L’orgoglio si è spinto al suo limite, la società odierna si è condannata alla cecità. Il razionalismo mal celato sotto slanci di sentimentalismo religioso di troppi “credenti”, lo scientismo, con la sua estensione più pervasiva – quella tecnologica – che ha illuso l’uomo di allungare le mani su ogni orma del sapere, hanno di fatto sbarrato le porte alla Verità, che di per sé, non essendo umana, supera di gran lunga ogni tentativo limitatamente razionale. L’uomo si è condannato da solo in una cella senza finestre, il suo sguardo si è fatto piccolo, come le pareti della sua gabbia. Ciò che lui vede è solo “figura”, “ombra” della Verità. Per avvicinarsi alla Verità occorre lasciare la terraferma e solcare le insidiose acque; abbandonare le asciutte certezze della scienza empirica e della solitaria ragione, per avventurarsi nell’umida incertezza del Mistero. Ma l’uomo mostra qui tutta la sua viltà e la sua paura, perché in fondo, è da essa che origina l’orgoglio: dalla paura di incontrare la Verità. La mentalità moderna è una perversione dell’intelletto, perciò non è semplicemente correggibile: essa va riformata in toto. Questo, però, non si rende possibile con strumenti umani, e così la Provvidenza viene in nostro soccorso anche con segni molto particolari.
«Solo gli umili di spirito vedono il Signore. L’umiltà è la luce nella quale noi vediamo Dio, che è la Luce. “Nella tua Luce vediamo la Luce”, dice il canto». Queste bellissime parole del monaco Silvano del Monte Athos ribaltano in un sol colpo la sventata arroganza di noi moderni. Per riconoscersi come cristiani, è necessario pensare da cristiani, è necessario vivere la Realtà come dei “piccoli Cristi in terra”. La Creazione è il primo libro, il Libro muto, in cui decifrare le impronte del Signore: tutta la Realtà è simbolo. Ma anche la Storia si fa tempo irradiato, dal di dentro, dal regno di Dio: bisogna perciò imparare a leggerne i Segni. Per onestà, dovremmo ammettere che noi non siamo più capaci di intendere né i simboli, né i segni, e non solamente perché non siamo stati iniziati a questo, ma perché nemmeno più vi crediamo. Tuttavia la realtà si impone davanti a noi con tutta la sua violenza ed è gioco inutile scansarla; qui si proverà ad insistere su tale aspetto, confidando di risvegliare qualche cuore e qualche mente non ancora troppo induriti.
Davanti a questa pandemia e alle restrizioni che i governi stanno imponendo ai loro popoli, frutto di una logica pervertita, ma ahimè tragicamente lucida, le molte voci di critica non hanno scalfito la corteccia del fenomeno. Pochissimi, invece, i tentativi di leggere in profondità il segno lanciato all’umanità, tentativi caduti purtroppo come i semi sull’arida strada della parabola evangelica; calpestati e divorati dagli uccelli del cielo. Le orecchie non erano pronte, men che meno quelle dei “credenti” a cui per primi esso era rivolto.
Per “vedere” il segno e provare ad intenderlo, bisogna infatti vestirsi di umiltà, affinché esso non venga distorto dalle nostre aspirazioni, speranze o dalle false immagini di Dio e del destino della Storia. Esso è come una porta da attraversare che chiama ad una nuova traiettoria. Rispettare il disegno della porta, il suo colore e il sentiero che si intravede oltre la soglia è imprescindibile. Vediamo allora subito che questo segno ci parla il linguaggio della medicina, e, in modo più allargato, della scienza. Dietro la medicina, però, opera un paradigma antropologico, così come dietro le scienze naturali opera un paradigma cosmologico, non importa se cosciente o meno. I paradigmi dominanti per tutta l’era moderna hanno evidenziato, per la prima volta universalmente, tutti i loro limiti e le loro superbe miserie. È giunto quindi il momento di abbandonare la stanza e oltrepassare la porta, abbracciando altri paradigmi che in fondo non sono che il recupero di una sapienza originaria, oggi confortata anche dalle ultime frontiere scientifiche. La “nuova” medicina e la “nuova” fisica ci parlano dell’uomo come di un “essere di luce”, così come la vera antropologia – quella teandrica – ci mostra l’uomo come un essere composto da tre livelli (corporeo, etereo e spirituale) che devono unirsi, «ut unum sint», affinché si realizzi compiutamente il disegno evolutivo offerto ad ognuno di noi. Dal cambio di paradigma medico, a quello antropo-cosmico; da un sapere e una scienza che si erano chiusi nel più ottuso materialismo ad una visione che abbraccia la realtà nella sua interezza, fatta di corpo, anima e spirito; una visione che si deve incarnare in una rinnovata azione: questa è la prima traccia che il segno manifesta.
