Ugo Spirito e la critica della democrazia [8]
A coordinare la programmazione economica e quindi, sostanzialmente l’indirizzo che la società deve assumere, per Ugo Spirito non può essere la filosofia, poiché è oramai esclusa la possibilità di conoscere il tutto. Restano la cultura e la politica. Pur senza confonderla con la competenza, la cultura è l’humus sul quale nasce la stessa scienza e le dà valore effettivo perché la umanizza e la colorisce delle proprie esigenze. Cultura è unificazione e quindi vita: il nostro modo di essere e di comportarci è certo determinato da figure educativamente competenti (genitori, insegnanti, ecc.), ma anche effetto di elementi che si fondono l’uno nell’altro e che ci rendono inconfondibili con altri individui. Ma perché ognuno di noi collabori alla costruzione sociale occorre passare dalla cultura alla competenza, cioè alla scienza.
L’uomo soltanto uomo, cioè individuo atomo sociale, scrive Spirito, è «un mezzo uomo» perché si chiude nei suoi interessi e si appaga solo di se stesso. La cultura non deve essere intesa, chiarisce il filosofo, come attività contemplativa che isola dal mondo circostante, quindi come mera erudizione; una cultura siffatta appartiene a un mondo in dissoluzione in quanto estranea a ogni competenza. Non è quindi questa cultura a offrire il punto di incontro dei vari specialismi, ma non lo è nemmeno la politica concepita come ambito autonomo perché, se essa è una scienza, cioè una competenza, ha, come tutte le altre scienze, un proprio specifico ambito di competenza.
Altrimenti, come pretesa totalizzante finisce per essere filosofia spicciola o religione come ideologia, identificandosi con le forme che pretendevano di attingere il tutto in quanto tale e che sono ormai superate dalla contemporanea centralità della scienza. Come filosofia, sia pure spicciola, e come ideologia religiosa, la politica è ancora generatrice di conflitti e non è capace di operare sintesi che riconducano a unità i molteplici aspetti dell’architettura sociale. Al più la politica può non sintetizzare, ma giustapporre, degenerando però in partitocrazia, trasformismo, consociativismo. Sia pure in un linguaggio alto, ma non astruso, il problema che Ugo Spirito mette in rilievo è quello di consentire alla società contemporanea caratterizzata da molteplici elementi e aspetti spesso, se non sempre, conflittuali, di trovare un punto di raccordo che consenta di mantenere la coesione e quindi permettere lo sviluppo.
Un problema che Spirito leggeva in controluce nel corso del suo tempo e che ci riguarda oggi in modo preponderante. Attraverso la riflessione di Ugo Spirito dobbiamo chiederci se è possibile ancora una dazione di forma a una società che si dice liquida.