Nella vita di un qualsiasi militante politico, nell’accezione totalizzante delle generazioni ante “società liquida” vi sono delle storie, dei ricordi vissuti, ed altri fatti propri da racconti molto spesso ingigantiti, ammantati di retorica e speranza, che assumono i contorni della leggenda.
In Toscana, per noi giovani militanti delle sedi Missine dei primi anni ‘80, una di queste storie narra i fatti del 18 Gennaio 1981, fatti di cronaca locale, che approdarono direttamente nelle aule parlamentari. Mi riferisco a quella che la stampa dell’epoca, con la fantasia che da sempre identifica gli scribacchini di regime chiamerà la “Marcia su Pisa”. La marcia su Pisa rimane uno dei momenti più emblematici delle nostre forze armate del dopoguerra. L’evento all’epoca suscitò enorme clamore mediatico e ancora oggi, ovviamente con le opportune e contraddistinte considerazioni, viene rievocato dall’una e dall’altra parte. Con la fine del conflitto mondiale, e i progressivo rallentamento delle restrizioni imposte al nostro paese nelle condizioni di pace (che fra l’altro vietavano alle forze armate italiane di disporre di unità di paracadutisti), nella città Toscana aveva sede la (SMiPar), la Scuola Militare di Paracadutismo inquadrata nel Gruppo di Combattimento Folgore.
La storia del paracadutismo in Italia ha origine nel 1938, con la costituzione del Battaglione paracadutisti libici Fanti dell’Aria, nel 1939 a Tarquinia nasce la prima scuola italiana di paracadutismo, ma fu dopo i successi delle unità paracadutiste tedesche nella fase iniziale della II° Guerra Mondiale che lo Stato maggiore del Regio Esercito, autorizzò nel 1941 la formazione di una prima divisione paracadutista, la “Folgore“, seguita successivamente dalla 184ª Divisione paracadutisti “Nembo”. Nel 1952 dopo i divieti iniziali rinacque ufficialmente il “Battaglione paracadutisti”. Il primo comandante fu il generale Aldo Magri classe 1910, già capitano nella campagna di Russia. Il 10 giugno 1967 alla Brigata venne riconcesso il nome di “Folgore” , e nell’ottobre 1976 vennero consegnate ai battaglioni della Brigata le bandiere di guerra del 187º Reggimento Fanteria Paracadutisti della Divisione “Folgore”, del 186º Reggimento Fanteria Paracadutisti della Divisione “Folgore”, e la bandiera già del X Reggimento arditi attivata durante la seconda guerra mondiale, che raccoglieva l’eredità degli arditi della Grande Guerra.
Ma torniamo ai fatti del gennaio 1981, poco prima dell’epifania, con la maggior parte degli ufficiali, in licenza, si sparse la voce che due giovani allievi del 12-4-80 erano stati selvaggiamente picchiati, nei pressi di un malfamato bar di Pisa frequentato soprattutto da giovani di sinistra e tossicodipendenti. I vertici militari ricevettero l’ordine di tenere riservata la notizia, ma trapelò comunque la voce che ad uno dei due, ricoverato in ospedale si era resa necessaria l’amputazione dei testicoli, tumefatti dai calci. A seguito di tale evento, alcuni ufficiali di complemento, decisero di organizzare una “spedizione punitiva”, che nelle loro intenzioni doveva essere mirata ed eseguita da pochi elementi scelti tra i graduati istruttori. La voce però si sparse, e verso le 19, all’ora della libera uscita, al punto di raduno prestabilito nei pressi di “Porta a Lucca”, si ritrovarono tra i duecento e i quattrocento militari, ovviamente in borghese, ma tutti con i cinturoni sotto il giubbotto. Quest’ultima cifra è quella riportata dai giornali dell’epoca, poi citati nelle interrogazioni parlamentari che seguirono. L’unico Ufficiale (di complemento), presente all’appuntamento, realizzò immediatamente che visto il numero dei presenti, sarebbe stato impossibile mantenere la situazione sotto controllo. Si decise allora, accantonata l’idea di una spedizione punitiva, di fare una marcia simbolica attraverso il centro storico.
Il gruppo si inquadrò spontaneamente in ranghi ordinati ed iniziò la marcia in direzione della stazione ferroviaria. Una volta in marcia, i parà iniziarono a “cadenzare il passo” e ad intonare i canti della Brigata, fra cui: “Sui Monti e Sui Mar “,
brano adattato dall’omonimo canto scritto durante la R.S.I. e cantato sull’aria del “Panzerlied”, l’inno dei carristi della Wehrmacht, (e che con alcune frasi modificate sarà anche l’inno di Avanguardia Nazionale). Giunti nei pressi del ponte sull’Arno, un gruppo di giovani pisani, alcuni a bordo di ciclomotori, altri a piedi, iniziarono ad inveire verso il reparto dandogli dei “fascisti”, “bastardi” e tutto il corollario, mantenendosi, inizialmente, a debita distanza dalla formazione, finché un ragazzo su una Vespa, seguito da altri ciclomotori, caricò lo schieramento con il suo ciclomotore impennato. Le prime file dello schieramento si lanciarono verso i motociclisti facendoli cadere, Diversi motorini finirono nell’Arno. La fuga improvvisa degli altri ragazzi, scatenò una sorta di caccia all’uomo lungo i vicoli laterali della città, le prime file dell’inquadramento si ruppero istantaneamente, tutti a correre dietro a qualcuno che scappava, fu allora che, anche molti cittadini, estranei ai fatti iniziarono a scappare, a loro volta rincorsi dalle seconde, terze e quarte file di giovani paracadutisti. Il tutto durò una quindicina di minuti, decine di civili in fuga furono rincorsi, agguantati, stesi e menati, senza mai infierire, tant’è vero che a parte lo sfigato della Vespa nessuno di loro finì al pronto soccorso. La caccia proseguì senza troppi danni a parte le insegne divelte di una casa del popolo.
