Ugo Spirito e la critica della democrazia [6]

    

Ugo Spirito e la critica della democrazia [6]

Le conclusioni di Ugo Spirito sono drastiche: la vita politica non è più espressione di una volontà rappresentata dall’uomo in quanto uomo; non risulta più dal gioco elettorale e dal suffragio universale, ma è legata alla tecnica del piano elaborato al di fuori delle scelte immediate. «La democrazia è finita». Il filosofo aretino ha il merito di trarre le necessarie conseguenze da quella che riteneva la conclusione di un ciclo che culmina nella rivoluzione francese dell’89, quello dell’individualismo atomistico, della retorica dei valori umani – oggi dei diritti – che è tornata invece ad occupare le pagine e riempire i teleschermi dei giornali e delle televisioni mainstream. È questa, appunto, potremmo dire adattando le parole del filosofo ai nostri tempi, la contraddizione della contemporaneità: da un lato si esalta la globalizzazione e l’unificazione del mondo e dall’altro si rimane all’interno di una concezione individualistica che la prima mette inevitabilmente in crisi. Contraddizione probabilmente voluta, affinché questo combinato disposto sia funzionale all’omogeneizzazione delle culture e alla creazione del consumatore indifferenziato, adattabile ad ogni mercato.

Per tornare alla riflessione di Spirito, il filosofo ritiene che scienza e tecnica, conoscenza e azione, siano due verità inscindibili; fedele alla lezione del Maestro Giovanni Gentile, Spirito ritiene che una verità che non sia capace di tradursi in azione per ciò stesso non sia una verità. E l’azione della scienza è rivolta alla specializzazione: l’uomo contemporaneo, come uomo frazionario, ha una competenza specifica, una sua specializzazione appunto. Ora, la democrazia moderna si basa su una considerazione dell’uomo che aspira al tutto, all’intero, e difatti si basa sul presupposto che l’uomo conosca e sappia giudicare tutto; quando invece, proprio in quanto unità frazionaria, l’uomo conosce una parte ed è un controsenso pensare che la sua sovranità possa esercitarsi su tutto e non sull’ambito della propria competenza specifica. In un mondo dove tutto è scienza, l’uomo – e la politica – deve adattarsi alla logica della scienza e della tecnica. In questo senso, Spirito affermava che la scienza è l’unica vera metafisica perché instaura quel consenso che nessun’altra metafisica è stata mai in grado di assicurare. Illudendosi, però, che questo consenso fosse in grado di aprire le porte alla pace.

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