[In foto: Arnold Böcklin, Ulisse e Calipso, olio e tempera su tavola, 1883]
L’ANCE grida al fermo di 27 infrastrutture sul territorio nazionale fornendone elenco con relativi investimenti per un ammontare complessivo di circa 25 miliardi di €, uno stand bye negativo su lavoro, ripresa economica, efficienza dei servizi. Non solo TAV si, TAV no o TAV ni all’italiana ma un pacchetto di opere pubbliche capaci di far ripartire il PIL nazionale, cenerentolo d’Europa per decimali di crescita al presente come nel prossimo futuro, stando agli sparvieri di Bruxelles. A leggere il quadro delle opere ai blocchi di partenza, tolti due ospedali, il Nuovo di La Spezia più il completamento del Morelli di Reggio Calabria e la riqualificazione ambientale del povero fiume Sarno, tutte le altre voci sono strade o autostrade, cioè rete di traffico gommato, infrastrutture orizzontali, le strisce d’asfalto sono priorità? Mah.
La casa di Adamo nel Paradiso terrestre era una capanna per due cuori in un giardino di delizie, fatto sta che nell’Europe garden (l’Italia) circa 1.700.000 nuclei familiari sognano un tetto sicuro, un alloggio di ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) che non c’è. Da uno studio commissionato da Federcasa al vorace squalo prodiano di Nomisma pare che occorrano circa 200.000 alloggi per soddisfare la domanda crescente delle “quattro mura”.
L’emergenza casa è al contrario desaparecida dall’agenda politico-programmatica del governo, le Regioni, al solito, acuiscono le differenze tra i cittadini, le pochissime virtuose fanno qualcosa, le altre piangono sui magri bilanci aspettando di mungere lo Stato. Di case se ne parla per gli sgomberi dagli occupanti abusivi restituendo gli stabili ai legittimi proprietari, in linea con la Costituzione ma anche con gli interessi delle banche che possiedono ben oltre sette milioni di immobili. Il problema abitativo c’è, resta appeso, il disagio sociale è autentico ben oltre lo “sfruttamento” ideologico dei microcomunisti nostalgici del costruttivismo sovietico.
Senza scomodare la vuota retorica illuminista della Dichiarazione sui diritti universali dell’uomo, la casa come diritto, la concretezza dei numeri dice che da un lato i proprietari di abitazioni nel Bel Paese sono il 72,3% della popolazione ( % più alta in Europa), ma è una fotografia truccata perché circa il 18% paga un salato mutuo alle banche con rata media mensile di 600 € (sic!), il resto è in affitto o da privati o da enti di diritto pubblico (ex IACP) con quote variabili di pigione che incidono tra il 20 e il 30% del reddito familiare cui addizionare condominio e Tari (una gallina dai rifiuti d’oro) oltre le bollette d’esercizio dove consumi 1 e paghi 3 per gli oneri di sistema! Che resta? Una sana minestra magari vegana e “straccetti” comprati dal cinese perché c’è anche la rata dell’auto da pagare con tutti i suoi balzelli.
Avere un tettuccio sopra la testa (immobile o mobile) non è un diritto ma un debito che t’accompagna come quell’ amico petulante che vuol mangiare a sbafo a casa tua tutti i giorni e per decenni, eppure veste bene, ha un colletto bianco con tanto d’ufficio, calcolatrice e segretaria.
Il Catasto certifica 31,5 milioni di immobili esistenti in Italia dei quali il 6% versano in stato di perfetta solitudine, siano essi pubblici o privati (solo Roma ha un milione di mq pubblici in abbandono). Sono potenzialmente circa due milioni di possibili alloggi, un patrimonio in degrado da recuperare per valore storico ed economico riallacciando il filo con proprietari smemorati ed imponendo a Comuni, Province (pardon Aree Metropolitane), Regioni, Ministeri, Enti utili ed inutili di alienare il patrimonio inutilizzato. La ragione principe è il “bene comune” evitando l’impoverimento del territorio naturale legato a nuove cementificazioni. Poi una cosa rarissima come la rosa nera: onestà ideologica, che i beni non vadano ai cari amici dell’associazionismo social-para cultural per non dire altro. Al momento comunque ai bisognosi d’ un tetto lo Stato canticchia il testo di Sergio Endrigo: “Era una casa tanto carina/ Senza soffitto senza cucina/Non si poteva entrarci dentro/perché non c’era il pavimento […], Ma era bella, bella davvero/In via dei matti numero zero”.