“Cogito ergo sum cogitans”, penso dunque sono un essere pensate, verità evidente per Cartesio, non lo sono matematica, dialettica, storia, né l’esperir dei sensi, in essi germogliano dubbi ed opinioni. L’homo sapiens è problematico, progettuale, dissoda, ara, semina in terre di frontiera ricercando nuovi raccolti. “La gente pensa il presente unicamente in funzione del futuro, ha buone gambe e una tremenda voglia di camminare”, riflessione ad hoc di Berto Ricci su quei giovani eretici, ribelli, al tempo dell’agognata rivoluzione. Potremmo domandarci “che ne sarà dell’uomo senza il pensiero?” il Nulla, l’afasia assoluta, eutanasia della specie, ciò che già presentiamo essere il traguardo di questa corsa pazza vieppiù accelerata in direzione di cosa? Forse a strappar via il pomo dell’albero negato in Eden, quello della vita.
Noi qui amiamo il passo lento, anche per età, quello di ponderata saggezza, ci spinge a esplorare sentieri ripudiati, viottoli incolti, pievi solitarie, di cui farci gelosi custodi, tenendo la mente chiara sul fine della faticosa ascesa, traversando boschi, pietraie, deserti di fantasmi, andando dritti oltre, fin lassù ove, lo sappiamo, ci accoglie una radura erbosa, verità frusciante al vento giovane d’ una vita nova senza più inseguire i simulacri del presente.
Praefatio dedicata a chi cocciuto cerca la verità senza chiocciola, facendosi Eracle contro le serpi dell’Idra, quelle mille e più opinioni sui fatti interpretati secondo ragione, costume, convenienza, moda intellettuale, studiate componenti di un prêt-à-porter del pensiero omologato, cangiante di stagione, veicolato dal monocolo delle connessioni web, aspidi sinuosi, espugnano il cervello col cavallo elettronico rosicchiando quel cogito ergo sum fino all’ego similis omnes (la penso come tutti). Ci siamo al sicuro nel gruppo del progresso, cogliendo al volo una borraccia di pensiero in corsa, di idee a leasing, à la page, vendute dal quarto potere per farti dire tronfio: “mi son fatto un’opinione e c’ho (o meglio c’hanno) ragione!”
Veniamo così a noi, al crack agostano del Governo, noi potremmo voltarci un momento, distratti nel cammino, fare spallucce, rigirarci e proseguire, perché è una pièce già vista decine di volte, un remake noioso, scarsa la sceneggiatura di una commedia scollacciata vacanziera. Cambiano, per vetustà, i burattini del teatrino ma in fondo sono solo forme incarnate dentro abiti lisi.
Il gallo ha cantato ricordando al “barbaro” Matteo d’aver rinnegato la sua guida, d’aver tradito un “contratto” sottoscritto davanti a un elegante, forbito, ma ai più ignoto, professore di diritto, assunto a ruolo di notaio del Paese per volontà, condivisa, del grillo parlante.
L’evidenza, cartesiana, ha registrato che quel contratto s’ trasformato in un tiro alla fune tra gli inquilini del Palazzo, se qualcosina è stata fatta l’un l’altro l’hanno ingoiata per strategia ma con tanto di versacci. Al Capitano, nel tira, tira, è rimasta in mano la testa della corda recisa in nome dell’onore della stella celtica, i grilli collodiani han giubilato gridando al tradimento, in vero tirando sospiri di sollievo e afferrato in fretta il capo della corda l’han tirato ai trinariciuti rossi sbraitanti nell’armadio, cadendo invece nella tela tessuta dal ragno che spegnerà paziente il frinire del compagno.
Certo è evidente che se il movimento cri-cri crolla nei sondaggi ma soprattutto nelle tornate elettorali, se il partito comunista (quello è e rimane) ha appena finito di prendere sberle nelle votazioni, non conviene andare ad elezioni anticipate, il rischio alto è l’afasia del pensiero unico progressista, il Nulla della sinistra, la vittoria dei sovranisti-pop euroscocciati.
Che fare? Oplà si cambia maggioranza, da gialloverde diventa giallorossa (povera Roma), la Costituzione dei padri lo permette anzi l’è un dovere, assai amabile nel ns caso per l’inquilino del Colle verificare il puzzle per un Governo inciuciato, chi se ne frega s’è contrario al volere popolare, alle elezioni votiamo partiti e candidati non l’Esecutivo, prerogativa del Capo di Stato, parafrasando una battuta di Sordi nel Marchese del Grillo (!):” Noi siamo noi e voi non siete un ca…”. Anche questo è talmente evidente che il partito di maggioranza relativa è quello del non voto stante la sua oggettiva inutilità.
Com’ è altrettanto evidente che il prof. Conte, uno e bis, nessuno l’ha votato, non occupa lo scranno in Parlamento per suffragio, è il copia e incolla di Monti (promosso senatore a vita), di Matteo Renzi (eletto solo lo scorso anno in Senato), e dei “tecnici” virtuosi super partes buttati sulla scena ma pur sempre mammolette in amorosi sensi coi loro registi.
Lo spazio non ci permette d’ evidenziare altre mistificazioni cialtronesche, la piattaforma Rousseau usata solo dopo il ribaltone, o quei corvacci odiati da Van Gogh, che gracchiano sul Paese il mantra dell’UE (U di Ursula) di stendere con un uppercut fiscale il Bel Paese in nome del mefitico differenziale Deficit/PIL. La Storia politica della sinistra si sintetizza in tasse, decostruzione della tradizione (i sentieri abbandonati), demagogia antifascista (ora antisovranista) e corsa folle del pensiero unico di massa verso… il Nulla, un finale che ci ricorda Bakunin.
La verit@’ di sistema scorre coi TG precotti, i rosari delle buone intenzioni, le opinioni salottiere di eunuchi iscabadi (senza cervello), api operaie a gettone intente a plasmare il bolo da far inghiottire al popolo, furbi poi a condirlo con un pizzico di pepe del dissenso, la si deve pur vendere ai più la melassa dell’italica democrazia.
Le sirene sorrentine o di Cariddi cantavano in coro melodie bellissime, suadenti, ma Odisseo coi camerati d’avventura avea le orecchie turate dalla cera, non cadranno nel tranello dello zucchero filato, proseguendo il loro viaggio, dritti alla verità di Itaca, l’isola che c’è coi suoi valori forti non il miraggio cantato da Bennato.
La verità, quella senza chiocciolina, è che una piccola, mai doma comunità pensa libera, dunque E’. Questo è il premio alla salita e momento della sua epifania, non dalle tastiere, ma tuffandosi nel mare delle piazze, nei fiumi delle strade, mettendoci la faccia com’è nostro stile, perché rebello ergo sum. Chissà che il treno della reazione non finisca presto sopra un binario morto.