Scuola di Pensiero Forte [59]: sul concetto di persona – 2

 

Scuola di Pensiero Forte [59]: sul concetto di persona – 2

La filosofia della persona è in radice legata a quella della sostanza, verso cui da secoli una parte del pensiero filosofico nutre un profondo sospetto, desiderando di sostituirla con quella di funzione. Questo tentativo, tipico della modernità e della postmodernità, è un errore di riflessione che sta alla base di molti errori della contemporaneità in cui viviamo. Gravi danni al pensiero sono stati causati proprio a partire da questo tentativo di rimozione o sostituzione.

Che cos’è, dunque, questa tanto importante sostanza?

Nelle Categorie Aristotele definisce la sostanza prima come “ciò che è non in un soggetto né è predicato di un soggetto[1]. La sostanza è esistenza in sé, basta a se stessa, è indipendente nell’esistere da altri soggetti. L’atto di essere è l’atto primo e radicale della sostanza individuale: in esso si radicano e da esso prendono vita tutti gli altri atti (definiti secondi perché vengono dopo) della persona.[2]

L’esistere in sé e per sé e non in altro rappresenta la proprietà più radicale dell’esistere sostanziale e l’esistenza personale è la più perfetta: “Persona significa id quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura[3] (=persona significa ciò che è perfettissimo in tutta la sua natura, cioè che è di natura razionale).

La persona è un in se existens e un per se existens: col primo termine si allude al fatto che essa non esiste in altro o come modo di altro; col secondo che non è in vista d’altro, ma esiste in vista di se stessa (propter, non propter aliud).

La persona si pone come fine, non come mezzo.

Oltre ai caratteri dell’inseità e della perseità, la tradizione metafisica impiega il concetto di aseità (a se, aseitas), quale prerogativa propria solo della persona divina. Essa non dipende da altro, mentre l’esse ab alio (=l’essere per altro) è il sigillo dell’essere contingente, segno della sua radicale incapacità di essere principio del proprio esistere.

La persona umana, dunque, eccede i propri atti. Mentre nelle teorie empiriste, come quelle di Locke, Hume e Parfit[4], la persona sarebbe un insieme di io successivi e di stati successivi privi di un sostrato comune, ciò non accade nell’approccio secondo sostanza. In esso risulta salvaguardata l’eccedenza della persona rispetto ai propri atti.

Il divenire persona come possesso del suo proprio statuto ontologico radicale non è un processo, ma un evento o atto istantaneo, per cui si è stabiliti nell’esser persona una volta per tutte; invece la personalità è qualcosa che si acquista processualmente, attraverso l’effettuazione di atti personali secondi.

 

[1] Cfr. Aristotele, Metafisica, 3° 8s; 1017 b 10-25.

[2] “[…] E sostanza [οὐσία] è il sostrato [ὑποκείμενον], il quale, in un senso, significa la materia (dico materia ciò che non è un alcunché di determinato in atto, ma un alcunché di determinato solo in potenza), in un secondo senso significa l’essenza e la forma (la quale, essendo un alcunché di determinato, può essere separata con il pensiero), e, in un terzo senso, significa il composto di materia e di forma […]” in Aristotele, Metafisica, VII, 1042 a.

[3] Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a.3.

[4] I filosofi cosiddetti “empiristi” riducevano tutto alla esperienza, alla prova empirica, rifiutando le istanze metafisiche. In questa ottica, anche la persona perde la sua dignità, finendo per essere soltanto un insieme di azioni svolte da una materia, il cui valore non è molto diverso da quello del resto delle cose.

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