Ugo Spirito e la critica della democrazia [9]
La teorica del suffragio universale giunge all’assurdo, per Ugo Spirito, di pensare che ogni elettore sia capace di compiere l’azione unificante che spetta alla politica. Se così non fosse, infatti, il suo voto sarebbe particolare e individuale e la sua scelta sarebbe fatta sulla base di interessi contingenti e immediati. È appena il caso di sottolineare come proprio la pretesa, evidentemente fallace, di credere ogni singolo elettore capace di operare sintesi – di interessi particolari e collettivi, di convenienze e necessità sociali – abbia determinato l’uso smodato della personalizzazione in politica e il rapido suo degenerare in basso teatrino; come la vellicazione del ventre elettorale – a destra come, soprattutto, a sinistra – abbia finito non solo per sdoganare l’ignoranza, quanto di elevarla a criterio di selezione del personale politico; e come, infine, abbia consentito di vincere elezioni politiche proponendo la ricetta dell’assistenzialismo e dei diritti di cittadinanza, ai quali poi non è corrisposto un effettivo dovere, quello del lavoro.
Queste anomalie, per il filosofo aretino, non sono dovute al malfunzionamento della politica e nello specifico della democrazia, ma costituiscono il riflesso della crisi del concetto stesso di politica e di democrazia che è entrato in collisione con le esigenze del mondo contemporaneo. La politica si è astratta dai reali interessi del popolo che dovrebbe rappresentare e quindi è degenerata e si è involuta come dimostrano, appunto, i processi corruttivi e il basso livello del personale politico. E viene spontaneo pensare a cosa potrebbe dire oggi, il filosofo, dinanzi ai processi corruttivi e alla degenerazione del personale politico ai quali, del resto, ci si è abbondantemente assuefatti. Ugo Spirito sembra suggerire che non si tratta di cercare con la lanterna di Diogene chi sia onesto e competente, come se poi questi non fossero prerequisiti e non titoli di merito; quanto piuttosto si tratta di restituire alla politica una sua dignità di opera volta al bene comune come unico modo per ottenere un personale politico capace di svolgere la sua funzione. Altrimenti ogni forza che si presenterà come “nuova” e “alternativa” finirà per essere funzionale al sistema che dichiara di voler scardinare e, alla lunga, diventerà il principale sostegno proprio di quel sistema.
La politica resta comunque necessaria perché l’attività umana non può prescindere dall’opera di sintesi, che non è affatto un problema fittizio. Ugo Spirito affida a una politica “scientifica” il compito di operare questa sintesi che, d’altronde, è già in atto. La nuova sintesi è la sintesi come risultato; è un processo di unificazione al quale contribuiscono tutte le scienze e tutte le competenze e nessuna in particolare. Un processo perciò anonimo e imprevedibile aprioristicamente che può essere solo atteso come risultato della collaborazione delle forze sociali.