Tale riduzionismo del sapere non poteva che accompagnarsi ad un materialismo del vivere che qui si palesa nudo nel panico della morte. Tutte le maschere di una religiosità a buon mercato, totalmente incapace di plasmare la realtà, sono cadute. Avevamo già da molto tempo smarrito la strada della Vita e ora infatti restiamo impietriti davanti alla possibilità del morire. L’uomo che ha preteso di raggiungere lo spirito, aggirando l’anima, è sprofondato nel pozzo del suo nulla interiore; lui che non era mai stato guidato ad intraprendere il santo viaggio, alla ricerca del Graal, che conduce alla divinizzazione; lui che ha orgogliosamente negato che la vera conversione è quella intellettuale, che il Cristianesimo è essenzialmente una misteriosofia: conoscenza suprema dei supremi misteri divini. Così, questo segno ci mostra ciò che eravamo in verità: omuncoli senza alcuno spessore, appiattiti sul razionalismo su cui spalmare bellamente qualche strato di eccitante sentimentalismo. Tutta la Vita è in realtà un prepararsi alla morte, una fiduciosa e “illuminata” operosità di chi sperimenta che già qui ed ora «passa la figura di questo mondo».
E quest’uomo, così piccolo e spaventato, è stato facilmente soggiogato dalle astute forze della Sovversione; si è lasciato privare dei più elementari diritti, per scongiurare la vittoria del “terribile morbo”, che in verità terribile non è affatto. Isolati, distanziati, nel costante sospetto l’uno dell’altro, gli uomini si vanno preparando alla “nuova normalità” che i circoli del potere promuovono e propagandano. Attenzione, però, a leggere tutto questo con superficialità. Il Male perverte il linguaggio della Verità per far accettare più facilmente le sue menzogne. Per intendere l’ultima sfumatura del segno, occorre allora rovesciare i termini. La spersonalizzazione dei rapporti sociali è caratteristica essenziale del nostro tempo: dal percorso formativo, al lavoro, alle regole economiche, fino alle istanze culturali, tutto comunica distanza, paura dell’intimità e quindi dell’interiorità. Ed è proprio a questa dimensione, perduta da molte generazioni, che il segno ci invita con urgenza a tornare. Qualunque sapere che escluda la conoscenza del proprio Sé, è vano: e tutto il sapere moderno è vanità. Qualunque insegnamento che non sia ammaestramento non porta frutto. Intendo quell’intimo ammaestrare da bocca ad orecchio, da fiamma a fiamma, che scuote l’animo e apre le porte di una vita totalmente rinnovata. Occorrono Maestri, ma ancor prima, occorrono anime desiderose di cercarli e di sottomettersi ad essi. E qualora non li si trovasse nel visibile, se ne potrà incontrare qualcuno nell’invisibile.
Tutto in questo segno è anticipazione della fine, è premuroso avvertimento escatologico. Nulla sarà come prima, perché il presente Ciclo umano-terrestre sta per consumare i suoi ultimi anni. Ma prima che si compia il “terribile passaggio”, una “nuova pentecoste” deve bagnare questa umanità, un risveglio interiore deve fiorire su questa terra desolata e arida. Per rispondere alla chiamata è però necessario sostare con umiltà davanti al segno, e accettarlo così come esso ha voluto presentarsi a noi. Chi lo ha inviato ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi: Egli sa di cosa abbiamo bisogno, sa per quale porta dobbiamo passare. Il tempo corre veloce, forse questa sarà l’ultima occasione concessaci. Non rifiutiamola per non scontentare il nostro orgoglio. Non cerchiamo di forzare altre porte che ci costano meno dolore. La notte si avvicina, questa sia allora la luce che ci guidi ad una vita trasformata e trasformante, verso la nuova aurora.