Si cena presto a casa

 

Si cena presto a casa

 … ad attaccare manifesti.

Si cena presto a casa. Mio padre accende la radio sulla musica classica. Non vuole la televisione; bastano i libri a riempire la serata. (Quando, infine, su sollecitazione di mia madre si deciderà a comprarla, primavera del 1969, pochi mesi dopo verranno tre poliziotti in borghese a portarmi via. E mamma aveva insistito nell’illusione che restassi a casa e non mi perdessi nei meandri delle notti inquiete ed errabonde della città). Così mi siedo dietro la scrivania, affollata di carte e penne e matite e di Julius Evola Rivolta contro il mondo moderno. Sconfitti giacciono da parte i volumi di greco e latino, nonostante la scadenza prossima delle interrogazioni.

Suona il campanello, imperioso, ed imperioso entra nella stanza il Piccolotto. Non ho mai, credo, saputo il suo nome. Tarchiato capelli spioventi sugli occhi un grosso naso alla Cyrano de Bergerac. Indossa una giacca frusta immancabile il maglione nero con i bordi del collo e delle maniche rossi. ‘I colori della Repubblica Sociale’, si vanta. Qui si raccoglie la sua dottrina, è tutto il suo Fascismo o quasi, gli è sufficiente. In piazza una furia, uno spettacolo vedere come si batte. Di recente s’è fatto sei mesi a Regina Coeli per aver dato in testa ad un commissario una mazzetta di cinque chili. A volte sono tentato di dirgli che il rosso e il nero rappresentano anche i colori dell’anarchia. So, però, che mi guarderebbe storto e romperebbe l’amicizia. Taccio, prudente.

Mia madre, conosce le sue condizioni di povertà, silenziosa, gli porta un bicchiere di latte caldo e delle fette di pane imburrate. ‘Svelto, preparati. Andiamo ad attaccare manifesti’. Parla con il boccone in bocca e le briciole di pane gli si spargono addosso.

Fuori fa freddo. La lettura di Rivolta m’intriga. Adriano Romualdi mi ha promesso di organizzare una visita al Barone. Sono nella fase, ricorrente, di inquietudini sul senso dell’esistenza e intorno ai massimi sistemi. Da piccolo borghese, esangue e stronzo. ‘Non c’è qualcun’altro che viene con te? Ho da studiare e mi sento raffreddato…’. Scatta in piedi mi trafigge con uno sguardo che parla da solo stringe i pugni. ‘Me ne frego. Io vado anche da solo!’.

 E’ lo stile del Fascismo, forse un po’ becero e strafottente, amante della sfida, BL 18 strade sterrate Case del Popolo devastate ‘bombe a mano e pugnal fra i denti’ il fez e la camicia nera gli stornelli arditi al vento il gagliardetto nella notte in salde mani. Mi scorrono veloci immagini avverto emozioni sopite raddrizzo il fisico esile. In culo tutte le pur affascinanti visioni offerte dal mondo della Tradizione o la profondità e la riflessione, pagata con il proprio sangue, dell’opera postuma, Genesi e struttura della società, di Gentile. Apro l’armadio infilo vecchi jeans indosso il giaccone.

‘Sono pronto. Andiamo!’

 Sulla porta mia madre scuote la testa tace…

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