Scuola di Pensiero Forte [95]: i meccanismi teoretici del potere: la persuasione razionale

 

Scuola di Pensiero Forte [95]: i meccanismi teoretici del potere: la persuasione razionale

Il criterio della autonomia della ragione e del suo primato incontra nel suo decorso storico non poche opposizioni e rivalutazioni, in particolare nel pensiero contemporaneo. Ciò avviene con la persuasione razionale, altro meccanismo che merita di essere analizzato. A prima vista sembra insensato parlare di una persuasione che sia razionale, poiché se B accetta autonomamente le ragioni di A per credere a qualcosa o compiere una certa azione, appare innaturale concludere che queste sono ragioni, e non invece il potere di A. Come visto in precedenza, è in opposizione alla pura forza della ragione che si può identificare il potere manipolatorio.

Alcuni pensatori hanno scritto molto a riguardo. Foucault ha approfondito e mostrato come l’esercizio del potere è sempre associato ad una certa economia dei discorsi di verità[1]; questi agiscono attraverso la congiunzione tra potere e conoscenza. Ogni persona, in quanto soggetto ed oggetto del potere, è anche soggetto alla produzione di verità attraverso il potere, il quale non è esercitabile se non attraverso questa stessa attività produttiva. Anche Nietzsche aveva detto che vi è una sorta di fardello di verità costitute, fatto di metafore, metonimie, antropomorfismi e relazioni umane sommato che sono state potenziate attraverso i secoli e l’arte del linguaggio, tanto da diventare solide convinzioni e verità alla strega di assiomi dogmatici che, conseguentemente, divengono anche valori etici. In questo senso, per il filosofo nichilista la verità è illusione che occupa la mente e colonizza l’individuo sino a generare in lui le spoglie della obiettività. Ecco che il potere manifesta, in tal senso, la sua piena capacità di influenzare, anzi potremmo aristotelicamente dire di formare la concezione del mondo di se stessi e degli altri. Sempre Foucault aggiunge a proposito il concetto di società di normalizzazione, nella quale il potere opera come una fitta griglia di coercizioni disciplinari, che costantemente soggiogano attraverso ininterrotti processi che assoggettano corpi, menti, cuori. Logicamente, i soggetti, o forse sarebbe meglio dire i prodotti che fuoriescono da questo tipo di società hanno un curriculum di caratteristiche tecniche ben definite, oltre o al di fuori del quale non è lecito, secondo il diktat della società, parlare di persone intese come membri di essa. Le persone diventano così soggetti in un duplice senso: soggetti ad altri tramite il controllo e la dipendenza, e legati alla propria identità mediante la coscienza e l’autoconoscenza.

Compaiono, allora, una serie di micropoteri, come la sorveglianza, la medicalizzazione della sessualità, della follia, della delinquenza, le micro-culture e persino certi stati di pensiero politico, che strutturano il nostro campo d’azione, rendendoci liberi e schiavi allo stesso tempo. Certo, non si può pretendere di adottare questa lettura come criterio di universalità del potere socialmente declinato, ma resta all’evidenza di ogni riflessione il fatto che esista una persuasione razionale; ed è razionale proprio perché si fonda sul far apparire come razionale un qualcosa che, invece, è contrario alla ragione stessa; è un presentare sotto mentite spoglie il male per bene; è la limitazione o la negazione della libertà, tramite le sembianze della più entusiasmante liberazione dell’ego.

La persuasione razionale è, senza ombra di dubbio, la forma di potere, o meglio l’applicazione di potere in forma strumentale da parte di una autorità più impiegata nell’Occidente liberale odierno.

 

 

 

 

[1] Cfr. Michel Foucault, Poteri e strategie, Mimesi, Milano 2014. Cap. 1.  

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