Chi ci segue su questa rubrica de Il Pensiero Forte sa che parliamo della necessità di una rivoluzione culturale.
Perché diciamo questo? Quali sono i motivi profondi per cui proponiamo un rivoltamento generale o, se preferite, una rivoluzione dei cardini formativi della società attuale?
Semplice, ci stiamo permeando di tutte le cretinate della subcultura americana che sta entrando nel midollo delle persone attraverso il condizionamento del nuovo potere informatico, che, anche se sembra abbia creato dei nuovi margini di libertà, con il controllo assoluto ed unidirezionale della circolazione delle informazioni, ci sta riducendo ad automi consumatori compulsivi convinti delle più devianti ed innaturali concezioni.
Gli ultimi esempi sono veramente raccapriccianti: basti pensare che nel parlamento italiano sta passando l’obbligatorietà di insegnamento dell’educazione “gender”, neologismo che non significa assolutamente nulla, ma che serve solo a rendere complessa e, quindi, ancor meno conoscibile la semplicità della natura. Da sempre la natura ci ha insegnato che esiste il maschio e la femmina o, se preferite, per non offendere nessuno, la femmina e il maschio. Da qui, dedurre, dalle pulsioni sessuali dei singoli, o dalle proprie devianze individuali, l’esistenza di altri generi e renderne addirittura obbligatorio lo studio, è veramente demenziale.
Come in tutti i momenti storici di decadenza si sta passando a un’autentica crisi iconoclastica con la distruzione sistematica di tutti i simboli della storia e della cultura passata, come se l’essere umano non fosse figlio di millenni di storia e di cultura, con le sue luci e le sue ombre. D’altra parte viviamo in tempi in cui ci si è convinti che la storia la scrive solo chi ha vinto, soprattutto con l’abominio di sottoporre a processo lo sconfitto presentando come azioni nobili gli orrendi crimini di chi ha vinto.
Questa si chiama barbarie. Una barbarie che viene dai dominatori d’oltre oceano e che l’Europa, patria dei Cavalieri e scuola d’Onore per molti secoli, non può accettare o avallare, come ha fatto, da schiava, in questi decenni. La civiltà è un’altra cosa.
La civiltà non è il progresso tecnologico, non è l’indice dei consumi, non è la quantità di chiacchiere senza senso o di proposizioni sconclusionate, il benessere non è dato dai soldi a disposizione o dai beni effimeri che si consumano; il PIL non è il misuratore del benessere anzi è il misuratore della corruzione e di quanto siamo disposti a sacrificare delle migliori cose della vita per un presunto benessere materiale. La civiltà è prima di tutto accrescimento culturale di una comunità resa libera dai condizionamenti del mercato. Il benessere è prima di tutto interiore e, passatemi la parola ormai desueta, spirituale.
Certo, la crisi endemica di contenuti e valori spirituali della maggior parte del clero cattolico, ci allontana dalle vie più semplici della fede.
Ma noi Italiani con la nostra storia, la nostra cultura millenaria possiamo e dobbiamo dare vita ad un nuovo Rinascimento che sappia utilizzare la tecnica e gli strumenti della modernità per riappropriarci della coscienza critica e della capacità creativa che ci ha fatti grandi e, purtroppo, invidiati, nel mondo.
Un nuovo Rinascimento che riscopra il gusto estetico, il gusto per il bello, che sappia apprezzare il senso dell’etica, riproponendo un nuovo e più profondo senso morale della vita, che sia capace di sostituire a ciò che appare, il più delle volte deludente ed effimero, ciò che è, unico autentico misuratore del valore delle persone.
Insomma si tratta di ridare spessore autentico alle persone e il giusto valore alle cose reintroducendo il principio del merito e della competenza per ricreare una società del benessere superiore che si moltiplica in una società ordinata in modo organico.
In questo clima di ritrovato benessere comunitario sarà possibile realizzare una nuova sintesi politica tra i valori fondanti dell’essere umano e i cardini sostanziali della giustizia sociale.