Finita le scaramucce, fu ritrovato l’inquadramento iniziale, solo che adesso la formazione aveva 5 macchine dei carabinieri dietro ed una decina di auto della PS davanti. Un ufficiale di Pubblica Sicurezza, affiancato da un ufficiale dei Carabinieri, con un megafono in mano intimarono di tornare in caserma, nessuno arretrò. Le auto di polizia furono costrette a precedere l’inquadramento in retromarcia, ed i due ufficiali continuavano ad ordinare il ritiro attraverso il Megafono, mentre continuavano ad arrivare agenti e Carabinieri di rinforzo. Ad un certo punto minacciarono una carica, per tutta risposta i militari impugnati i cinturoni simularono una controcarica, bastò solo la mossa per farli desistere tutti e a zittire i megafoni. Arrivati come preventivato in stazione Il tenente ordinò il dietro front e tornarono in caserma perfettamente inquadrati, aggiungendo alle canzoni il “Boia chi Molla”, che sovrastava il canto delle sirene della polizia, che si udivano ormai ovunque. Al rientro tutta la truppa fu immediatamente consegnata in caserma a tempo indeterminato. L’indomani si ebbero le ovvie reazioni, rimbalzate dalla stampa a livello nazionale e approdate in Parlamento, dove vennero presentate interrogazioni al Ministro della Difesa. La giunta comunale della città discusse una mozione per proporre il trasferimento della SMiPar in altra località, incontrando però il forte dissenso della cittadinanza soprattutto degli esercenti impauriti più che dalla “Goliardata” dalla possibilità di perdere l’indotto economico che tanti giovani davano alla città. Vennero fatte pressioni sui politici locali da parte delle associazioni di categoria, e la mozione fu ritirata.
Due giorni dopo l’episodio, i vertici militari inviarono alla SMiPar l’ Ispettore delle Armi di Fanteria e Cavalleria il generale di corpo d’armata Alvaro Rubeo. Le indagini della procura militare si conclusero con un non atto a procedere, mentre l’inchiesta interna portò all’adozione di una punizione di tre mesi per uno dei graduati istruttori di leva e la mancata accettazione della domanda di permanenza in servizio effettivo dell’unico ufficiale presente alla marcia.Rubeo fece una durissima reprimenda a tutti i reparti schierati. Alla fine del rimprovero, però, concluse che se avesse avuto vent’anni, alla marcia avrebbe partecipato anche lui. Segui il saluto rituale, “Folgore”, al che irritualmente l’alto ufficiale fu portato in trionfo sostenuto a braccia da tutti i giovani presenti. La Marcia su Pisa, non fu una marcia, “Fascista”, e nemmeno Militare, fu un moto di orgoglio, di appartenenza, di comunità. Nell’agosto del 2014 una trentina di paracadutisti della Forgore fuori dall’orario di servizio all’interno del piazzale della caserma “Bandini” di Siena hanno intonato goliardicamente l’inno “Se non ci conoscete“, facendosi riprendere da un telefonino, il video è finito su YouTube, lo Stato Maggiore dell’Esercito ha aperto un’inchiesta arrivata poi alla Procura Militare. La storia della Marcia su Pisa è una Storia di altri tempi, di un’altra Italia, una società non ancora svirilizzata, forse “Fisicamente” più violenta, ma ideologicamente più libera, ancora non contagiata dal “Politicamente corretto”, oggi l’apparenza è il fine ultimo, mentre l’appartenenza è di per se un reato. Le istituzioni militari di allora seppur già conniventi con le tante, troppe, guerre Americane, riconobbero in quei 200/400 soldati la giusta sfrontatezza della “Giovinezza” . Oggi gli eredi di quei ragazzi sono spediti sempre più spesso in scenari di guerra a difendere non i propri commilitoni, non il proprio paese, ma interessi economici delle multinazionali Europee e soprattutto Statunitensi.
…Vitam pro patria exponimus
E la divisa nostra
È insegna del valor
In aspri cimenti
Le forze noi tempriam
Fra i rischi mortali
La nostra via seguiam
In faccia al mondo vile
Splende la sfida del valor…
Immagine: https://www.congedatifolgore.com/it/