]: l’identità della comunità – l’etica comunitaria (2)

 

Scuola di Pensiero Forte [55]: l’identità della comunità – l’etica comunitaria (2)

È nel momento in cui io mi accorgo della presenza dell’altro che io comincio a cambiare qualcosa in me. È in quel momento che mi accorgo che non ci sono soltanto io e che il mio esserci proprio dalla presenza dell’altro. L’altro è il limite che discrimina la mia esistenza, è il piano cartesiano che determina la mia datità, ovvero il mio essere-nel-mondo. L’altro mi pone davanti alla inevitabile crisi del mio ego, della mia esistenza, dal cui esito viene determinata la mia persona: l’annichilimento narcisistico di colui che si ripiega su se stesso e rinnega la necessità della socialità, o il cammino e compimento della persona che, invece, accoglie l’altro e proprio con esso si scopre, cresce, realizza pienamente il suo progetto di vita.

La vita comunitaria è essenzialmente una epifania, una manifestazione continua di questo richiamo alla trascendenza del mio “io” per realizzare un “noi”. Sfida inamovibile e irrinunciabile, è il luogo dove la persona è messa in crisi, ovvero deve confrontarsi con se stessa e compiere una scelta, la cui importanza è rilevante per tutta la sua vita e non solo, perché ha conseguenze anche sulla comunità intera. È anche il tempo in cui avviene un cambiamento: nella condivisione di vita, mi accorgo che non posso fare “come voglio io” e “quando voglio io”, perché è il mio “io” il centro di tutto e, quindi, sono mosso a rivalutare i miei criteri e le mie categorie di giudizio, per arrivare a rendermi conto (si spera!) che non sono solo.

Quale è, allora, la grande scoperta che uno fa?

Che la felicità è vera solo quando è condivisa.

Il mio Bene non è indipendente e disancorato dal Bene comunitario, è anzi dipendente e determinato da quello degli altri con cui vivo. È questo il senso politico dell’etica comunitaria, in cui cioè si capisce il valore del mio agire perché legato al Bene più grande di tutta la comunità, del mio prossimo e non solo di me stesso.

Da questa consapevolezza derivano i principi etici di solidarietà e altruismo: il mutuo soccorso che i membri della comunità si prestano fra di loro è indirizzato al Bene stesso di essi e della comunità ed ogni gesto fatto in virtù di esso è dimostrazione della volontà di vivere la comunità e realizzarne i fini concretamente.

L’altruismo, se ci pensiamo, è di fatto l’inclinazione d’amore verso il prossimo, che si traduce in un’attiva partecipazione alla risoluzione dei problemi, della difficoltà, delle necessità dell’altro, ma è anche edificazione comune, lavoro di squadra, impegno e sacrificio per una felicità che non sia limitata e limitativa, ma condivisa e realizzante per tutti.

L’etica comunitaria è essenzialmente definita dalla condivisione, essendo il Bene comune il suo fulcro. Ogni membro deve pertanto apprendere la regola d’oro, di evangelica memoria, che è alla base di una buona vita comunitaria: fare agli altri quello che vorremmo venisse fatto a noi, o per dirla più semplicemente, fare agli altri il Bene, quel Bene che è realizzazione del fine ultimo individuale e collettivo.

In questo modo, non solo la comunità regge sul piano amministrativo e giuridico, ma anche su quello morale e più propriamente politico, perché non è solo un insieme di persone riunite per vivere, bensì è un insieme di persone riunite per vivere bene, per essere autenticamente e pienamente felici. Senza ciò, si tratterebbe solo di una convenzione associativa, sterile sotto ogni punto di vista e ben presto destinata a crollare sotto i colpi dei primi dissensi e delle divergenze e problematiche, finendo per sgretolarsi nel peggiore degli annientamenti delle identità e degli animi dei suoi membri; con la presenza dell’amore reciproco, invece, l’altro diventa la chiave di svelamento del mio più vero essere e la via prediletta per il compimento del senso e del valore della mia vita.

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