Testimonianza ed esempio

Testimonianza ed esempio

E’ nel romanzo di Ignazio Silone Vino e pane – credo. Letto ormai da decenni e perso in chissà fra quali altri libri, in qualche scaffale, forse troppo in alto – che si racconta come il profeta Elia, desideroso di morire, chiedesse a Dio un segno. Lo riporto con la memoria e certo con mie parole. Quella notte si levò un uragano che spazzò con la sua furia ogni luogo. Non era questa però la parola di Dio. Seguì un maremoto con le sue onde a devastare la costa. Anche questa non era la voce di Dio. E venne poi un terremoto ad aprire voragini abbattere montagne sgretolare la roccia. E pure anche questa non era la parola di Dio. Infine, nel silenzio della notte, soffiò un vento così lieve che non riusciva a piegare l’erba dei prati. Era questa la voce di Dio.

Quando Emanuele stava lavorando al libro sulla vicenda di Ermenegildo Rossi e si chiedeva e cercava di darsi una risposta alla definizione di chi possa definirsi ‘eroe’, mi sembra di avergli suggerito – e la citazione compiuta la si può leggere, appunto e riportata per esteso – un passo dell’Ecclesiaste, che m’è rimasto forte nella mente, dove si afferma essere l’uomo dominato dal tempo e dalle circostanze. Nessuno di noi sa come si comporterà in un determinato momento e in determinata occasione, ma sa qual è giusto e bello e vero (per dirla con Platone) del suo agire quando quel momento e quella occasione irrompono nella sua esistenza. Un sottile stelo d’erba, il gesto di Ermenegildo, gli ultimi che sanno essere i primi… Senza fanfare, rullo di tamburi, statue al centro di una piazza e, magari, nel caso specifico, sì una medaglia al Valor Civile, ma datagli quasi in modo furtivo e svogliato…

Emanuele Merlino, titolo Un eroe, Ermenegildo Rossi, quando il coraggio fece paura all’Italia, Eclettica edizioni. Capocabina sul volo Parigi-Roma, 24 aprile 2011, riesce a disarmare il dirottatore che, puntando un coltello alla gola della hostess, chiedeva che l’aereo atterrasse a Tripoli (siamo nei giorni della guerra contro la Libia). Leggere il libro per conoscere i particolari, la personalità del protagonista, il processo (farsa?) al dirottatore, l’iter e le modalità dell’assegnazione della Medaglia d’Oro al Merito Civile, un modo sciatto e quasi furtivo (espressione di un Paese ‘cialtrone’, il nostro, nelle sue istituzioni?).Raccolgo solo una immagine. Atterrato l’aereo a Fiumicino, scampati al pericolo, i passeggeri si affrettano all’uscita. Solo uno di loro, un giapponese, si volge verso Ermenegildo e s’inchina profondamente, ripetendo nel gesto quel rito tradizionale, riservato all’Imperatore. In quel momento la preoccupazione del Capocabina é alla cravatta troppo allentata ai pantaloni stropicciati alla giacca macchiata di sangue. E mi torna a mente quanto scriveva nel suo Diario un partigiano entrato a Torino nei giorni della ‘liberazione’. Ne ho scritto più volte e, cioè, di quel franco tiratore che, catturato, fiero si pone davanti al plotone d’esecuzione e s’aggiusta la giacca per ben morire – come gli riconosce l’estensore del Diario.

Ammoniva Codreanu, il Capitano, che si cercano (i giovani) testimonianze ed esempi da imitare in tempi di normalità, in tempi d’eccezione devono essere essi stessi (i giovani) testimonianza ed esempio. La vicenda di Ermenegildo Rossi – al di là di possibili altre interpretazioni – dimostra che vi sono testimonianze ed esempi che, in questo nostro paese, ‘politicamente (s)corretti’ e da nascondere sotto il tappeto della mediocrità e del colore grigio della vergogna…

 

Immagine: https://www.focusjunior.it/

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