Nel caotico diluvio di informazioni che viviamo continuamente, fra esperti che spuntano come funghi nei talk show televisivi e notizie a caso diffuse sui social network, urge fare chiarezza. Non è un caso che la confusione dilaghi in questo momento storico: dove non c’è ordine, non c’è verità, non è possibile conseguire il bene. Viene da domandarsi se tutto questo sia casuale oppure programmato e messo in atto con una metodologia studiata.
Ci viene in aiuto lo studioso Noam Chomsky, famoso linguista, filosofo e teorico della comunicazione (padre fondatore della grammatica generativo trasformazionale), accademico d’eccellenza e uomo che è stato capace di profetizzare con impressionante anticipo quello che stiamo vivendo in questo periodo. Uno dei meriti di Chomsky è la sua presa di posizione politica di denuncia della strumentalizzazione della totalità dei mezzi d’informazione made in USA da parte di lobby economiche, e la politica imperialista e militarista delle amministrazioni americane.
Chomsky fu il primo a “scoprire” e rendere pubblica coi suoi scritti la cosiddetta strategia della tensione. Questo termine è giunto alle cronache durante il periodo delle grandi battaglie politiche della seconda metà del Novecento, per poi trovare una sua più corretta applicazione nell’ambito della comunicazione di massa, in riferimento agli attentati terroristici.
Il sunto fondamentale della strategia della tensione è il seguente: provocare il disordine sociale, l’instabilità, la minaccia e il terrore, così che dietro le quinte un manipolo di forze possa esercitare il controllo, al fine di conservare il proprio potere rispetto a qualsiasi forma di cambiamento. Il meccanismo attraverso cui si attua questo livellamento è costituito dalla fissazione delle priorità: un certo numero di mezzi di informazione determinano una sorta di struttura prioritaria delle notizie, alla quale i media minori devono più o meno adattarsi dovutamente alla scarsità delle risorse a disposizione. Le fonti primarie che fissano le priorità sono grandi società commerciali a loro volta spesso collegate a gruppi economici ancora più grandi. L’obbiettivo, dice Chomsky, è quello di creare una fabbrica del consenso, ossia un sistema di propaganda estremamente efficace per il controllo e la manipolazione dell’opinione pubblica.
Ora, pensate per un attimo a come la strategia della tensione sia applicata nel contesto attuale, e tirate le vostre conclusioni. Ecco di seguito 10 strategie che Chomsky ha rintracciato e codificato.
- 1- La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione, la quale consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, tramite un profluvio di distrazioni e informazioni insignificanti.
- 2 – Creare problemi e poi offrire le soluzioni
Questo metodo è anche chiamato problema – reazione – soluzione. Si crea un problema per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare.
- 3 – La strategia della gradualità
Per fare accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente per anni consecutivi. È così che condizioni socio-economiche radicalmente nuove furono imposte durante gli anni 80 e 90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
- 4 – La strategia del differimento
Un altro sistema per fare accettare una decisione impopolare è presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo la accettazione pubblica immediatamente, per una applicazione futura. È più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. In primo luogo perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi alla idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
- 5 – Rivolgersi al pubblico come a un bambino
Gran parte della persuasione diretta al grande pubblico adopera discorsi, argomenti, personaggi e intonazioni particolarmente infantili, come se lo spettatore sia una creatura di pochi anni o un deficiente mentale.
- 6 – Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione
Sfruttare la emozione è una tecnica classica per provocare il corto circuito della analisi razionale e del senso critico dello individuo. Inoltre l’uso del registro emotivo permette di aprire la porta di accesso allo inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure, compulsioni, o indurre comportamenti.
- 7 – Mantenere il pubblico nella ignoranza e nella mediocrità
Fare in modo che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori.
- 8 – Stimolare nel pubblico una compiacenza verso la mediocrità
Spingere il pubblico a ritenere alla moda essere stupidi, volgari e ignoranti.
- 9 – Rafforzare l’auto-colpevolizzazione
Far credere all’individuo che sia soltanto egli il colpevole delle proprie disgrazie, a causa di una insufficiente intelligenza, capacità o impegno. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, tra i cui effetti vi è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!
- 10 – Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano
Grazie a biologia, neurobiologia e psicologia applicata, il “sistema” gode di una conoscenza avanzata dello essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune meglio di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo sugli individui maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.