Ugo Spirito e la critica della democrazia [7]

    

Ugo Spirito e la critica della democrazia [7]

Le ideologie, che per Spirito non sono altro che metafisiche tradizionali, sono destinate a perdere efficacia come i miti religiosi e il potere tende a passare agli esperti, ai tecnici, e a fondarsi sulla collaborazione. Si tratta di una previsione esatta, fatta nel 1963, che dà la misura della capacità previsionale del filosofo, che tuttavia non poteva immaginare che i “tecnici” avrebbero messo la loro competenza al servizio delle centrali di potere economico-finanziarie. E non poteva immaginarlo in virtù della sua formazione corporativa fascista, nella quale, al di là dell’efficacia della realizzazione, il modello tendeva a sostituire la rappresentanza numerica con le decisioni di una Camera corporativa autonoma nelle deliberazioni di competenza. Lo sviluppo del liberismo, che Spirito era convinto invece fosse destinato a scomparire, ha soffocato le competenze specifiche o meglio le ha indirizzate solo all’aspetto economico e, peggio, economicistico delle questioni. Non si discute più, ad esempio, quale sia il sistema d’istruzione più efficace, ma solo quale sia quello più economico e non a caso tutte le recenti riforme sono state volte non ad implementare il sistema scolastico, ma solo ad operare tagli che lo rendessero meno “costoso”. Il problema dei trasporti – terrestri o aerei – non è quello di farli funzionare per il meglio, in modo da assicurare agibilità di movimento a tutti i cittadini, ma quello di privatizzare, di economizzare, con il risultato che fiorenti aziende pubbliche sono tecnicamente fallite e che le municipalizzate agonizzano, rendendo il trasporto assai meno efficiente di decenni addietro. Il risultato è che i risparmi si sono rivelati, come era facile comprendere, risibili, mentre il sistema è stato reso sempre meno efficiente. In questo contesto, l’esperto, il tecnico, è solo l’economista, l’esperto di finanza, che stende la sua “competenza” su ogni aspetto della vita sociale. Ugo Spirito era al contrario convinto che il regime politico di una società informata alla scienza non potesse che essere quello comunistico. «Ma», dice il filosofo, «c’è comunismo e comunismo». Quello marxista è ancora dipendente da vecchie logiche ideologiche, laddove quello instaurato dalla scienza è un comunismo inteso come collaborazione e intrinseca dipendenza delle diverse componenti della società. Il problema che si pone è ora quello di chi svolga la funzione di raccordo delle diverse componenti, garantendo l’unità del piano; problema che si pone con particolare urgenza in una filosofia, come quella di Spirito, che considera esaurita la possibilità di conoscere il tutto per poter poi coordinare le parti.

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